Codice Appalti 2023: i protagonisti tra nuove e vecchie definizioni

Chi sono i soggetti a cui potranno essere affidati gli appalti pubblici ai sensi del nuovo Codice dei contratti di cui al D.Lgs. n. 36/2023?

di Alessandro Boso - 17/05/2023

Il Codice Appalti 2023 pare aver allargato le maglie della legislazione precedente, introducendo un nuovo e più ampio concetto di operatore economico. Al tempo stesso sono state tracciate nuove definizioni di subappalto e consorzi, mentre è venuta meno la distinzione tra raggruppamenti orizzontali e verticali.

Un nuovo concetto di “operatore economico”

Rispetto alla precedente disciplina, nel Codice Appalti 2023 viene precisato che può configurarsi come operatore economico qualsiasi persona o ente, anche senza scopo di lucro, che, a prescindere dalla forma giuridica e dalla natura pubblica o privata, può offrire sul mercato, in forza del diritto nazionale, prestazioni di lavori, servizi o forniture corrispondenti a quelli oggetto della procedura di evidenza pubblica.

Si recepisce quindi una nozione molto ampia di appalto, in linea con la normativa comunitaria, che considera irrilevanti la forma e le modalità soggettive di realizzazione dei contratti pubblici, abbracciando tutta la gamma dei soggetti che potenzialmente possono prender parte ad una gara pubblica.

Pertanto: imprese, succursali, filiali, partenariati, società cooperative, società a responsabilità limitata, università pubbliche o private e altre forme di enti diverse dalle persone fisiche, Onlus, fondazioni di diritto privato, rientrano tutti nella nozione di operatore economico, indipendentemente dal fatto che siano «persone giuridiche» o meno.

La Corte di Giustizia UE, con la sentenza dell’11 giugno 2020, ha infatti precisato che “se, e nei limiti in cui, siffatti enti (enti che non perseguono finalità di lucro) siano autorizzati a offrire taluni servizi sul mercato, il diritto nazionale non può vietare a questi ultimi di partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici aventi ad oggetto la prestazione degli stessi servizi.”

Per fare un esempio, se un’associazione priva di personalità giuridica può operare, secondo l’ordinamento italiano, fra l’altro, nelle attività di “promozione della cultura e dell’arte” e in quelle connesse, nulla vieta alla stessa di partecipare ad una gara ad evidenza pubblica per aggiudicarsi la gestione di un Mercato comunale dell’Antiquariato e del Collezionismo (in tal senso Consiglio di Stato, sez. V, 15.03.2023 n. 2734).

Anche l’art. 66, che definisce gli operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria, fa propria l’ampia nozione comunitaria di operatore economico, che non tollera restrizioni neppure in considerazione dell’elevata professionalità richiesta agli offerenti, per garantire la qualità di tali servizi.

Vengono quindi comprese tra gli operatori economici figure che, secondo il diritto interno si differenziano dall’appaltatore e sono riconducibili agli artt. 2222 c.c., 2229 c.c. (prestatore d’opera e professionista intellettuale), ovvero soggetti che non sono imprenditori in senso civilistico perché non possiedono una stabile organizzazione imprenditoriale.

Ma questa ampia nozione di appalto non pare valere sempre e in ogni caso.

Chi può rivestire il ruolo di subappaltatore?

Si noti che la definizione di appalto torna a ricollocarsi in più ristretti confini quando si tratta di riaffidare a terzi parte dei lavori, dei servizi e delle forniture messi in gara.

L’art. 119 del d.lgs. 36/2023, infatti, diversamente dall’art. 105 del d.lgs. 50/2016, definisce il subappaltatore come un soggetto dotato di un’organizzazione imprenditoriale (la norma parla di organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio), ricordando la nozione di appalto di cui dell’art. 1655 c.c.

Pare quindi che l’affidamento di parte delle prestazioni o delle lavorazioni oggetto del contratto di appalto a terzi, non si dovrà configurare come subappalto laddove i terzi siano privi di un’organizzazione imprenditoriale.

Viene quindi da chiedersi se i prestatori d’opera (art. 2222 c.c.) e i professionisti intellettuali (art. 2229 c.c.), qualificatisi come operatori economici in sede di gara, potranno liberamente riaffidare ad altri professionisti le prestazioni oggetto del contratto principale.

Forse tale conclusione pare coerente con quanto stabilito dall’art. 2232 c.c.: “Il prestatore d'opera deve eseguire personalmente l'incarico assunto. Può tuttavia valersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l'oggetto della prestazione”.

Del resto, con la (teorica) eliminazione dei generali limiti quantitativi al subappalto, sarà la stazione appaltante a decidere, caso per caso, se, ed in che limiti, vietare il subappalto e il c.d. subappalto a “cascata”.

I consorzi “non necessari”

Nel nuovo Codice troviamo anche una nuova tipologia di consorzi: i consorzi c.d. “non necessari”.

Si tratta di una definizione mai utilizzata in passato e che comprende: i consorzi fra società cooperative, i consorzi tra imprese artigiane, i consorzi stabili e i consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria.

Forse la volontà iniziale era quella di prevedere, per tutti questi consorzi “non necessari”, un regime agevolato di qualificazione, attraverso l’istituto del “cumulo alla rinfusa”, che consente di utilizzare, ai fini della qualificazione, tanto i requisiti maturati in proprio dal consorzio stesso, tanto quelli delle imprese consorziate, seppure non indicate come esecutrici.

Ma, successivamente, con l’approvazione del testo definitivo del d.lgs. 36/2023, il beneficio del “cumulo alla rinfusa” è stato previso unicamente per i consorzi stabili e definitivamente escluso per gli altri tipi di consorzi.

Dobbiamo dunque rilevare che la nuova nozione di “consorzi non necessari” pare di poca utilità, visto che raggruppa soggetti che non sono sottoposti ad una disciplina unitaria.

I raggruppamenti tra imprese

Il nuovo Codice, non solo introduce nuove definizioni, ma ne elimina altre: nel d.lgs. 36/2023 non troviamo più le definizioni di “raggruppamento di tipo orizzontale” e “raggruppamento di tipo verticale”.

Si ricorda che:

  • nel raggruppamento verticale: il mandatario esegue le prestazioni di servizi o forniture indicati come principali anche in termini economici, i mandanti quelle indicate come secondarie;
  • nel raggruppamento orizzontale: gli operatori economici eseguono lo stesso tipo di prestazione, fermo restando che la mandataria deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria.

Dal 1° luglio 2023 si potranno costituire raggruppamenti di un tipo solo, ma non è solo una questione terminologica: i nuovi raggruppamenti saranno sempre caratterizzati dalla responsabilità solidale di tutti i soggetti raggruppati nei confronti della stazione appaltante, nonché nei confronti del subappaltatore e dei fornitori.

Il legislatore, con questa previsione, si è adeguato a quanto rilevato dalla Corte di Giustizia,   (Corte di giustizia UE, sez. IV, sentenza 28 aprile 2022, C-642/20, Caruter Srl), la quale  ha ritenuto ostativa alla corretta applicazione della direttiva appalti n. 2014/24/UE la disciplina nazionale contenuta nell’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016, che impone all’impresa mandataria del raggruppamento di eseguire le prestazioni “in misura maggioritaria” rispetto a tutti i membri del raggruppamento, vale a dire di eseguire la maggior parte dell’insieme delle prestazioni contemplate dall’appalto.

Questo significa che un operatore raggruppato, anche se si impegnerà ad eseguire unicamente una parte secondaria e marginale del contratto, potrebbe trovarsi a rispondere per l’intero appalto nei confronti della stazione appaltante.

Magra consolazione: anche i raggruppati non ancora costituiti ma “costituendi” vengono ricompresi nella definizione di operatori economici di cui all’art. 65!

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