Appalti pubblici e riserve: chiarimenti dalla Cassazione sul registro di contabilità

Il registro di contabilità è l’unico documento da cui emerge una visione d’insieme o unitaria dell’esecuzione dell’appalto; cosicché solo in esso si ha il dovere o l’onere di iscrivere le richieste dell’appaltatore a pena di decadenza

di Redazione tecnica - 19/12/2023

Nell’appalto di opere pubbliche si definisce come registro di contabilità solo il documento le cui pagine sono “preventivamente numerate e firmate dall’ingegnere capo e dall’appaltatore” e nel quale le singole partite siano iscritte “rigorosamente in ordine cronologico” (art. 52 r.d. n. 350/1895), per cui esso non può identificarsi né con il “libretto delle misure”, sul quale si annotano “la misura e la classificazione dei lavori” (art. 42 r.d. n. 350/1895), né con il “giornale dei lavori” di cui all’art. 40 del r.d. cit., in cui si registra settimanalmente la progressione dei lavori.

Riserve negli appalti pubblici: il registro di contabilità

Lo ricorda la Corte di Cassazione, sez. I Civile, con l’Ordinanza del 29 novembre 2023, n. 33118, con cui ha respinto il ricorso proposto da una Stazione appaltante, confermando il risarcimento nei confronti dell’impresa esecutrice in ordine alla mancata iscrizione delle riserve nel registro della contabilità.

Secondo la ricorrente, le riserve sarebbero state presentate tardivamente, ma questa tesi non era stata confermata nè in primo grado nè dalla Corte d'Appello. In particolare i giudici avevano sottolineato come non fosse stato tenuto il registro della contabilità e che il libretto delle misure non si prestava a
sostituirlo, mentre unicamente nel registro della contabilità – e non già nel libretto delle misure - l’appaltatore avrebbe avuto l’obbligo di iscrivere le eventuali riserve.

Continuano gli ermellini specificando che il registro di contabilità è l’unico documento non tenuto sul luogo dei lavori da cui emerge una visione d’insieme o unitaria dell’esecuzione dell’appalto; cosicché solo in esso si ha il dovere o l’onere di iscrivere le richieste dell’appaltatore a pena di decadenza, perché da esso soltanto è rilevabile l’incidenza che le varie vicende potranno avere sui costi dell’appalto sia per il committente sia per l’appaltatore. Quest'ultimo, in particolare, in esso deve iscrivere immediatamente, in applicazione delle regole di diligenza e buona fede, i fatti che può prevedersi incideranno sulla contabilità dei lavori.

Nessun documento può sostituire il registro di contabilità

È evidente, quindi, che un documento a fogli scomposti non può integrare il registro neppure provvisoriamente; cosicché, in assenza del registro, l’appaltatore avrà la “facoltà” e non l’onere “all’atto della firma d’inscrivere in succinto in quei documenti contabili che devono essere da lui firmati le riserve e le domande che crederà del proprio interesse” e in tal caso “le riserve e le domande non avranno efficacia e saranno considerate come non avvenute ove non siano ripetute nel registro di contabilità nei termini e nei modi indicati nei precedenti artt. 53 e 54” (art. 89 r.d. 350/1895), una volta che lo stesso sia stato istituito. 

Solo con l’istituzione del registro sorge, invero, il dovere di iscrivere le riserve relative ai lavori eseguiti in precedenza ma, considerato che l'impresa ha presentato le riserve nei tempi e nei modi corretti, non è condivisibile la tesi proposta dalla Stazione Appaltante ricorrente con cui per cui, “mancando il Registro di Contabilità, venisse meno totalmente l’onere di iscrivere la riserva nel primo atto di contabilità utile immediatamente successivo”, motivo per cui il ricorso è stato respinto.

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