Bonus edilizi e diritto alla detrazione: interviene la Cassazione

La Cassazione risponde al ricorso presentato dall'Agenzia delle Entrate su un caso che riguarda i soggetti che sono legittimati a beneficiare dei bonus edilizi

di Redazione tecnica - 24/02/2022

Una delle particolarità dei principali bonus fiscali previsti per l'edilizia privata è che possono essere utilizzati non solo dai soggetti beneficiari previsti dalle relative normative. L'Agenzia delle Entrate stessa, nelle sue guide ai bonus edilizi, chiarisce che hanno diritto alla detrazione, purché sostengano le spese e siano intestatari di bonifici e fatture, anche altri soggetti.

Bonus edilizi e diritto alla detrazione

Nel dettaglio, ad esempio, la guida dell'Agenzia delle Entrate "Ristrutturazioni edilizie: le agevolazioni fiscali" riporta tra i soggetti che hanno diritto alla detrazione:

  • il familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento (il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado);
  • il coniuge separato assegnatario dell’immobile intestato all’altro coniuge;
  • il componente dell’unione civile (la legge n. 76/2016, per garantire la tutela dei diritti derivanti dalle unioni civili tra persone delle stesso sesso, equipara al vincolo giuridico derivante dal matrimonio quello prodotto dalle unioni civili);
  • il convivente more uxorio, non proprietario dell’immobile oggetto degli interventi né titolare di un contratto di comodato, per le spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2016.

Bonus edilizi e diritto alla detrazione: la sentenza della Cassazione

Ma come spesso accade, per chiarire e tratteggiare i contorni di una disposizione normativa, è sempre necessario aspettare un po' e salterà fuori un nuovo intervento della giurisprudenza. Ed è quello che avviene col tema relativo al diritto alla detrazione, trattato in questo caso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 5584 del 21 febbraio 2022 resa su un ricorso presentato dall'Agenzia delle Entrate stessa per la riforma di una decisione del tribunale.

Il caso oggetto dell'intervento degli ermellini è tipico e può essere così riassunto:

  • un contribuente riceve la cartella di pagamento emessa dall'Agenzia delle Entrate all'esito di controllo formale ai sensi dell'art. 36-ter del d.P.R. n. 600/1973, con la quale l'Ufficio, relativamente all'anno d'imposta 2011, gli ha imputato la maggiore Irpef dovuta, oltre agli interessi ed alle relative sanzioni, a seguito del disconoscimento della detrazione delle spese sopportate per interventi di ristrutturazione edilizia finalizzati al risparmio energetico (art. 1, commi 344 e seguenti della Legge 27 dicembre 2006, n. 296);
  • il contribuente impugna la cartella dinnanzi la Commissione tributaria provinciale;
  • la commissione tributaria provinciale accoglie il ricorso e annulla la cartella di pagamento;
  • l'Agenzia delle Entrate ricorre alla Commissione tributaria regionale che lo rigetta.

Il ricorso in Cassazione

A questo punto l'Agenzia delle Entrate ricorre in Cassazione. Secondo il Fisco, il giudice avrebbe errato nel ritenere che il contribuente fosse legittimato alla detrazione quale detentore dell'immobile, di proprietà della suocera, in ragione di un contratto di comodato immobiliare verbale. Secondo AdE, la proprietaria aveva concesso l'abitazione in comodato verbale a sua figlia, convivente nell'immobile con il coniuge Cattelani, ma non a quest'ultimo. Comodataria, quindi, sarebbe stata la figlia della proprietaria, ma non il contribuente, genero di quest'ultima. E comunque, secondo l'Agenzia delle Etrate, il contratto di comodato non avrebbe potuto essere opposto all'Amministrazione fiscale, in quanto non registrato. Inoltre, secondo l'Ufficio, la CTR avrebbe errato anche nel ritenere che lo stesso contribuente, all'inizio dei lavori in questione, convivesse con la proprietaria del bene, con la conseguenza che non sarebbe stato necessario documentare l'esistenza e la registrazione del relativo comodato, quale titolo legittimante l'agevolazione.

Il rapporto di parentela e il contratto di comodato

Tralasciando le motivazioni preliminari, la Cassazione rileva che è la stessa Agenzia delle Entrate a richiamare espressamente anche la propria prassi, affermando che:

  • il titolo legittimante deve sussistere al momento di inizio dei lavori (circolare n. 13/E del 31 maggio 2019);
  • la detrazione spetta anche al familiare convivente del proprietario che abbia sostenuto le spese ed al quale siano intestate le fatture;
  • tra i familiari, applicando l'art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, rientrano gli affini entro il secondo grado, dunque anche il genero contribuente, affine di primo grado della suocera proprietaria.

È la stessa Agenzia delle Entrate a concludere che, ove fosse stato sussistente il requisito della convivenza nell'immobile in questione con la suocera proprietaria, il contribuente, in quanto familiare convivente, avrebbe potuto fruire senz'altro della detrazione.

La Cassazione aggiunge che, nelle ipotesi previste all'art. 5, comma 5 del Tuir (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado), il titolo che legittima è costituito dall'essere "un familiare", nel senso sopra chiarito, convivente con il possessore intestatario.

Non è richiesta l'esistenza di un sottostante contratto di comodato e, pertanto, nessun estremo di registrazione va indicato nell'apposito spazio del modulo di comunicazione dell'inizio dei lavori che il soggetto che intende fruire della detrazione deve presentare. Tali conclusioni sono espressamente richiamate anche dalla circolare n. 13/E del 2019, che conferma altresì che «Lo status di convivenza deve sussistere gà al momento in cui si attiva la procedura ovvero, come sopra detto per i detentori, alla data di inizio dei lavori (Risoluzione 6.05.2002 n. 136) o al momento del sostenimento delle spese ammesse alla detrazione se antecedente all'avvio dei lavori e non e' necessario sussista per l'intero periodo di fruizione della detrazione».

Infine, il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate (prot. 2011/149646), in tema di documentazione da conservare ed esibire a richiesta degli Uffici dell'Agenzia delle Entrate, dispone che la dichiarazione di consenso del possessore all'esecuzione dei lavori è necessaria, in caso di lavori effettuati dal detentore dell'immobile, solo se quest'ultimo sia diverso dai familiari conviventi. Premesso che la stessa Agenzia, nel motivo di ricorso, non assume specificamente la necessità di tale adempimento nell'ipotesi in cui il beneficiario sia familiare convivente con il proprietario, l'interpretazione della prassi conforta comunque l'affermazione secondo cui, accertata la convivenza, non era neppure necessario documentare esplicitamente anche il consenso della suocera proprietaria alla richiesta del genero convivente.

© Riproduzione riservata