Appalti Pubblici, approvato il 'Codice Salvini'?

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti comunica l'approvazione del Decreto Legislativo di riforma dei contratti pubblici parlando di "Codice Salvini"

di Gianluca Oreto - 29/03/2023

Si lavora al nuovo Codice dei contratti almeno da giugno 2022 quando il Parlamento ha approvato la Legge 21 giugno 2022, n. 78. Alla delega è seguito l'incarico del Governo Draghi al Consiglio di Stato di redigere uno schema di decreto legislativo che è stato approvato e comunicato a dicembre 2022. Dopo  la predisposizione da parte del Consiglio di Stato, il testo dello schema è stato inviato alla Conferenza Stato-Regioni e alla competenti Commissioni di Camera e Senato per i loro relativi pareri.

L'approvazione del Codice dei contratti pubblici

Dopo tutta questa trafila che ha coinvolto 2 Governi (Draghi e Meloni), il Consiglio di Stato, le Regioni e le due aule del Parlamento, dopo l'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri di ieri sera, sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti capeggia la notizia dal titolo «Appalti, il Cdm approva il "Codice Salvini"». Come se ai posteri dovrà restare il messaggio di un Codice dei contratti targato con l'attuale Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Di seguito il comunicato integrale del Ministero delle Infrastrutture.

Il Comunicato del Ministero delle Infrastrutture

È stato approvato questo pomeriggio in Cdm il codice degli appalti, rivisto e integrato alla luce delle osservazioni delle commissioni parlamentari, che ha il pregio di procedere nella direzione della semplificazione, sburocratizzazione delle procedure e liberalizzazione. Uno strumento che mette in grado istituzioni e imprese di lavorare con celerità per fornire beni e servizi ai cittadini.

Per fare una gara si risparmieranno dai sei mesi ad un anno, grazie innanzitutto alla digitalizzazione delle procedure (in vigore dal 1°gennaio 2024). Una banca dati degli appalti conterrà le informazioni relative alle imprese, una sorta di carta d’identità digitale, consultabile sempre, senza che sia necessario per chi partecipa alle gare presentare di volta in volta plichi di documentazione, con notevoli risparmi di costi e soprattutto di carta. Una norma apprezzabile anche sotto il profilo ambientale. Soggetti appaltanti, ma anche imprese e cittadini avranno disponibili on line i dati per garantire trasparenza.

Con la liberalizzazione degli appalti sottosoglia e cioè fino a 5,3 milioni di euro le stazioni appaltanti potranno decidere di attivare procedure negoziate o affidamenti diretti, rispettando il principio della rotazione. Per gli appalti fino a 500 mila euro, allo stesso modo, le piccole stazioni appaltanti potranno procedere direttamente senza passare per le stazioni appaltanti qualificate. Taglio dei tempi notevole soprattutto per quei piccoli comuni che debbano procedere a lavori di lieve entità che hanno tanta importanza per la vivibilità dei luoghi e il benessere delle proprie comunità.

Rivive l’appalto integrato: il contratto potrà quindi avere come oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sulla base di un progetto di fattibilità tecnico-economica approvato. Inoltre, per garantire la conclusione dei lavori, si potrà procedere anche al subappalto cosiddetto a cascata, senza limiti.

Nessuna paura per la “firma”: niente colpa grave per i funzionari e i dirigenti degli enti pubblici se avranno agito sulla base della giurisprudenza o dei pareri dell’autorità.

Tutele simili per la delicata questione dell’illecito professionale. Nella riformulazione del codice si è proceduto ad una razionalizzazione e semplificazione delle cause di esclusione, anche attraverso una maggiore tipizzazione delle fattispecie. In particolare, per alcuni tipi di reato, l’illecito professionale può essere fatto valere solo a seguito di condanna definitiva, condanna di primo grado o in presenza di misure cautelari.

Una importante innovazione riguarda poi l’introduzione della figura del dissenso costruttivo per superare gli stop degli appalti quando è coinvolta una pluralità di soggetti. In sede di conferenza di servizi l’ente che esprime il proprio no, non solo dovrà motivare, ma soprattutto fornire una soluzione alternativa. Anche la valutazione dell’interesse archeologico, il cui iter, spesso lungo e articolato, rischia di frenare gli appalti, dovrà essere svolta contestualmente alle procedure di approvazione del progetto, in modo da non incidere sul cronoprogramma dell’opera.

Infine, ma non ultima, la salvaguardia del “made in Italy”: tra i criteri di valutazione dell’offerta è previsto come premiale il valore percentuale dei prodotti originari italiani o dei paesi UE, rispetto al totale. Una tutela per le forniture italiane ed europee dalla concorrenza sleale di Paesi terzi. Le stazioni appaltanti possono indicare anche i criteri di approvvigionamento dei materiali per rispondere ai più elevati standard di qualità. Tra i criteri premiali la valorizzazione delle imprese, che abbiano sede nel territorio interessato dall’opera.

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