Appalti pubblici: breve viaggio alla scoperta del Codice Europeo

L’attuale Codice dei Contratti Pubblici, mai attuato in alcune sue parti importanti, può essere considerato la causa del blocco di tutte le opere italiane?

di Giulio Delfino - 26/02/2021

Ultimamente da sempre più voci si sente richiedere l’applicazione diretta del c.d. “Codice europeo” o, in alternativa, la modifica dell’attuale D.Lgs. n. 50/2016 in modo da recepire i soli contenuti minimi delle Direttive comunitarie del 2014.

Il Codice dei contratti è la causa del blocco delle opere italiane?

Ciò in quanto l’attuale Codice dei Contratti Pubblici, peraltro mai attuato in alcune sue parti importanti, appare come la causa del blocco di tutte le opere italiane e ciò nonostante esse siano ferme da decenni mentre il Codice sia entrato in vigore poco più di 4 anni fa.

Peraltro, nel caso qualcuno non se ne fosse accorto, da più di sei mesi è entrato in vigore il c.d. Decreto Semplificazioni che, di fatto, per le opere ha già superato il Codice introducendo deroghe totali col solo rispetto proprio delle Direttive comunitarie: nonostante ciò nessuna opera pare sia stata sbloccata, segno evidente (se ve ne fosse stato bisogno) che non sono certo le norme a bloccare gli appalti.

Il Codice europeo

Ma diamo qualche sguardo al reale contenuto del “Codice europeo”, ovvero principalmente la Direttiva 2014/24/UE.

La prima analisi che voglio fare riguarda le finalità della Direttiva e, più in generale, dell’intera normativa europea in materia di appalti pubblici.

Al primo considerando la Direttiva 24 ci elenca alcuni principi che devono valere per tutti gli affidamenti pubblici, sia sopra che sotto soglia comunitaria, ossia:

  • la parità di trattamento;
  • la non discriminazione;
  • la trasparenza.

Si tratta pertanto di tre principi cardine del diritto comunitario che debbono essere rispettati da ogni Stato membro nell’affidamento di appalti pubblici.

Altro importante principio che la Direttiva cita nel primo considerando è quello della CONCORRENZA, finalità a cui è ispirato invero l’intero intervento legislativo comunitario.

Questo principio deve essere il cardine per tutte le legislazioni degli Stati membri in materia di appalti pubblici.

Altra importante finalità è poi indicata al secondo considerando della Direttiva, ed è quella di facilitare la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici.

Premessi i principi fondamentali previsti dalla Direttiva 24/2014 che tutti gli Stati membri sono obbligati a rispettare nell’adottare norme in materia di appalti pubblici, vediamo come il “Codice europeo” affronta alcuni aspetti di particolare rilevanza ed attualità in materia di affidamenti pubblici.

Le procedure ordinarie

Ai sensi dell’articolo 20 e successivi della Direttiva 24 le procedure ordinarie di aggiudicazione di un appalto sono le procedure aperte o ristrette: quindi la regola generale è la massima apertura al mercato concorrenziale.

Infatti anche nel caso di procedura ristretta è necessaria la pubblicazione di un bando e la ricezione di tutte le manifestazioni di interesse, potendo (non dovendo) poi ridurre gli operatori da invitare fino a un minimo di 5.

Impostazione opposta alle procedure negoziate senza pubblicazione del bando contenute nel Decreto Semplificazioni.

Le procedure negoziate senza pubblicazione del bando

Al considerato n. 50 la Direttiva testualmente recita: “Tenuto conto degli effetti pregiudizievoli sulla concorrenza, le procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando di gara dovrebbero essere utilizzate soltanto in circostanze del tutto eccezionali. L’eccezionalità dovrebbe essere circoscritta ai casi nei quali la pubblicazione non sia possibile per cause di estrema urgenza dovute a eventi imprevedibili e non imputabili all’amministrazione aggiudicatrice”.

In sostanza il concetto è che l’obiettivo delle normative di settore degli Stati membri deve essere quello di garantire la concorrenza, interna ed esterna, nell’ambito degli affidamenti di contratti pubblici. La deroga a questo principio è consentita solo in casi eccezionali e non dipendenti da cause derivanti dalla Pubblica Amministrazione.

I casi tassativi in cui è consentito l’uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando sono disciplinati all’articolo 32 della Direttiva, ovvero:

  • qualora non sia stata presentata alcuna offerta o alcuna offerta appropriata, né alcuna domanda di partecipazione o alcuna domanda di partecipazione appropriata, in esito all’esperimento di una procedura aperta o ristretta;
  • quando i lavori, le forniture o i servizi possono essere forniti unicamente da un determinato operatore economico per una delle seguenti ragioni: lo scopo dell’appalto consiste nella creazione o nell’acquisizione di un’opera d’arte o rappresentazione artistica unica; la concorrenza è assente per motivi tecnici; tutela di diritti esclusivi, inclusi i diritti di proprietà intellettuale.
  • nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili dall’amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati. Le circostanze invocate per giustificare l’estrema urgenza non sono in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici.

Peraltro sono esattamente gli stessi casi in cui è già consentito l’uso della procedura negoziata senza pubblicazione del bando dall’attuale articolo 63 del D.Lgs. n. 50/2016 che infatti ha ricalcato la Direttiva. L’unica differenza sta nel fatto che il nostro Codice prevede comunque di consultare almeno 5 operatori mentre la Direttiva non prevede numeri minimi di operatori economici da invitare.

Il modello Genova

Ed è sulla scorta di tale previsione europea che si è basato il c.d. “Modello Genova” relativo alla ricostruzione del ponte: ma si era in presenza di ragioni di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili per cause non imputabili all’amministrazione aggiudicatrice. Non solo, si è dovuta richiedere una specifica autorizzazione europea ad hoc per l’impiego di tale strumento che ha inevitabilmente limitato la concorrenza per la ricostruzione dell’opera.

È fuori strada chi pensa che applicando direttamente le Direttive comunitarie si possa invertire l’ordine logico delle cose, ossia trasformare le procedure ordinarie in quelle negoziate senza bando e le procedure eccezionali in quelle aperte.

I criteri di aggiudicazione

In merito ai criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici, il considerando 90 della Direttiva 24 recita: “Al fine di incoraggiare maggiormente l’orientamento alla qualità degli appalti pubblici, dovrebbe essere consentito agli Stati membri di proibire o limitare il ricorso al solo criterio del prezzo o del costo per valutare l’offerta economicamente più vantaggiosa qualora lo ritengano appropriato”.

Infatti, nel passaggio tra le precedenti Direttive del 2004 e quelle del 2014, in tema di criteri di aggiudicazione l’UE ha fatto un importante e deciso passo in avanti verso l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa intesa come miglior rapporto qualità/prezzo. Ora tale criterio è previsto come quello ordinario e prevalente, mentre 10 anni prima era equiparato a quello del minor prezzo.

A conferma di ciò l’articolo 67 della Direttiva prevede che “fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di taluni servizi, le amministrazioni aggiudicatrici procedono all’aggiudicazione degli appalti sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa”.

Pertanto applicando il c.d. “Codice europeo”, non vi sono dubbi sul fatto che il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa debba essere il criterio ordinario e principale, mentre il minor prezzo solo quello residuale.

Ulteriori aspetti

Merita attenzione anche il tema del subappalto, che nel testo della Direttiva 24 non trova dei limiti quantitativi potendo pertanto arrivare fino anche al 100% in caso di integrale applicazione del c.d. “Codice europeo”.

Altro aspetto da considerare è che nel c.d. “Codice europeo” non esiste il concetto di affidamento diretto, oggi molto inflazionato in Italia, non essendo tra gli strumenti previsti dalla Direttiva per l’affidamento di contratti pubblici. Pertanto un integrale applicazione della Direttiva ne precluderebbe l’impiego.

Una considerazione finale merita poi la circostanza che chi abbia letto per intero sia il D.Lgs. 50/2016 (attuale Codice dei Contratti Pubblici) che la Direttiva 2014/24/UE (c.d. Codice europeo) ha sicuramento rilevato che i loro contenuti sono identici per almeno l’80%: il legislatore italiano, nella stragrande maggioranza dei casi, si è limitato a copiare ed incollare il testo comunitario, come facilmente ravvisabile confrontando le normative.

Alcune norme sono state aggiunte nel nostro Codice in quanto di necessaria attuazione perché non puntualmente disciplinate dalla Direttiva, mentre altre, una minoranza, costituiscono il c.d. Gold Plating ovvero l’aggiunta di prescrizioni normative ulteriori rispetto alle minime previste dalla Direttiva.

Pertanto ritengo lontana dalla realtà la convinzione che applicare il c.d. “Codice europeo” al posto del Codice dei Contratti Pubblici possa cambiare radicalmente l’approccio agli affidamenti pubblici e addirittura di per sé risolvere l’antichissimo problema del blocco delle opere pubbliche, sempre a voler credere che la reale causa sia da ricercare nelle norme.

A cura di Dott. Giulio Delfino

© Riproduzione riservata