Clausole territoriali: illegittime se proposte come requisito di partecipazione

Le indicazioni di ANAC: la clausola territoriale può assumere rilievo esclusivamente quale elemento premiale ai sensi dell’art. 108 co. 7 d.lgs. 36/2023

di Redazione tecnica - 13/02/2024

Nell’ambito di una procedura di gara nella quale siano presenti clausole territoriali, il principio concorrenziale prevale rispetto al principio di prossimità ambientale e le limitazioni possono essere utilizzate solo criterio premiale da valorizzare nell’ambito dell’offerta tecnica e non quale requisito di partecipazione.

Clausole territoriali: illegittime se sono requisito di partecipazione

Si tratta di considerazioni nate dall’interpretazione della più recente giurisprudenza e del nuovo Codice dei Contratti Pubblici e che hanno portato ANAC, con la delibera del 10 gennaio 2024, n. 1, a ritenere illegittima la clausola di un disciplinare di gara, perché immotivatamente limitativa della concorrenza.

Nel dettaglio, si imponeva come requisito di partecipazione a una procedura per l’affidamento di un servizio di trasporto rifiuti, la prossimità dell’impianto per il conferimento entro i 10 km dal comune. In questo modo, si restringeva di fatto l’ambito di partecipazione a soli due operatori.

Sul punto, l’Autorità ha richiamato la recente giurisprudenza sul tema per cui “sulla questione della legittimità delle clausole della lex specialis che prescrivono requisiti di partecipazione alla gara correlati ad elementi di localizzazione territoriale, o che ad essi attribuiscono un maggior punteggio in sede di valutazione delle offerte, il criterio della territorialità è illegittimo soltanto ove posto come requisito di partecipazione, impattando frontalmente una previsione di tal tipo con i principi del favor partecipationis e della par condicio tra i concorrenti, in ogni possibile loro declinazione. Viceversa, ove detto criterio venga posto quale requisito di esecuzione del contratto o rilevi come parametro per l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo, la valutazione della compatibilità della clausola con i principi che informano la materia della contrattualistica pubblica dev’essere condotta caso per caso, non potendo a priori la valorizzazione del collegamento con il territorio ritenersi irragionevole”.

La giurisprudenza ha talvolta in via eccezionale e sulla base della considerazione per cui tale clausola fosse concretamente prevista a tutela dell’ambiente, in applicazione del principio di prossimità previsto dall’art. 181 D. Lgs. n. 152/2006.

Il nuovo codice dei contratti e le clausole territoriali

L’attuale quadro normativo, spiega ANAC, è stato significativamente innovato dal nuovo Codice Appalti (d.lgs. n. 36/2023), il quale ha riservato al principio di accesso al mercato un ruolo centrale (art. 3) e fondante (art. 4). Infatti, ancora più chiaramente, la relazione di accompagnamento al codice ha precisato che i “primi tre principi, che devono essere utilizzati per sciogliere le questioni interpretative che le singole disposizioni del codice possono sollevare. Nel dubbio, quindi, la soluzione ermeneutica da privilegiare è quella che sia funzionale a realizzare il risultato amministrativo, che sia coerente con la fiducia sull’amministrazione, sui suoi funzionari e sugli operatori economici e che permetta di favorire il più ampio accesso al mercato degli operatori economici”.

Nell’ambito del nuovo codice, inoltre, i requisiti di partecipazione sembrano tassativi ed eventualmente integrabili prevalentemente in ottica pro-concorrenziale.

Nel dettaglio:

  • l’art. 100, co. 12, del d.lgs. n. 36/2023 stabilisce che le stazioni appaltanti richiedono i requisiti di partecipazione previsti esclusivamente dall’art. 100 stesso, dall’art. 102 d.lgs. 36/2023 o da leggi speciali;
  • l’art. 100, co. 3, del d.lgs. n. 36/2023 prevede “Fermi i necessari requisiti di abilitazione all’esercizio dell’attività professionale, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese”.

Ok a clausole territoriali se sono soltanto un requisito premiale

Al contrario, le clausole territoriali, disciplinate dal citato art. 108 co. 7, del d.lgs. n. 36/2023 - che definisce i criteri aggiudicazione degli appalti pubblici - sembrano essere esclusivamente previste quale requisito premiale, in quanto volte “a promuovere, per le prestazioni dipendenti dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione, l'affidamento ad operatori economici con sede operativa nell'ambito territoriale di riferimento” compatibilmente “con il diritto dell'Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità”.

In sintesi, spiega ANAC, il principio concorrenziale sembra prevalere rispetto al principio di prossimità ambientale (di cui le clausole territoriali sono un portato). Sicché, ove nell’ambito dell’evidenza pubblica sia necessario integrare i due principi, la clausola territoriale appare declinabile quale criterio premiale da valorizzare nell’ambito dell’offerta tecnica e non quale requisito di partecipazione.

Nel caso in esame, la disponibilità del sito di conferimento entro il raggio di 10 km previsto quale requisito di partecipazione, ha condizionato l’accesso alla procedura selettiva. Tale clausola appare illegittima e all’evidenza limitativa della concorrenza in quanto, come visto, nel rinnovato quadro normativo e sulla base della più recente giurisprudenza, la clausola territoriale pare poter assumere rilievo esclusivamente quale elemento premiale ai sensi dell’art. 108 co. 7 d.lgs. 36/2023. Infatti, anche laddove la stazione appaltante avesse voluto introdurre la clausola di territorialità quale requisito di partecipazione, la stessa sarebbe comunque illegittima in considerazione della sua lesività in concreto per la concorrenza.

Per altro non è comunque invocabile il principio di prossimità ambientale, di cui all’art. 181 d.lgs. 152/2006, in quanto le motivazioni sottese all’introduzione della clausola territoriale nella gara in esame sono, infatti, di natura esclusivamente economica e non costituiscono esplicazione di un interesse di natura ambientale ritenuto prevalente rispetto a quello concorrenziale.

Pertanto, anche in applicazione del principio di proporzionalità (richiamato dall’art. 3 d.lgs. 36/2023), la clausola territoriale non pare poter assumere rilievo come requisito di partecipazione, quanto piuttosto come requisito premiale (ex art. 108 co. 7 d.lgs. 36/2023).

Le conclusioni di ANAC

Pertanto, ANAC ha ritenuto la clausola in esame illegittima non solo sul piano astratto, nella misura in cui ha introdotto una oggettiva limitazione della concorrenza per ragioni diverse dalla tutela ambientale, ma anche sul piano concreto, nella misura in cui ha richiesto un requisito di partecipazione estremamente stringente nella piena consapevolezza di limitare la concorrenza a due soli operatori economici, nonostante la sussistenza di un mercato di riferimento estremamente vasto.

Di conseguenza, l'Autorità ha invitato la stazione appaltante ad annullare in autotutela gli atti di gara (bando, disciplinare di gara e atti conseguenziali medio tempore adottati, compresi i provvedimenti di aggiudicazione), raccomandando in sede di riedizione della gara che, in presenza di clausola territoriale, essa non va proposta come requisito di partecipazione, bensì quale elemento premiale dell’offerta tecnica, prevedendo comunque un punteggio proporzionato.

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