Raggruppamenti temporanei di impresa sovrabbondanti: migliore forma organizzativa o strumento di distorsione del mercato?

Nello svolgimento della propria attività professionale nel campo dei lavori pubblici, giornalmente, si affrontano questioni problematiche di difficile soluzi...

23/11/2015
Nello svolgimento della propria attività professionale nel campo dei lavori pubblici, giornalmente, si affrontano questioni problematiche di difficile soluzione o che comunque forniscono soluzioni non sempre condivise.

Un aspetto noto, ma che sembrava risolto, è quello relativo all'ammissione nelle gare dei raggruppamenti di imprese aventi requisiti tecnici superiori a quelli indicati dalla stazione appaltante ai fini della partecipazione alla gara (i cosiddetti raggruppamenti sovrabbondanti).

Anticipando il tema principale dell'articolo si assiste di recente, anche in bandi pubblicati da Enti di rilevanza nazionale, all'introduzione del divieto di costituzione di ATI sovrabbondanti e ciò, per quanto riferito, al fine di aumentare il rigore operativo ed evitare possibili fenomeni distorsivi.

Nei corsi e ricorsi storici che hanno connotato l'ambito dei lavori pubblici si sono succedute una serie di massive indagini dalle quali il legislatore di volta in volta ha tratto spunto per l'emanazione di nuove normative tendenti a reprimere e prevenire possibili patologie.
La stessa legge quadro 109/1994 nasceva all'indomani delle note vicissitudini di "mani pulite" registrando, in tal senso un impianto altamente regolamentato e restrittivo, volendo limitare, su tutte, l'adozione disinvolta ed indifferenziata dello strumento della variante ad assorbimento dell'intero ribasso d'asta.
L'intero quadro normativo nazionale che ne è seguito, pur dovendo far conto con i principi di massima concorrenzialità imposti dalle normative comunitarie, ha inteso irrigidire ove possibile il procedimento riducendo, il potere discrezionale della Pubblica Amministrazione.

A quanto sopra si aggiungono le molteplici e recenti azioni giudiziarie miranti a combattere la corruzione che, unitamente ad una recrudescenza del giustizialismo mediatico, influenzano l'operato e le decisioni assunte dalle stazioni appaltanti.
Potrebbe risultare emblematico sul tema l'atteggiamento assunto da importanti Enti aggiudicatari sul tema dei Raggruppamenti Temporanei di Imprese (RTI)sovrabbondanti, prescrivendo nel disciplinare di gara il divieto della "presentazione dell'offerta da parte di raggruppamenti Temporanei di Imprese (RTI) costituiti da due o più soggetti singolarmente in possesso dei requisiti speciali per la partecipazione alla gara ( c.d. "RTI Sobrabbondanti")".
Enti, è bene chiarire, che in precedenza o in concomitanza temporale avevano viceversa prescritto quanto segue:
"Inoltre, in considerazione della natura delle prestazioni, nel caso di offerta presentata da raggruppamenti temporanei di imprese ("RTI") costituiti da due o più soggetti singolarmente in possesso dei requisiti speciali per la partecipazione alla gara (c.d. RTI "sovrabbondanti"), la stazione appaltante richiederà ai soggetti raggruppati di presentare le motivazioni - in termini di efficienza gestionale e industriale, alla luce del valore, della dimensione o della tipologia delle prestazioni richieste - che giustifichino il ricorso all'istituto del raggruppamento, ammettendolo solo se, dalla valutazione delle motivazioni presentate, non emergeranno profili di anticoncorrenzialità e rischi concreti e attuali di collusione tra le imprese".

In un'ottica (eccessivamente) garantista si potrebbe eccepire che dette forme di associazione verrebbero promosse per mera volontà monopolistica, ovvero per condizionare il mercato attraverso il concentramento dei soggetti concorrenti e quindi eludere la libera concorrenza.

Chi scrive ritiene che, al di là di un'eventuale patologia nel comportamento dei singoli (che pure può esserci), i raggruppamenti traggono il proprio presupposto e vantaggio non solo per la necessità di ottenere la qualificazione ma anche per aspetti tecnici ed organizzativi e, non ultimi, di natura fiscale.

Il divieto indifferenziato di associazione per quanto comprensibile in alcune circostanze ben delineate (con pochissimi soggetti qualificati e costituenti poche RTI) viene a minare fortemente possibili strategie imprenditoriali legittime ed orientate ad ottenere un risultato tecnico economico migliore ed in termini più ridotti e competitivi.

In altri termini, tale imposizione, a parere di chi scrive, comprime la possibilità operativa delle imprese facendo venir meno principi di rango costituzionale (art.41 della Costituzione ) posti a protezione della libera imprenditoria, senza poter intravedere nel contempo alcuna condizione di effettivo interesse per codesta stazione appaltante.

Grosse perplessità sovvengono, infatti,sulla legittimità della scelta operata da alcune stazioni appaltanti nel voler limitare le forme aggregative dei partecipanti, prendendo a riferimento pronunciamenti univoci e consolidati sul punto (cfr. Consiglio di Stato sez. III sentenze n. 689/2013, n. 842/2013 e n. 3402/2012; Sezione VI sentenze n. 5067/2012 e n. 05423/2014).
Valga su tutti, quanto espresso dal Consiglio di Stato - Sezione III ­ ( sentenza 11 giugno 2012 n. 3402), che ha così puntualmente precisato: "la limitazione a priori alle imprese della facoltà d'un tipo di ATI per ragioni antitrust, non risponde di per sé sola ad alcuna reale esigenza sottesa all'evidenza pubblica, soprattutto se meramente astratta, non proporzionata al concreto oggetto dell'appalto e non suffragata da gravi indizi di intese di cartello tra le imprese" in quanto "la facoltà delle stazioni appaltanti di non ammettere queste ultime alle gare, non essendo basata su norme imperative (arg. ex CGA, 4 luglio 2011 n. 474) e non potendo esser statuita in via pretoria (cfr. Cons. St., VI, 20 febbraio 2008 n. 588), resta allora soggetta agli ordinari canoni di proporzionalità e di ragionevolezza, sia in sé, sia con riguardo ed all'oggetto dell'appalto ed alla predetta utilità sperata".

L'alto consesso è concorde, quindi, nel ritenere che l'accordo associativo per tali ATI, come ogni rapporto tra privati, in realtà è neutro e, come tale, soggiace alle ordinarie regole sulla liceità della causa e non può dirsi di per sé contrario al confronto concorrenziale proprio dell'evidenza pubblica.
Pertanto, elidere la possibilità di ATI "sovrabbondanti", in assenza di motivate ragioni direttamente incidenti sulle esigenze concorrenziali della gara, soprattutto in gare, complesse ed articolate, può comprimere in modo eccessivo le facoltà dell'imprenditore ed anche non consentire quelle virtuose aggregazioni commisurate a tali esigenze reali.

Parimenti la stessa AVCP, oggi ANAC, con la determinazione del 10 ottobre 2012 n. 4, si è espressa più volte sulla questione riconoscendo nei fatti la possibilità di negare la partecipazione ad ATI sovrabbondanti ove " nel concreto, presenti connotazioni tali da potersi ritenere "macroscopicamente" anticoncorrenziale" presupponendo in ogni caso "la verifica delle concrete possibilità di frapporre ostacoli alla corretta dinamica concorrenziale da parte del raggruppamento "sovrabbondante"".

Sempre di univoco orientamento il comunicato del 3 settembre 2014 del Presidente di ANAC:
"Le indicazioni contenute nella determinazione n. 4/2012 devono, quindi, essere intese nel senso che è sempre consentita la possibilità di costituire raggruppamenti temporanei, anche di tipo sovrabbondante, e che l'esclusione non potrà mai essere automatica. Infatti, qualora la stazione appaltante ravvisi possibili profili anticoncorrenziali nella formazione del raggruppamento ha l'onere di valutare in concreto la situazione di fatto, richiedendo ai concorrenti le relative giustificazioni, che potranno basarsi non solo su elementi legati ad eventuali stati di necessità, in termini di attuale capacità produttiva, ma su ogni altro fattore rientrante nelle libere scelte imprenditoriali degli operatori economici, come l'opportunità ovvero la convenienza di partecipare in raggruppamento alla luce del valore, della dimensione o della tipologia del contratto. Nell'ambito della valutazione di tali elementi, la stazione appaltante dovrà, quindi, accertare se la formazione del raggruppamento ha avuto per oggetto o per effetto quello di falsare o restringere la concorrenza, e solo in caso di esito positivo potrà essere disposta l'esclusione dalla gara".

Un'ultima perplessità sulla legittimità del divieto di costituzione delle RTI cd. sovrabbondanti si rinviene alla luce del comma 1-bis dell'art. 46 del Dlgs n. 163/2006 (trattandosi di norma non imperativa come precisato dal Consiglio di Stato): "La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti ...omissis ...; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle".

La stazione appaltante non può quindi imporre il divieto generico di costituzione di raggruppamenti sovrabbondanti avendo viceversa l'onere di valutare in concreto la situazione di fatto richiedendo ai concorrenti specifiche giustificazioni,sulle motivazioni che hanno indotto alla costituzione di ATI sovrabbondanti.

Si pensi per esempio alla realizzazione di opere puntuali da prevedersi ubicate in zone diverse del territorio o alla presenza di lavorazioni specialistiche da realizzarsi in parallelo ad altre ed in tempi ristretti.
Operatori economici qualificati, impegnati su altre commesse, ben potrebbero preferire forme raggruppate nella previsione che l'avvio dei lavori avvenga in tempi ( al momento non noti) e interferenti con altre commesse in corso.

Si auspica che su detti aspetti le stazioni appaltanti possano riflettere e valutare con maggiore serenità operativa l'ammissibilità di forme aggregative che a ben vedere costituiscono un indubbio vantaggio anche per la stessa amministrazione.

A cura di Dott. Ing. Pier luigi Gianforte PhD
Consulente in materia di lavori pubblici
     
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