Codice Appalti 2023: la revisione dei prezzi e la rinegoziazione del contratto

Dalla Giustizia Amministrativa l'approfondimento sul diritto alla rinegoziazione: la revisione dei prezzi e le modifiche dei contratti alla luce del D.Lgs. n. 36/2023

di Redazione tecnica - 21/06/2023

Il diritto alla rinegoziazione del contratto è un concetto di cui si è cominciato a sentire l'esigenza a partire dalla crisi pandemica, a seguito della quale i prezzi dei materiali sono cresciuti e il legislatore ha compreso l'importanza di tutelare la finalità di ogni attività d'impresa: il lucro.

La rinegoziazione nel nuovo Codice dei contratti

Si è, quindi, passati da norme di natura emergenziale ad una disciplina strutturale che si fonda sull’obbligo generale di rinegoziazione dei contratti pubblici squilibrati, da cui discendono anche l’obbligo delle clausole di revisione dei prezzi nei contratti di lavori, servizi e forniture e la nuova disciplina delle modifiche contrattuali (cd varianti).

Su questo argomento il portale della Giustizia Amministrativa ha pubblicato un interessante approfondimento a cura di Alessandra Pradella, Avvocato amministrativista, all'interno del quale ripercorre la disciplina dell’istituto della rinegoziazione nei contratti pubblici, contenuta nei seguenti articoli del D.Lgs. n. 36/2023:

Disposizioni entrate in vigore l'1 aprile scorso ma che potranno essere inserite nei contratti solo a partire dall'1 luglio 2023, data in cui il nuovo Codice dei contratti comincerà ad acquisire operatività.

Il diritto alla rinegoziazione del contratto: le 3 condizioni

L'avvocato Padrella evidenzia le 3 condizioni alla rinegoziazione del contratto, la cui sussistenza dovrà essere dimostrata dalla parte svantaggiata:

  1. non aver assunto volontariamente il rischio dell’evento sopravvenuto (es. l’aumento imprevedibile ed eccezionale del costo dell’energia);
  2. l’avvenimento sopravvenuto derivi da eventi straordinari e imprevedibili (inimmaginabili al momento della stipula);
  3. estraneità delle sopravvenienze all’alea contrattuale e alle normali fluttuazioni di mercato.

Relativamente alle modalità della rinegoziazione, queste sono puntualmente disciplinate all'art. 120, comma 8 del nuovo Codice che prevede:

  • nel caso in cui siano previste nel contratto clausole di rinegoziazione si applicherà la relativa disciplina;
  • nell’ipotesi in cui, invece esse manchino, la richiesta di rinegoziazione va presentata senza ritardo dalla parte svantaggiata (tipicamente l’impresa).

La presentazione della domanda di rinegoziazione non comporta automaticamente la sospensione dell'esecuzione del contratto che, come prevede l'art. 121 (sospensione dell'esecuzione) del D.Lgs. n. 36/2023, va valutata di volta in volta dall’amministrazione.

Il compito di istruire la pratica e provare a trovare un accordo spetta alla nuova figura del Responsabile Unico di Progetto il RUP entro un termine non superiore a 3 mesi.

Il principio di buona fede

Affinché la trattativa vada a buon fine, Pradella parla del "principio di buona fede", che significa che le parti "devono adottare comportamenti adeguati alle concrete circostanze, allo specifico contenuto contrattuale e alla qualificazione dei soggetti interessati, con proposte serie e sostenibili, che potranno investire tutti i contenuti del contratto: modalità della prestazione, tollerandone variazioni, durata, prezzo, ecc. L’utilizzo della clausola generale della buona fede non è casuale ma corrisponde ad una precisa tecnica legislativa (“per clausole generali”, contrapposta a quella per “fattispecie determinate”), di cui fa largo uso il Codice, per imporre alle parti la individuazione  della concreta regola di condotta corrispondente alla buona fede con riferimento al caso specifico, in linea con la nuova fiducia riposta nei contraenti e la valorizzazione dell’autonomia decisionale dei funzionari pubblici di cui all’art. 2 (“principio di fiducia”)".

L'accordo raggiunto tra le parti da vita ad un nuovo contratto che si sostituisce a quello originario e che deve, pertanto, essere sottoscritto dal dirigente o responsabile del servizio. Nel caso in cui le parti non pervengano ad un accordo entro un termine ragionevole (anch’esso da valutarsi di volta in volta, in base alle circostanze specifiche), la parte svantaggiata potrà rivolgersi al giudice per ottenere l’adeguamento del contratto all’equilibrio originario, fatta salva la responsabilità della parte inadempiente all’obbligo di rinegoziare in buona fede. Quindi per andare esenti da responsabilità non è sufficiente iniziare delle trattative ma condurle con serietà e motivare adeguatamente l’eventuale esito negativo.

I limiti legali dell’attività di rinegoziazione

Viene chiarito che l'attività di rinegoziazione non è completamente libera ma "soggiace alle forme del procedimento amministrativo, che ne consente il controllo da parte degli altri operatori economici e del giudice dato che il contratto pubblico, come ricordato poc’anzi, non tollera modifiche sostanziali, onde non ledere il principio della concorrenza (anch’esso fondante della nuova disciplina)".

Gli altri limiti legali dell’attività di rinegoziazione sono:

  1. il divieto di snaturare il contratto, apportandovi modifiche tali da far ritenere la stipula di uno nuovo;
  2. il ripristino dell’originario equilibrio del contratto e della sua sostanza economica, in considerazione degli atti della gara;
  3. il riconoscimento dei maggiori compensi all’appaltatore a valere sulle somme a disposizione nel quadro economico dell’intervento, alla voce imprevisti e accantonamenti e, se necessario, anche utilizzando le economie da ribasso d’asta (obbligo di invarianza finanziaria).

Le economie da ribasso d'asta

Al fine di poter far fronte ad eventuali rinegoziazioni, Pradella ricorda la Relazione al Codice dei contratti nella parte in cui il Consiglio di Stato mette in guardia le amministrazioni dall’utilizzo incondizionato delle economie da ribasso d’asta, che possono considerarsi definitivamente acquisite solo al momento del collaudo o dell’emissione del certificato di regolare esecuzione.

"La spendita anticipata di tali somme - conferma Pradella - potrebbe esporre l’amministrazione al rischio di non avere risorse disponibili per completare l’intervento nel caso, ad es., in cui non venisse ultimato dall’appaltatore o vi fossero vizi a cui porre rimedio. Pertanto, l’utilizzo di tali somme deve essere attentamente valutato dall’amministrazione, in relazione al caso concreto (es. con riferimento allo stato di avanzamento dell’opera) e adeguatamente motivato, onde evitare danni al bilancio pubblico e responsabilità erariali, trattandosi di una evenienza prevedibile per l’amministrazione, a maggior ragione dopo l’alert del Consiglio di Stato".

La revisione dei prezzi

L'art. 60 del nuovo Codice dei contratti introduce in modo strutturale l'istituto della revisione dei prezzi. Pradella chiarisce che le clausole per la revisione dei prezzi devono avere le seguenti caratteristiche:

  1. non devono apportare modifiche sostanziali al contratto;
  2. si applicano al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva, che determinano una variazione del costo della prestazione in più o meno superiore al 5% dell’importo complessivo dell’intervento, da determinarsi in base agli indici sintetici delle variazioni dei costi e dei prezzi dei lavori, servizi e forniture, approvati dall’Istat entro il 30 Settembre di ogni anno;
  3. coprono la variazione nella misura dell’80% della stessa.

Le clausole revisionali non attribuiscono all’appaltatore un diritto alla revisione dei prezzi ma l’interesse legittimo all’apertura di un procedimento tecnico discrezionale da parte della amministrazione, che deve valutare la sussistenza dei presupposti di legge per il suo riconoscimento.

Conseguentemente, le eventuali contestazioni sull’applicazione della clausola appartengono al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva e in ipotesi di inerzia dell’amministrazione è azionabile il relativo rito innanzi al giudice amministrativo. Qualora, tuttavia, il contenuto della clausola sia così preciso nell’an e nel quantum da escludere ogni margine di valutazione discrezionale, in tale ipotesi l’appaltatore vanterà un diritto soggettivo all’adempimento, tutelabile innanzi al giudice ordinario.

La modifica dei contratti in corso di esecuzione

L'art. 120 del nuovo Codice dei contratti contiene la disciplina delle modificazioni consentite nel corso dell’esecuzione del contratto (varianti), al di fuori dei casi disciplinati dalle clausole di rinegoziazione e di revisione dei prezzi.

Su questo articolo Pradella riporta un'analisi comma per comma evidenziando che sono ammesse le varianti non sostanziali che non alterano la struttura del contratto o l’operazione economica:

  • ai commi 1 e 2 sono individuate le modifiche consentite dal punto di vista qualitativo (es. quelle che sono previste in clausole chiare come quelle di opzione di rinnovo) e quantitativo (es. nel caso di necessità di lavori supplementari, questi ultimi non devono costare più del 50% dell’importo iniziale del contratto);
  • il comma 6 contiene l’elenco delle modifiche espressamente vietate dal legislatore (es. quelle che cambiano l’equilibrio originario del contratto);
  • al comma 7 quelle ammesse (es. soluzioni che, nel rispetto della funzionalità dell’opera, consentono risparmi sotto il profilo economico).

Anche le varianti debbano trovare copertura nelle somme a disposizione nel quadro economico onde evitare il rischio di ribassi eccessivi in corso di gara e il successivo ricorso abusivo alle modificazioni.

Le procedure di variante, al di fuori delle ipotesi di rinegoziazione del contratto, sono di competenza del RUP, che deve autorizzarle; le modifiche progettuali, invece, devono essere approvate dalla stazione appaltante su proposta del RUP (allegato II.14).

Conclusioni

Pradella conclude il suo approfondimento chiarendo che "le amministrazioni non devono temere la rinegoziazione dei contratti se la esercitano alle condizioni di legge e motivando adeguatamente le loro decisioni, essendo a ciò autorizzate anzi obbligate dalle nuove norme del codice e, d’altro canto, le imprese possono farne istanza consapevoli che essa potrà andare a buon fine solo nel rispetto dei limiti a cui è assoggettata dal legislatore. Qualora poi per tale via non fosse possibile arrivare al riequilibrio del contratto, a quel punto, potrebbero soccorrere le norme generali del c.c. che, rimaste sullo sfondo, riemergerebbero e consentirebbero il ricorso ai rimedi ordinari (la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione o per eccessiva onerosità; per mutuo consenso, ecc.)".

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