Diagnosi e manutenzione delle strutture: dal giudizio soggettivo dell'esistente a quello oggettivo

Diagnosi e manutenzione sono due temi che, in Italia, difficilmente trovano una continuativa attenzione, almeno nei fatti: monitoraggio del costruito, preven...

di Giacomo Mecatti - 13/11/2019

Diagnosi e manutenzione sono due temi che, in Italia, difficilmente trovano una continuativa attenzione, almeno nei fatti: monitoraggio del costruito, prevenzione del rischio, individuazione delle cause del danno, esame dello stato di fatto, progettazione della messa in sicurezza... sono tutte frasi, terminologie o peggio, slogan, che sempre più fanno parte del linguaggio dell'opinione pubblica, dei mass media, diremmo del parlare comune ma che, non sempre, corrispondono ad un effettivo intento di cambiare; d’altra parte sono indice di una, neanche troppo nascosta, necessità di approcciarsi ad un patrimonio costruttivo, sterminato e datato, come quello nazionale.

Di fronte a calamità, emergenze, deterioramento di ponti, strade, edifici, monumenti, tutti si interrogano su come fare a gestire il patrimonio pubblico e privato, su cosa fare, insomma "da che parte rifarsi"... Intervenire, certo... Ma il dubbio che rimane sempre è: "cosa potevamo fare prima che accadesse?". La frustrazione, l'impotenza e la rabbia davanti alle tragedie, sembrano talvolta essere addirittura scavalcate da altre emergenze: la gestione dell'ordinario che prima diventa urgenza e poi emergenza.

Veramente dobbiamo abituarci a tutto questo? Non mi sono mai arreso a questa visione passiva e rassegnata... E ricordo ancora di quando, neolaureato, rimasi "sconvolto" nel vedere come, nel corso di una perizia tra più tecnici, quello ritenuto un “esperto” collega riuscisse a “stimare” la qualità e tipologia delle murature dell'edificio, battendo con le proprie nocche sull'intonaco... Io, appena laureato, tanto entusiasta di quanto ancora era fresco nella mia memoria di studente, tornai a casa non poco amareggiato di quella esperienza... Non credevo ai miei occhi ed ai miei orecchi nel vedere che l'Ingegneria fosse ancora così agli albori nel suo rapportarsi col costruito esistente: non parliamo degli inizi del '900… Eppure quanto appreso con entusiasmo sui libri era lontano anni luce dalla realtà.

Così mi posi una domanda e poi un obiettivo: se non era ammissibile essere curati, in medicina, con pozioni magiche, come era mai possibile che l'ingegneria, che della medicina ne è "parente" (per il metodo rigoroso e scientifico che dovrebbero entrambe avere) fosse ancora un "atto di fede"? La risposta che via via negli anni mi sono dato ovviamente non è univoca, ognuno di noi può darne una o più di una. L'obiettivo però in quel momento fu chiaro: accrescere la cultura scientifica dei tecnici coinvolti nel costruito, prima di tutto la mia visto il cattivo, ma molto educativo, esempio vissuto come prima esperienza di confronto col collega "esperto"; insomma: passare dal giudizio soggettivo dell'esistente a quello oggettivo.

Così ho scoperto, negli anni, che esistevano tante "ingegnerie": quella di chi non ha nessun interesse per far compiere questa evoluzione, che può piano piano far scomparire l’"ingegnere-stregone", e di chi invece, cerca di appoggiarla verso la definitiva nascita dell’"ingegnere-scienziato", con ciò che questo, anche in termini di tempo costi e fatica richiede, mirando però ad una più puntuale specializzazione delle figure professionali, in grado cioè di rispondere alle effettive esigenze attuali.

Ho avuto la fortuna, nel corso della vita professionale, di essere affiancato da colleghi e professionisti che hanno condiviso queste idee e queste difficoltà: un "sottobosco" di spunti fertile e promettente ma che, in quanto tale, è abbastanza fragile.

L'incontro però che ha dato l'impulso decisivo in tal senso è stato indubbiamente quello che poi ha portato alla nascita di una nuova ed innovativa associazione, in cui il ruolo della diagnostica non è più osteggiato, ma valorizzato, non è più qualcosa di “estraneo all'ingegnere” o ritenuto “concorrenziale” alla sua professione ma di profondamente legato e direi, visceralmente vissuto come "proprio" dell'ingegneria.

È nata con queste premesse, nell'ottobre 2018, l'associazione CODIS di cui in questi giorni, a Firenze, si è svolto il 2° Congresso Nazionale.

Quando molti, incontrandomi nei corridoi del congresso, mi hanno chiesto come è stato possibile aggregare in così pochi mesi centinaia e centinaia di professionisti (architetti, ingegneri, geometri, geologi, periti, restauratori) così entusiasti dell'evento, la risposta è stata allora semplice: "ci unisce la stessa passione e la stessa speranza: crescere assieme e far crescere assieme la cultura dell’«ingegneria del costruito»".

Il resto è cronaca di questi giorni: l'affluenza numerosa ed interessata di tantissimi professionisti provenienti da tutta Italia impegnati in tavole rotonde e convegni che si sono svolti in occasione del congresso (con sessioni di approfondimento su: beni culturali, infrastrutture, edilizia, innovazione tecnologica, strumentazione, formazione del personale) con interventi, dei relatori, di livello internazionale e tante idee e stimoli per crescere nella cultura della diagnosi e della messa in sicurezza del costruito. Un incubatore di idee un forum continuo, potremmo dire, che verrà alimentato e capitalizzato con le prossime iniziative promosse su tutto il territorio nazionale per essere, ancora, protagonisti insieme di questo cambiamento: l'interesse, la competenza, ed il numero dei partecipanti, sono una linfa vitale che dà ancora maggiori stimoli alle attività intraprese dalla nostra associazione e che conferma che siamo sulla strada giusta!

A cura di Ing. Giacomo Mecatti
Segretario Generale dell'Associazione CODIS
Associazione per il Controllo la Diagnostica e la Sicurezza di Strutture, Infrastrutture e Beni culturali

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