Ordine di demolizione e accertamento di conformità: nuova sentenza del Consiglio di Stato

La presentazione dell'istanza di accertamento di conformità non incide sull’efficacia o sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione precedentemente emana...

18/04/2019

La presentazione dell'istanza di accertamento di conformità non incide sull’efficacia o sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione precedentemente emanata, determinando soltanto la temporanea sospensione della sua esecuzione.

Lo ha chiarito, tra le altre cose, la Sezione Sesta del Consiglio di Stato con la sentenza 16 aprile 2019, n. 2484 con la quale ha rigettato il ricorso presentato per la riforma della decisione del giudice di primo grado in riferimento ad un ordine di demolizione di alcune opere abusive e il ripristino dello stato dei luoghi.

La cronologia dei fatti

Con ordinanza del 2012 un'amministrazione comunale ha ingiunto al ricorrente la demolizione di alcune opere abusive e il ripristino dello stato dei luoghi. Constatata l’inottemperanza all’ordine dato, l'amministrazione, con nuova ordinanza del 2016, irrogava al ricorrente la sanzione pecuniaria prevista all’art. 31, comma 4-bis del DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) che prevede:

"L'autorità competente, constatata l'inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell'articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente".

Ritenendo i suddetti provvedimenti illegittimi il ricorrente li ha impugnati con separati ricorsi al TAR, il quale li ha respinti. Tra i motivi del ricorso al TAR, reiterati anche ai giudici del Consiglio di Stato, il ricorrente ha dedotto:

  • che il TAR avrebbe errato a ritenere che le opere a cui fa riferimento l’ordinanza del 2012 siano state realizzate in epoca successiva alla presentazione della domanda di condono.
  • che il TAR non avrebbe considerato che l’ordinanza del 2012 doveva ritenersi illegittima in quanto adottata quando ancora non era stata definita né la domanda di condono, né la successiva richiesta di accertamento di conformità.

La decisione del Consiglio di Stato

In riferimento al primo punto i giudici di Palazzo Spada hanno ricordato un consolidato orientamento giurisprudenziale per il quale spetta all’interessato dimostrare la data di ultimazione dei lavori, dal momento che solo lui può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto abusivo. Tale prova, inoltre, deve essere rigorosa e deve fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi. Sotto questo profilo, l'appellante non ha fornito una qualunque prova che gli interventi oggetto di contestazione fossero già stati realizzati al momento della presentazione della richiesta di sanatoria.

Sul secondo punto, assodata la mancata dimostrazione dell’effettiva coincidenza tra le opere oggetto della domanda di condono edilizio e quelle a cui si riferisce l’ordinanza del 2012, viene meno il presupposto che giustifica l’invocata sospensione del procedimento sanzionatorio, nelle more della definizione della suddetta domanda. Per pacifica giurisprudenza, l’avvenuta presentazione dell'istanza di accertamento di conformità, non incide sull’efficacia o sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione precedentemente emanata, determinando soltanto la temporanea sospensione della sua esecuzione.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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