Clausole immediatamente escludenti: occhio ai termini per l'impugnazione

Rispetto a clausole immediatamente escludenti, la giurisprudenza pone l’onere dell’immediata impugnazione e non della semplice disapplicazione

di Redazione tecnica - 12/01/2024

La clausola immediatamente escludente, in contrasto con il diritto eurounitario, va impugnata entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione del bando, diventando inoppugnabile qualora trascorra questo termine.

Clausole immediatamente escludenti: no all'impugnazione tardiva

Lo specifica il Consiglio di Stato, con la sentenza del 10 gennaio 2024, n. 321 con la quale ha accolto il ricorso di una SA e confermato il provvedimento di esclusione contro un RTI orizzontale non in possesso dei requisiti di qualificazione richiesti dal disciplinare di gara.

In particolare, una delle clausole della lex specialis imponeva  a tutti componenti del raggruppamento il possesso maggioritario dei requisiti di partecipazione nelle categorie delle lavorazioni richieste e che invece, da una verifica della commissione, erano risultati insufficienti sulla mandataria del RTI, determinandone l’esclusione.

Da qui era derivato il ricorso in primo grado, che il TAR aveva accolto, specificando che “tanto la mandante quanto la mandataria sono in possesso della qualificazione per tutte le categorie richieste” e che la previsione dell’esecuzione dei lavori ascrivibili a una categoria interamente da parte della mandataria non valeva a qualificare automaticamente il raggruppamento come di tipo misto, espressamente vietato dal disciplinare.

Il giudice amministrativo ha poi risolto la diversa questione del contestato mancato possesso dei requisiti di qualificazione in misura maggioritaria per tutte le categorie di lavori in capo alla mandataria facendo riferimento alla sentenza della Corte di Giustizia, sez. IV, 28 aprile 2022, C-642/20, disapplicando perciò la normativa nazionale ritenuta incompatibile col diritto dell’Unione europea e reputando illegittima la clausola del disciplinare di gara conforme al diritto interno, quindi illegittimo il provvedimento di esclusione basato su tale clausola.

La sentenza del Consiglio di Stato

In appello, la SA ha ribadito la tardiva impugnazione del bando rispetto a una clausola immediatamente escludente, fattispecie per le quali la giurisprudenza pone l’onere dell’immediata impugnazione. Il concorrente ha invece impugnato il bando solo in relazione all’esclusione, per di più in via condizionata, laddove la chiarezza della lettera del bando rendeva immediatamente percepibile che la relativa applicazione avrebbe comportato la sua esclusione.

Palazzo Spada ha dato ragione alla Stazione Appaltante: il provvedimento di esclusione si basava su due ragioni, entrambe concernenti il possesso dei requisiti di qualificazione da parte del r.t.i.

In particolare, la questione riguarda una fattispecie tipica di clausola c.d. immediatamente escludente, per la quale sussisteva l’onere dell’impugnazione tempestiva del bando di gara. La clausola pregiudicava la partecipazione alla gara del raggruppamento poiché, contrariamente a quanto sostenuto dal r.t.i.,  era possibile tenere conto del fatto che cumulativamente e nel complesso i componenti del r.t.i. erano in grado di soddisfare i requisiti partecipativi previsti dalla stazione appaltante, dato che questi avrebbero dovuto essere soddisfatti per ciascuna categoria secondo le percentuali indicate.

Si tratta di clausola riguardante requisiti di partecipazione legati a situazioni e qualità del soggetto che ha chiesto di partecipare alla gara, esattamente e storicamente identificate, preesistenti alla gara stessa, e non condizionate dal suo svolgimento.

Il raggruppamento escluso - sostanzialmente riconoscendone la portata pregiudizievole per i propri interessi - ha impugnato la legge di gara, chiedendo l’annullamento; tuttavia, rispetto alla data del bando, è tardiva l’impugnazione proposta col ricorso notificato dopo la comunicazione del provvedimento di esclusione.

No a semplice disapplicazione clausola

Inoltre, spiegano i giudici, va impugnato, e non può essere soltanto “disapplicato”, il bando di una procedura ad evidenza pubblica contenente una clausola escludente che, applicando una norma di legge nazionale ritenuta dalla Corte di Giustizia in contrasto col diritto dell’Unione, ne impone l’osservanza nella singola gara; qualora poi si tratti, come nel caso di specie, di una clausola immediatamente escludente, l’impugnazione del bando deve essere proposta nel termine di trenta giorni dalla sua pubblicazione ai sensi dell’art. 120, comma 5, c.p.a..

La fattispecie è analoga a quella che si configura quando una clausola del bando di gara si assume illegittima per contrasto col diritto interno. In entrambi i casi,  a meno che non si tratti di clausola nulla, il bando illegittimo non può essere rimosso per via giurisdizionale una volta che le sue previsioni siano divenute stabili per mancata tempestiva impugnazione.

In linea con la giurisprudenza della Corte UE, è quindi quella del Consiglio di Stato, secondo cui “in via generale, il rispetto dei princìpi di parità di trattamento ed effettività non osta a che lo Stato membro assoggetti la tutela di una posizione giuridica di diritto comunitario derivato ad un termine di decadenza, a condizione che la fissazione di tale termine sia equivalente a quella prevista per posizioni giuridiche di diritto interno, e che il termine non sia di esiguità tale da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio effettivo della tutela delle posizioni giuridiche di matrice comunitaria”.

Nel caso in esame, il termine di decadenza di trenta giorni, oltre a valere anche per l’impugnazione degli atti contrari al diritto interno, non è di per sé idoneo a rendere impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti.

L'imposizione di requisiti stringenti non rende nulla una clausola

Infine, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, la clausola del disciplinare non sarebbe nulla ai sensi dell’art. 83, comma 8 (“I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”), del d.lgs. n. 50 del 2016 da intendersi riferito anche alle “disposizioni di legge” di derivazione unionale.

Come chiarito anche dalla Corte di Giustizia Europea, se non è consentito al legislatore nazionale di imporre, in modo generalizzato ed astratto, un vincolo quantitativo alle modalità organizzative dei raggruppamenti di operatori economici in tutti gli appalti pubblici, per contro, a determinate condizioni, la modulazione, sia pure qualitativa, è consentita alla singola amministrazione aggiudicatrice, tenuto conto dell’oggetto dell’appalto e delle prestazioni da affidare.

Si esclude quindi un divieto assoluto, posto dal diritto dell’Unione, di modulare i requisiti nell’ambito di un raggruppamento in modo che ne risulti diversamente regolata la posizione della mandataria, per cui la previsione del disciplinare che richiedeva per quest’ultima il possesso dei requisiti di partecipazione in misura maggioritaria, pur riproduttiva di una norma interna incompatibile con quella unionale, non è qualificabile alla stregua di una causa di esclusione atipica affetta da nullità ai sensi dell’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016.

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