Abusi edilizi: senza sanatoria niente CILAS Superbonus

Pericoloso intervento del TAR Lazio che entra nel merito della presentazione della CILAS in presenza di abusi edilizi e del silenzio sulla SCIA in sanatoria

di Gianluca Oreto - 13/12/2023

Il ricorso

In sede di ricorso viene contestato:

  1. che in caso di CILA la legge non attribuisce all’amministrazione alcun potere di valutazione in termini di ammissibilità o meno dell’intervento, né alcun potere di natura inibitoria, sicché il Comune avrebbe esercitato un potere non tipizzato;
  2. la violazione dei principi del giusto procedimento e dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990;
  3. che il provvedimento impugnato con cui il Comune rileva l’esistenza sull’immobile oggetto dei lavori di cui alla CILAS di opere realizzate in difformità dall’originario titolo edilizio e fa dipendere le sorti della CILAS medesima dal buon esito della SCIA in sanatoria.

Il potere inibitorio sulla CILAS

Relativamente alla prima contestazione, il TAR conferma il fatto che in regime di CILA ordinaria, l'art. 6-bis del TUE, diversamente dalla SCIA, non disciplina uno specifico e sistematico procedimento di controllo successivo ancorato a schemi e tempistiche predeterminate.

Ciò premesso, secondo il TAR:

  1. restano fermi in capo al Comune, e devono essere doverosamente esercitati, i generali poteri di vigilanza e repressione in materia urbanistico-edilizia di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del Testo Unico Edilizia;
  2. è a tali poteri che, in un’ottica sostanzialistica, deve essere ricondotto il provvedimento adottato dal Comune nel caso di specie, con il quale, in sostanza, l’ente locale, rilevato che i lavori per i quali era stata presentata la CILAS riguardavano un fabbricato interessato da difformità edilizie rispetto all’originario titolo abilitativo (fatto confermato dalla presentazione contestuale della SCIA in sanatoria) ha inteso agire tempestivamente affinché non si consolidasse, sul piano degli effetti materiali, un’ulteriore situazione di abuso, disponendo “il divieto di prosecuzione dei lavori e il ripristino di quanto già eventualmente realizzato”.

Secondo i giudici del TAR, pur non ignorando l’esistenza di pronunce che si sono espresse nel senso della nullità dell’atto recante un “diniego di CILA”, in quanto espressivo di un potere non tipizzato nell’art. 6-bis del d.P.R. n. 380 del 2001, nonché di pronunce che, proprio valorizzando l’elemento della non rispondenza ad alcun potere normativamente tipizzato, concludono per la natura non provvedimentale dell’atto con conseguente inammissibilità del ricorso, hanno confermato un diverso orientamento secondo cui l’esercizio del potere di vigilanza contro gli abusi edilizi ben può consistere “nel semplice rilievo, non soggetto a termini o procedure particolari e comunque non rientrante nell’ambito di applicazione dell’art. 21-nonies della L. n. 241 del 1990, dell’inefficacia della CILA in vista della sospensione dei lavori e dell’adozione dei conseguenti provvedimenti repressivi”.

Il giusto procedimento e la natura della CILAS

In quando alla presunta violazione dei principi del giusto procedimento e dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, il TAR ha rilevato che la natura della CILA, qualificabile in termini di comunicazione privata e non di istanza di parte che dà avvio ad un procedimento destinato a concludersi per silentium, induce ad escludere che il Comune, in sede di esercizio dei poteri di controllo sull’attività edilizia posta in essere sulla base della comunicazione, debba attivare le garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990 e adottare il preavviso di provvedimento negativo ex art. 10-bis della medesima legge.

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