COSTI DELLA MANODOPERA IN FATTURA

Con il decreto Decreto-legge n. 223/2006, convertito nella legge n. 248/2006, insieme ai mutamenti dell’imposizione fiscale, nascono a carico delle imprese ...

08/09/2006
Con il decreto Decreto-legge n. 223/2006, convertito nella legge n. 248/2006, insieme ai mutamenti dell’imposizione fiscale, nascono a carico delle imprese edili, nuovi adempimenti che comportano, inevitabilmente, nuovi costi, spesso difficili da sopportare.
Ci riferiamo al problema legato all’articolo 35, comma 19, del citato decreto-legge n. 223/2006, a causa del quale dal 4 luglio scorso, coloro che realizzano interventi di recupero per i quali il committente intende usufruire della detrazione Irpef, devono indicare in fattura il costo della manodopera utilizzata.

Sull’argomento è intervenuta anche l’Associazione Nazionale Costruttori edili (ANCE) con due circolari, la prima (n. 71 del 4 agosto 2006, dedicata essenzialmente agli adempimenti contributivi e di sicurezza sul lavoro e la seconda, (n. 72 del 25 agosto 2006) volta soprattutto agli aspetti fiscali.
Dal 4 luglio per usufruire della detrazione del 41% che dall’1 Ottobre scenderà al 36% sulle opere eseguite su fabbricati abitativi, occorre che in fattura sia riportato il costo della mano d’opera. La disposizione che si applica quando coinvolte nei lavori sono imprese edili con dipendenti (e non, evidentemente, agli artigiani che lavorano in proprio), innescherà, probabilmente, numerosi problemi pratici.

La norma relativa all’esposizione del costo della manodopera in fattura si interseca con quella relativa al subappalto su cui interviene l’articolo 35 ,commi dal 5 al 6-ter e commi dal 28 al 34 che interviene sul problema dell’IVA e su quello della responsabilità in solido tra appaltatore e subappaltatore precisando che sullo stesso argomento è intervenuta anche l’Agenzia delle Entrate è intervenuta nella circolare n. 28 del 4 agosto scorso.
La norma impone alle imprese appaltatrici di fatturare con Iva anche i lavori eseguiti dalle subappaltatrici (le quali fattureranno senza) con il legittimo dubbio se il costo della manodopera da evidenziare in fattura è solo quello di chi ha l’appalto oppure anche quello del subappaltatore. Va poi segnalato che quasi sempre le imprese lavorano su diversi cantieri in contemporanea, con spostamenti della manodopera da un cantiere ad un altro e con le immaginabili difficoltà di contabilizzazione del costo della manodopera giorno per giorno e per ogni cantiere. «Ma il paradosso - dice Giancarlo Pavan, vicepresidente dell’Ance e responsabile per i problemi fiscali - è il fatto che si tratta di una norma inutile, che comporta solo costi e adempimenti per le imprese, senza avere per questo reale efficacia. E’ infatti ben poco probabile che si possano incrociare i controlli fiscali sulle singole fatture con quelli del ministero del Lavoro sulla manodopera in nero».

Per quanto concerne il versamento dell’IVA, il comma 6 dell’articolo 35, prevede che l'efficacia della disposizione è subordinata all'autorizzazione in deroga alla sesta direttiva comunitaria (direttiva 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977) da parte degli organismi comunitari preposti; essa si applicherà, quindi, alle prestazioni effettuate successivamente alla data di autorizzazione.
Il comma 6-bis, inserito in sede di conversione in legge del decreto, estende la facoltà di richiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione annuale IVA, prevista dall’articolo 30, terzo comma, lettera a), del DPR n. 633 del 1972, anche alle ipotesi in cui, nel settore edile, siano rese le prestazioni di servizi disciplinate dal citato sesto comma dell’articolo 17 del medesimo decreto.
Il successivo comma 6-ter, anch’esso inserito in sede di conversione, consente esplicitamente al subappaltatore che rientra nell’ambito applicativo del sesto comma dell’articolo 17 del DPR n. 633 del 1972 di effettuare la compensazione infrannuale ai sensi dell’articolo 8, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1999, n. 542. Ciò in quanto il subappaltatore, non potendo fatturare con IVA le prestazioni rese all’appaltatore, avrà normalmente una posizione IVA a credito.
La norma, inoltre, eleva il limite di 516.456,90 euro, di cui all’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ad un milione di euro a favore dei subappaltatori il cui volume d’affari registrato nell’anno precedente riguardi per almeno l’80 per cento prestazioni rese “in esecuzione di contratti di subappalto”.
Anche le disposizioni di cui ai commi 6-bis e 6-ter si applicheranno successivamente all’autorizzazione dell’Unione europea prevista dal predetto comma 6 dell’articolo 35.

A tal proposito afferma Pavan “Niente da obiettare se fossimo in un Paese in cui il rimborso Iva è una certezza, e non un’attesa infinita. Inoltre ci si deve spiegare come sia possibile stabilire che una ditta si dedichi soprattutto al subbappalto: con che criteri è possibile, infatti, determinarlo?”.
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