Accesso a finanziamenti pubblici: la verifica dei requisiti

Il Consiglio di Stato chiarisce quale documento fa fede nel caso di disposizioni contraddittorie sui requisiti soggettivi

di Redazione tecnica - 11/05/2022

Nella verifica dei requisiti di accesso in riferimento a un bando di assegnazione di finanziamenti pubblici, contano quelli definiti all’interno dell’avviso, che rappresenta la lex specialis alla stregua di un bando di gara.

Accesso a finanziamenti pubblici: verifica dei requisiti

Con questi presupposti il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3492/2022, ha ribaltato quanto stabilito in primo grado in merito all’esclusione di una società dall’accesso a fondi pubblici, finalizzati allo sviluppo dell’attività di impresa. Il caso riguarda appunto l’assegnazione di finanziamenti erogati da un’Amministrazione regionale. Nella parte dell’avviso dove erano definiti i soggetti beneficiari e i requisiti di ammissibilità, era previsto che i soggetti proponenti e i soggetti aderenti, alla data di presentazione della domanda di accesso fossero essere regolarmente costituiti e iscritti nel Registro delle Imprese.

La ricorrente, titolare di un’attività, aveva quindi presentato domanda di finanziamento per l’attivazione di una nuova unità produttiva. La Regione aveva però rifiutato l’ammissione perché l’istante era iscritto alla Camera di commercio con un codice ATECO non rientrante in nessuno dei settori strategici previsti nell’avviso.

Il TAR aveva avallato questa ipotesi, sostenendo che già dall’avviso si poteva desumere che la misura era rivolta al sostegno di imprese già attive e non invece ad incentivare iniziative di imprese ancora inattive, per cui la ricorrente è stata legittimamente non ammessa alla procedura, non possedendo il requisito di operatività d’impresa al momento della presentazione dell’istanza di partecipazione.

Requisiti di accesso a finanziamenti pubblici: la sentenza del Consiglio di Stato

Nel valutare il caso, il Consiglio ha precisato che l’avviso con cui si è dato avvio alla procedura è l’unico atto cui occorre far riferimento per stabilire i requisiti di ammissione delle imprese a finanziamento e non gli altri atti che l’avviso abbiano preceduto e in seguito ai quali sia stato adottato.

Come spiega Palazzo Spada, l’avviso, infatti, al pari del bando di gara di una procedura di evidenza pubblica per l’affidamento di un contratto, è l’atto amministrativo generale con il quale sono fissate le regole al cui rispetto l’amministrazione procedente si vincola nella selezione del privato cui assegnare il finanziamento, come nella scelta del contraente in caso di procedura di gara; in tal senso si dice che è lex specialis della procedura, che va ad integrare le disposizioni generali contenute in atti normativi.

Gli atti che precedono l’avviso, se provengono da organi politici o che esprimono l’indirizzo politico-amministrativo dell’ente - come ad esempio le delibere della Giunta regionale - possono fornire indicazioni di massima, ma non dettano però essi stessi le regole della procedura, né, in definitiva, potrebbero farlo per il principio di separazione tra attività di indirizzo politico e attività di gestione amministrativa.

Inoltre, secondo consolidato orientamento della giurisprudenza, le regole contenute nel bando di gara – ma stesso discorso vale per gli avvisi con cui è indetta una procedura per l’erogazione di contributi pubblici per l’identica natura giuridica – vincolano rigidamente l’operato dell’amministrazione procedente, la quale è obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità per preservare i principi di affidamento e di parità di trattamento tra i concorrenti che sarebbero pregiudicati ove si consentisse di modificare le regole (o anche disapplicarle) a seconda delle varie condizioni dei partecipanti: per questa ragione si afferma anche che il bando deve essere interpretato in termini strettamente letterali.

L’unico requisito di ammissibilità riferibile allo stato del soggetto proponente dell’avviso in esame era “essere regolarmente costituiti e iscritti nel Registro delle imprese”, mentre tutti gli altri requisiti erano requisiti di idoneità del soggetto proponente non attinenti allo stato di soggetto operativo, come erroneamente ritenuto dalla sentenza di primo grado.

Per altro, obiettivo dell’avviso era la crescita della competitività dei settori di attività interessati e non delle imprese che già vi operano. Come stabilito con il Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014 in materia di aiuti compatibili con il mercato interno, che costituisce il dato normativo euro-unitario di riferimento per l’erogazione dei finanziamenti pubblici, il finanziamento è rivolto agli “investimenti iniziali”: le finalità di crescita economica di un territorio si perseguono anche favorendo l’ingresso di nuovi operatori in un dato settore, secondo i principi propri del mercato concorrenziale.

In conclusione, l’appello è stato accolto e la sentenza di primo grado integralmente riformata: il provvedimento che ha dichiarato inammissibile la domanda di accesso ai finanziamenti è stato ritenuto illegittimo, perché l’avviso pubblico non richiedeva la preesistente operatività nel settore in cui s’intendeva effettuare l’investimento, ma solo che il settore rientrasse tra quelli in relazione al quale l’investimento era consentito e che l’impresa fosse già esistente.

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