Codice Appalti 2023: un nuovo anno tra ricorrenze e proposte

Al centro del processo di riforma del Codice dei contratti e del nuovo ecosistema digitale si colloca la nuova figura del Responsabile Unico di Progetto (RUP)

di Daniele Ricciardi - 09/01/2024

Il primo gennaio ha segnato la piena entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici approvato il 31 marzo 2023 con il decreto legislativo n. 36. La rivoluzione copernicana chiamata “ecosistema digitale” è pienamente operativa, o quasi. In base agli investimenti pubblici e privati che sono stati e saranno realizzati nel corso dell'anno potremmo comprendere se effettivamente il sistema dei contratti pubblici italiano vivrà una nuova era.

La certificazione delle competenze del RUP

Al centro di questo ecosistema si colloca la figura del RUP. Il nuovo Codice ha dettato un cambiamento sostanziale, non soltanto prevedendo la centralità del “progetto” rispetto alla “procedura” di affidamento, ma riconoscendo il Responsabile unico quale principale conduttore della stazione appaltante ed interlocutore degli operatori economici per ogni appalto e concessione. Le norme sul RUP stabiliscono l'obbligo di formare il personale ma lasciano tuttavia ancora spazio alla possibilità di nominare funzionari privi di adeguate competenze. Il piano annuale della formazione del personale addetto ai contratti pubblici di forniture, servizi e lavori sarà il vero banco di prova per verificare la volontà delle stazioni appaltanti di garantire elevati standard negli affidamenti pubblici.

Ciò non significa che attualmente questa figura non sia già adeguatamente rappresentata tra le centinaia di migliaia di responsabili registrati sulla piattaforma dell’ANAC. Tuttavia la professionalizzazione richiede un intervento più incisivo con una certificazione delle competenze è l'attuazione del quadro europeo che molti paesi dell'Unione stanno già realizzando. Il RUP non può essere più un ruolo estemporaneo che si aggiunge ad altre mansioni. Le stazioni appaltanti devono individuare delle figure professionali ad hoc come di fatto in parte è già avvenuto per gli interventi PNRR. Il passaggio ad un albo nazionale potrebbe essere una conseguenza opportuna per garantire anche uno scambio vicendevole tra amministrazioni di personale necessario per gli affidamenti più complessi. La giornata nazionale del responsabile unico del progetto, indetta da ASSORUP per l'11 febbraio 2024, anniversario dell'approvazione della legge quadro sui lavori pubblici che introdusse questa nuova figura, sarà l'occasione per aggregare il maggior numero di professionisti degli appalti attorno all’esigenza di rivendicare più tutele e più incentivi.

Dieci anni di Autorità Nazionale Anticorruzione

Il 2024 si caratterizzerà inoltre per un altro importante anniversario, quello della costituzione dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, avvenuto attraverso la fusione dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici con la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CiVIT). Il decreto legge n. 90 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n.114, a distanza di dieci anni potrebbe meritare una certa revisione. È indubbio che l'ANAC, partendo da un compito di vigilanza sui contratti, ha assunto una funzione di controllo generale ed indagine sulla condotta delle pubbliche amministrazioni e dei funzionari pubblici, riducendo sensibilmente il ruolo di supporto per garantire buone pratiche nel settore. Persino il nome di Autorità Anticorruzione rende chiaro che il legislatore degli ultimi dieci anni si è concentrato su temi che sono ben lontani dal sostegno alle attività dei RUP arrivando implicitamente ad affermare che la PA va equiparata ad organizzazione criminale nella quale occorre infiltrare agenti sotto copertura (legge spazza corrotti n. 3/2019). L'Autorità non sembra in grado di gestire le numerose funzioni attribuite della legge che spaziano in tutto il settore pubblico quando ci si riferisce a trasparenza ed anticorruzione e si concentrano su un asset fondamentale del sistema paese gli appalti, quando è chiamata ad attuare la disciplina del nuovo Codice dei contratti.

Peraltro il modello di governance si mostra molto carente anche perché distribuisce le competenze di anticorruzione ad ANAC e della performance al Dipartimento della Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, mentre a livello normativo si richiede continuamente alle amministrazioni di gestire congiuntamente questi due aspetti fondamentali relativi all’organizzazione (oggi nel PIAO).

Superare il modello ANAC

In conclusione il settore dei contratti pubblici, che nel corso del 2023 ha visto una spesa superiore a 400 miliardi di euro e riguarda un mercato di operatori economici che producono quasi il 20% del PIL, non può essere “un di cui” delle attribuzioni di un’autorità. Appare quindi più che opportuno da parte del legislatore valutare una divisione in due ambiti distinti con la costituzione di un'Agenzia dei contratti pubblici (ACP) e un’Agenzia per l'integrità e la trasparenza nella pubblica amministrazione (AIT-PA). Da questa separazione di funzioni deriva inoltre un corollario fondamentale ossia riportare nel giusto ambito le attività di vigilanza e controllo amministrativo che devono essere innanzitutto affidate alle stesse stazioni appaltanti (mediante i nuclei di valutazione e il controllo di gestione) nonché agli enti che svolgono il compito di autorità di gestione nei finanziamenti comunitari. La scissione di ANAC non significa ridurre il peso ma semplicemente riequilibrare l'esigenza di un controllo che, sembra quasi ovvio ricordarlo, è già garantito dalla magistratura amministrativa, penale, contabile o può essere affidata anche ad un eventuale “Ombudsman” nazionale.

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