O'Tama e Vincenzo Ragusa - un ponte tra Tokyo e Palermo

Sarà aperta al pubblico tutti i giorni fino al prossimo 28 Luglio nella cornice di Palazzo Sant'Elia, una singolarissima mostra curata da Maria Antonietta Sp...

di Danilo Maniscalco - 22/06/2017

Sarà aperta al pubblico tutti i giorni fino al prossimo 28 Luglio nella cornice di Palazzo Sant'Elia, una singolarissima mostra curata da Maria Antonietta Spadaro, inaugurata lo scorso 12 Maggio e dedicata ad uno di quei preziosi tasselli che compongono l'eclettico mosaico di storie di cui è forma e sostanza la capitale siciliana costantemente dominata da una effervescente passione creativa.

"O'Tama e Vincenzo Ragusa - un ponte tra Tokyo e Palermo" rappresenta la possibilità di costruire valore attraverso il racconto della nostra memoria recente, locale e puntuale agli appuntamenti con la storia, intessendo al tempo stesso con la storia un rapporto fecondo che mira a divenire esempio da poter ammirare.

Già, perché questa città, come tantissime altre città culturali, è costruita sulle storie incredibili di persone dal talento eccezionale e che in maniera e forme diverse, hanno potuto lasciare tracce talvolta remote del proprio passaggio.

Di questo amore tra Palermo e Tokio di cui protagonista assoluta è l'arte intesa come legante tra culture diversissime, sono attori principali lo scultore Vincenzo Ragusa e la pittrice O'Tama Kyohara.

Di Ragusa, chi passa ogni giorno per la Via Libertà ammira il busto equestre bronzeo di Giuseppe Garibaldi al giardino inglese, di cui giovanissimo fu al seguito durante lo sbarco dei mille, a Palazzo delle aquile è custodito invece il camino in gesso mai trasformato in marmo così come richiesto dall'artista.

Di O'Tama se non siete i fortunati proprietari di importanti villini Liberty scampati al sacco in cui poter ammirare le pitture parietali, o se non conoscete raffinati collezionisti, troverete la sua tela sull'ascensione al Museo Giuseppe Pitré e l'incredibile ritratto del marito in età matura presso la Società di Storia Patria.

Ma in mostra trovate tutto!

L'instancabile curatrice, ha messo insieme un caleidoscopio di nature morte della pittrice disegnate alla maniera occidentale, ritratti dalla possente energia  creativa, decine di leggere signorine giapponesi con ombrellini o ventagli, taccuini decorati e chiosati, Kimono, paraventi dipinti, tessuti intarsiati da decori orientali e ancora coniglietti, gru, aironi, rondini, pavoni e tuffy-too il cagnolino di Tina Whitaker, un colossale affresco del trionfo di Bacco del 1898 di circa 20 mq a fondale dell'ultima sala in cui è custodito l'armadio superstite in legno intagliato e decorato dell'esposizione Nazionale del 1891 oggi custodito in un corridoio presso l'ITI V. Emanuele II. Insomma olii, aquerelli, incisioni, matite, arredi e una atmosfera votata interamente alla spiritualità dell'atto creativo.

E ancora la delicata terracotta di Bambino Giapponese, il capolavoro cre ritrae la moglie e il coducente di risciò entrambe provenienti dalla GAM, i due gessi della Testa di vecchio e dell'angelo della pace, un vaso in marmo, tutto a testimoniare la eccellente versatilità dello scultore.

Una vasta collezione di fotografie e di album fotografici originali, è  da compendio alla comprensione di una mostra che resta incisa e profondamente nel nostro orgoglio palermitano, siciliano girandola dell'intero paese.

Ma tutta questa immensa ricchezza visiva, tutto questo corpus di grande spiritualità,  questi doni del tempo che lascia il segno, non esisterebbero senza la potenza dirompente del caso.

Fu il caso a portare nel 1876 il trentacinquenne scultore vincitore di borsa di studio a Tokio, fu il caso a farli incontrare quando lei era ancora sedicenne, fu un profondo legame affettivo a portare con lei a Palermo un pezzo di giappone in pieno giapponismo.

Delle storie che più mi hanno incantato e che riguardano questi artisti innamorati attraverso l'arte, c'è quella che vede O'tama, che vorrà prendere il nome di Eleonora ed il cognome del marito, integratissima al gusto e al fare della belle epoqué palesato dalle continue commesse per la borghesia locale e quella che vede l'artista nipponica  la creatrice di una delle icone più popolari della spiritualità locale. È lei infatti a dipingere la Santa Rosalia del convento  di Sant'Antonino.

Ma se dovessi indicarvi due capolavori assoluti a mio giudizio imperdibili, il primo è il ritratto scultoreo di O'tama, realizzato da Vincenzo nel 1883, il secondo è il ritratto pittorico di Vincenzo, realizzato da O'tama nel 1888.

Se nel primo si condensa un verismo davvero sublime, nel secondo si va oltre la bellezza del quadro capace di descrivere un'epoca in cui il ritratto doveva descrivere prima del piano fisico, la dimensione interiore del personaggio ritratto.

Il taglio, lo sguardo, i cromatismi, la potenza espressiva, mi hanno ricordato un altro capolavoro ottocentesco difficilmente visibile, l'autoritratto di Giuseppe Damiani Almeyda.

I coniugi Ragusa, divisi dalla tecnica d'espressione artistica, uniti nel racconto reciproco di una bellezza spirituale di cui aver cura attraverso la luce della conoscenza.

Un ponte geografico dunque, ma soprattutto un ponte temporale rarissimo.

A cura di Arch. Danilo Maniscalco

© Riproduzione riservata
Tag: