Codice dei contratti: Stato dei luoghi difforme rispetto al progetto esecutivo

Il Consiglio di Stato interviene sull'importante problema di uno stato dei luoghi difforme rispetto al progetto esecutivo

10/01/2020

Il Consiglio di Stato con la sentenza 23 dicembre 2019, n. 8731 interviene sull’importante problema di uno stato dei luoghi difforme rispetto al progetto esecutivo a seguito dell’evidenziazione da parte dell’aggiudicatario di una gara dell’impossibilità di eseguire i lavori di consolidamento di un ponte indicati nel progetto esecutivo e, quindi, del rifiuto di stipulare il contratto di appalto perché, eseguendo il progetto così come messo in gara, il ponte sarebbe crollato.

A seguito del rifiuto, la stazione appaltante disponeva la revoca dell’aggiudicazione ma l’Impresa che si era aggiudicato i lavori e che si era rifiutato di sottoscrivere il contratto  proponeva ricorso al Tribunale amministrativo dell’Emilia Romagna, che lo respingeva.

L’Impresa proponeva, quindi, un ricorso al Consiglio di Stato articolando le proprie ragioni e, dopo aver  evidenziato come il provvedimento di revoca era stato adottato in assenza dei necessari presupposti e (anche, per l’effetto) non supportato da adeguata motivazione, aggiungeva che  “Anche la legge di gara e la aggiudicazione disposta in favore della ricorrente impresa meritano di essere annullate, in quanto ugualmente basate su elaborati di progetto erronei, perché non rappresentanti la lesione strutturale effettivamente insistente sul manufatto oggetto di intervento.”

Si legge nella sentenza del Consiglio di Stato che “Argomento centrale a sostegno delle doglianze formulate dall’appellante è la presunta strutturale difformità tra quanto riportato nel progetto esecutivo dell’opera - predisposto dall’amministrazione e posto a fondamento sia della lettera di invito che della corrispondente offerta dell’Impresa (nonché, ovviamente, della conclusiva aggiudicazione) - ed il reale stato dei luoghi”.
Difformità che l’aggiudicataria aveva riscontrato in occasione della consegna (anticipata) dei lavori, verificando che lo stato del manufatto interessato dall’intervento non corrispondeva a quello riportato a livello progettuale. Lìimpresa aveva indicato quanto sopra alla stazione appaltante, rappresentando altresì come, in ragione di tale ben significativo difetto, non risultassero eseguibili i lavori secondo le indicazioni progettuali riportate. Correttamente dunque l’Impresa si sarebbe rifiutata di eseguire i lavori così come indicati nell’offerta, proprio in virtù del fatto che lo “stato” di fatto alla base di quest’ultima in realtà non sussisteva.

I Giudici di Palazzo Spada hanno dato ragione all’impresa accogliendo l’appello perché l’Amministrazione comunale non ha in realtà contestato la denunziata difformità dello stato di fatto rispetto alle indicazioni contenute nel progetto esecutivo, ribadendo anzi “la fattibilità del progetto approvato” ma aggiungendo, così smentendosi, che gravi perturbazioni avrebbero generato una modifica dello stato dei luoghi.

In ogni caso, l’amministrazione si limitava a precisare che il progetto esecutivo era stato valutato, sia dal punto di vista della fattibilità che della congruità economica, in sede di offerta economica e pertanto non si capisce quale sia l’intenzione dell’Impresa.

Il Consiglio di Stato, nella sentenza, precisa che “Deve però concludersi che, se anche gli operatori economici avevano a rigore la possibilità (del tutto facoltativa) di verificare a loro volta lo stato dei luoghi prima della presentazione delle offerte, ciò non avrebbe comunque giustificato l’utilizzo di dati scorretti da parte della stazione appaltante, nella predisposizione degli atti di gara. Nel caso di specie, come si è detto, il “progetto approvato” e lo “stato attuale” della situazione ove i lavori dovevano intervenire non corrispondevano affatto”.
I Giudici di Palazzo Spada hanno, anche, rilevato come, a seguito della revoca dell’aggiudicazione, il Comune svolgeva una nuova procedura negoziata sulla base del medesimo progetto esecutivo posto a base della precedente gara ma la realizzazione dei lavori a cura di un’altra impresa non seguiva le originarie indicazioni di progetto, ma si svolgeva seguendo delle modifiche sostanziali.

“Sotto altro concorrente profilo, non rileva ad escludere le ragioni dell’appellante la circostanza che questa non avesse svolto alcun preventivo sopralluogo per verificare de visu l’effettivo stato dei luoghi, confidando nella correttezza delle indicazioni al riguardo fornite dalla stazione appaltante. Invero, se da un lato tale eventualità era prevista nella lex di gara come del tutto facoltativa, è in ogni caso evidente che gli operatori economici partecipanti alla procedura non potevano non riporre un legittimo affidamento sulla correttezza dei dati di fatto indicati proprio dalla stazione appaltante in ordine all’oggetto dell’appalto; né quest’ultima potrebbe fondatamente opporre una sosta di “concorso di colpa” dell’aggiudicataria, anche solo ai fini risarcitori, per aver confidato nella veridicità delle informazioni tecniche essenziali dalla stessa poste a base del progetto esecutivo” precisa il Consiglio di Stato concludendo per l’illegittimità del provvedimento di revoca, oggetto di impugnazione nel precedente grado di giudizio con approvazione dell’istanza risarcitoria proposta dall’aimpresa che aveva subito la revoca e con la totale responsabilità dell’Amministrazione che va ricondotta al modulo della responsabilità precontrattuale per avere la stazione appaltante determinato (con una condotta qualificabile perlomeno come gravemente colposa) la revoca in autotutela dell’aggiudicazione precedentemente disposta, in ragione del rifiuto dell’aggiudicataria di realizzare i lavori secondo le modalità originariamente pattuite, rifiuto poi rivelatosi legittimo.

In allegato la Sentenza del Consiglio di Stato 23/12/2019, n. 8731.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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