Professionisti e Preventivi: il compenso non può subire modifiche non concordate

Il preventivo sottoposto e accettato non può essere arbitrariamente ritoccato dal professionista senza che il cliente ne sia informato e ne abbia accettato l...

20/09/2012
Il preventivo sottoposto e accettato non può essere arbitrariamente ritoccato dal professionista senza che il cliente ne sia informato e ne abbia accettato le modifiche. Un eventuale incremento delle prestazioni rispetto a quelle preventivate, con conseguente inadeguatezza del compenso, deve essere immediatamente palesato dal professionista al cliente.

Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza n. 15628 del 18 settembre 2012, con la quale ha rigettato il ricorso di un professionista avverso due precedenti sentenze che avevano respinto la sua richiesta volta a conseguire compensi professionali aggiuntivi rispetto a quelli concordati con il cliente. In particolare, la Corte di Appello, dagli atti depositati, aveva rilevato un accordo sottoscritto dal professionista in cui era stato pattuito il suo compenso professionale successivamente a trattativa con il cliente. Il compenso era stato scontato dal professionista rispetto all'allora vigenti minimi tariffari.

Il professionista aveva proposto ricorso in Cassazione sia per il riconoscimento del compenso per le prestazioni aggiuntive che per il fatto che quanto stabilito in sede di contrattazione andava sotto i minimi tariffati.

La Suprema Corte ha rilevato che l'accordo tra il professionista e il cliente non si era formato sulla base di una richiesta forfettaria, ma ipotizzando un presuntivo costo dell'opera di 6/700 milioni di lire e una percentuale del 10% per il professionista, dalla quale era stata effettuata una richiesta di 60 milioni che, a seguito di trattativa, era stata ridotta a 50 milioni. Dunque, un eventuale incremento delle prestazioni rispetto a quelle inizialmente preventivate e l'eventuale inadeguatezza del compenso, avrebbe dovuto essere palesata dal professionista al cliente. La Cassazione ha confermato la testo dei giudici di prime cure che correttamente hanno osservato che sarebbe stato contrario a buona fede il comportamento del professionista che avesse svolto prestazioni ulteriori rispetto a quelle pattuite, con la sola riserva mentale di chiedere un compenso aggiuntivo.

Per quanto riguarda la denuncia di violazione dei minimi tariffari, la Corte di Appello ha rilevato un precedente di legittimità che specifica come tra privato e professionista è possibile pattuire un compenso che deroghi ai minimi della tariffa professionale (Sentenza Cassazione n. 1223/2003).

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