Varianti in corso d'opera: a quali condizioni la normativa sopravvenuta li consente?

Il Consiglio di Stato ha chiarito i confini entro i quali la stazione appaltante - e il giudice amministrativo - possono ritenere che l’entrata in vigore di ...

29/10/2019

Il Consiglio di Stato ha chiarito i confini entro i quali la stazione appaltante - e il giudice amministrativo - possono ritenere che l’entrata in vigore di una nuova normativa giustifica la variante di un contratto di appalto già in fase di esecuzione, valutandone anche il rapporto con la proroga tecnica.

Il caso in esame

In particolare, con la sentenza del 23 settembre 2019, n. 6326 la Quinta Sezione ha stabilito che le sopravvenienze normative possono comportare la necessità di introdurre una variante soltanto allorquando abbiano carattere oggettivo e la stazione appaltante non può gestire la nuova esigenza facendo ricorso a strumenti diversi dalla variante contrattuale, tra cui la proroga tecnica.

Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato la nuova normativa era costituita dall’art. 22 del d.lgs. n. 169/2016, mediante il quale l’Autorità portuale di Salerno e quella di Napoli sono state unificate in un’unica Autorità. E tale nuova Autorità doveva dunque decidere – in attesa di indire una nuova procedura di gara – se procedere alla proroga tecnica del servizio di vigilanza in precedenza svolto presso il porto di Salerno (in scadenza) ovvero se procedere alla variante (in ampliamento) del servizio svolto presso il porto di Napoli assegnando all’attuale gestore anche il servizio per il porto di Salerno.

La variante per “nuove disposizioni legislative e regolamentari”

Ebbene, la sentenza in commento – premessa la tassatività delle ipotesi in cui la stazione appaltante può modificare il contratto di appalto senza dover indire una nuova procedura di evidenza pubblica - ha ritenuto che nel caso in esame sia stato correttamente applicato l’art. 106, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016.

Ai sensi di tale disposizione, infatti, espressamente tra le “circostanze impreviste e imprevedibili” che consentono la variante è stata ricompresa anche la normativa sopravvenuta (“sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità o enti preposti alla tutela di interessi rilevanti”).

In linea generale, con tale termine si intende qualsiasi introduzione o modifica, sia questa legislativa o conseguente all’adozione di un regolamento/provvedimento, che incida sul quadro normativo vigente al momento della pubblicazione del bando di gara.

Nel quadro così delineato, il Consiglio di Stato chiarisce innanzitutto che per rilevare ai fini dell’art. 106, comma 1, lett. c) la sopravvenienza normativa non è necessario che la nuova norma preveda espressamente un obbligo di variante contrattuale, ma può determinare solo implicitamente la necessità di adottare la variante per rendere il contratto di appalto compatibile con la nuova normativa.

E precisa che, al fine di evitare un uso distorto dello strumento della variante contrattuale, la “necessità di modifica” deve assumere carattere oggettivo, e non dipendere pertanto da valutazioni che siano rimesse al mero arbitrio della stazione appaltante.

La verifica dei presupposti per la variante (nuove esigenze e assenza di alternative)

Ebbene, come può la stazione appaltante valutare se alla sopravvenienza normativa consegua o meno l’esigenza di ammettere una variante? Il Consiglio di Stato risolve il quesito ancorando l’apprezzamento ad una valutazione in concreto che tenga conto dei seguenti criteri:

  1. se e in che modo la norma sopravvenuta abbia modificato le esigenze della stazione appaltante;
  2. se quest’ultima poteva gestire tale nuova esigenza facendo ricorso a strumenti diversi dalla variante contrattuale.

Nel caso in esame - in applicazione dei principi sopra delineati – è stato stabilito che l’art. 22 del d.lgs. n. 169/2016 può essere qualificato come sopravvenienza normativa e correttamente ricondotto quindi alla variante in corso d’opera ai sensi dell’art. 106, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 in quanto:

  1. l’unificazione delle due Autorità portuali ha comportato l’ampliamento della competenza territoriale del porto di Napoli, a cui è stato incorporato anche il porto di Salerno;
  2. non si poteva ricorrere allo strumento della proroga tecnica, individuato dalla ricorrente come possibile alternativa alla variante contrattuale.

Alla luce di tali considerazioni, il Consiglio di Stato ha quindi concluso nel senso che, nella situazione di fatto in esame, il rimedio preferibile è quello della variante contrattuale.

Le varianti e la proroga tecnica: regola od eccezione?

Proprio con riferimento a quest’ultimo profilo, è altrettanto interessante l’argomentazione mediante la quale il Consiglio di Stato ritiene che legittimamente la nuova Autorità ha respinto la richiesta di “proroga tecnica” del servizio avanzata dal precedente gestore del porto di Salerno.

Ed infatti, è stato ricordato che la proroga tecnica è un rimedio eccezionale (ex multis, Cons. Stato, sez. V, sent. 17 gennaio 2018, n. 274; Cons. Stato, sez. III, sent. 3 aprile 2017, n. 1521) e che dunque ad essa deve essere preferita la variante contrattuale ex art. 106, co. 1, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, derivante dalle sopraggiunte “circostanze impreviste e imprevedibili” connesse alla predetta modifica normativa.

A cura di Avv. Jacopo Recla

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