Abusi, condominio e decoro architettonico: il ruolo delle amministrazioni

Il decoro di un edificio può influire sul rilascio di SCIA e permessi di costruire? Ne parla il Consiglio di Stato in un’interessante sentenza.

di Redazione tecnica - 28/09/2021

L’art. 1120 del codice civile stabilisce che i condomini possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni e che sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.

Abusi, condominio e decoro: l'intervento del Consiglio di Stato

Ed è proprio l’alterazione del decoro architettonico uno dei punti cardine della sentenza n. 6345/2021, che il Consiglio di Stato ha emesso a seguito del ricorso di un privato contro un’Amministrazione Comunale che aveva negato la SCIA su diversi interventi di demolizione, ricostruzione e ampliamenti di un fabbricato.

Nel caso in esame, piuttosto complesso, due sono i temi rilevanti:

  • il ruolo dell’Amministrazione Comunale nel giudizio sul decoro architettonico;
  • abusi edilizi e silenzio assenso dell’Amministrazione.

Speciale Testo Unico Edilizia

Abusi e decoro architettonico: il giudizio dell'Amministrazione Comunale

Nel caso di cui trattasi, l’Amministrazione ha ritenuto non realizzabili le opere oggetto di SCIA (anche in sanatoria) non solo per la necessità di richiedere un titolo edilizio più qualificato, ma anche in ragione dell'omesso deposito del consenso unanime dei condomini, assumendone la necessità ai sensi dell'art. 1120 c.c.

Palazzo Spada ha invece evidenziato che la valutazione del decoro architettonico dell'edificio alla stregua dell'art. 1120 c.c. sia di pertinenza di ciascun comproprietario e non possa essere sostituta da quella dell'amministrazione, in quanto rientrante nelle facoltà del solo proprietario.

Deve dunque ritenersi non consentito al comune, in sede di rilascio del titolo, valutare aspetti prettamente condominiali, che non appaiono per nulla pacifici o, comunque, che non sono di immediata evidenza. L'amministrazione si è di fatto sostituita ai comproprietari dell'edificio in un giudizio che ha evidenti margini di soggettività, riguardante il decoro architettonico della facciata condominiale e che, alla stregua dell'art. 1120 c.c., deve ritenersi di competenza dei soli condomini.

Attività sanzionatoria della pubblica amministrazione: è vincolata e non discrezionale

Il giudizio di difformità dell'intervento edilizio rispetto al titolo abilitativo rilasciato, che costituisce il presupposto dell'irrogazione delle sanzioni, non è connotato da discrezionalità tecnica, ma integra un mero accertamento di fatto e, pertanto, “l'ordine di demolizione di opere abusive, tanto come la inibitoria di opere che si vorrebbero realizzare con altro titolo edilizio ritenuto normativamente inadeguato alle caratteristiche delle stesse, quale la SCIA, non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può mai legittimare (Cons. Stato, Sez. VI, 6 settembre 2017 n. 4243).

Abusi edilizi: obbligo dell’Amministrazione al ripristino dello stato dei luoghi

Il ricorrente aveva fatto più volte richiesta di SCIA per alcuni interventi di demolizione e ricostruzione, oltre che di ampliamento della volumetria, dopo avere acquistato un immobile su cui pendeva una richiesta di SCIA effettuata dalla proprietaria precedente. Essa però era stata negata dall’Amministrazione Comunale perché si trattava di opere di nuova costruzione, soggette a rilascio di un permesso di costruire.

Il nuovo proprietario ha giustificato la legittimità delle nuove opere perché il termine di sessanta giorni per l’esame della SCIA sarebbe scaduto e in più le opere precedenti, qualificate come abusive, erano state realizzate dalla precedente proprietaria dl fabbricato.

Palazzo Spada ha respinto entrambe le motivazioni perché:

  • anche se gli abusi edilizi sono commessi da un precedente proprietario, un eventuale ordine di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi è a carico di quello nuovo;
  • laddove si riscontri la realizzazione di opere abusive, lo spirare del termine per il controllo della SCIA edilizia non consuma il potere dell’ente locale di intervenire con provvedimenti sanzionatori a tutela del corretto assetto del territorio: “la mera inerzia da parte dell'amministrazione nell'esercizio di un potere/dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l'edificazione sine titulo) è sin dall'origine illegittimo”.

SCIA Edilizia: interventi, tempi e sanzioni

Sull'argomento proprio ieri abbiamo pubblicato l'approfondimento dal titolo "SCIA Edilizia: interventi, tempi e sanzioni" in cui abbiamo ricordato cos'è la segnalazione certificata di inizio attività (la SCIA), le tempistiche relative al controllo della pubblica amministrazione sul titolo e sul fabbricato.

In questo approfondimento si è parlato degli effetti della SCIA dopo i 60 giorni. In particolare, decorso questo termine, restano all'amministrazione, ove ne ricorrano le condizioni:

  • l'annullamento d'ufficio definito all'art. 21-nonies della stessa Legge n. 241/1990 entro un termine non superiore a dodici mesi dal momento dell'adozione della SCIA (termine ridotto a 12 mesi con l'art. 63 del D.L. n. 77/2021, c.d. Decreto Semplificazioni-bis o Governance PNRR, prima era 18 mesi):
  • il potere di agire sull'abuso edilizio eventualmente commesso.
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