Codice Appalti 2023: la rinegoziazione del contratto e la revisione dei prezzi

Dalla Giustizia Amministrativa un nuovo contributo sul Codice Appalti 2023 sulla rinegoziazione del contratto e la revisione dei prezzi

di Redazione tecnica - 29/10/2023

Tra le novità più significative del D.Lgs. n. 36/2023 (Codice Appalti 2023) vi è certamente l'attenzione al principio di conservazione dell'equilibrio contrattuale mediante la rinegoziazione del contratto e la revisione dei prezzi.

Il principio di conservazione dell'equilibrio contrattuale

Un principio che trae le sue origini a seguito della crisi pandemica e che ha portato il legislatore prima a delle misure di natura emergenziale e poi all'inserimento di alcune disposizione volte a prendere in considerazione le influenze sul contratto da parte di "sopravvenienze atipiche".

Un principio inserito proprio nella parte iniziale del nuovo codice in cui all'art. 9, comma 1 viene disposto:

Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali. Gli oneri per la rinegoziazione sono riconosciuti all’esecutore a valere sulle somme a disposizione indicate nel quadro economico dell’intervento, alle voci imprevisti e accantonamenti e, se necessario, anche utilizzando le economie da ribasso d’asta.

Il contributo della Giustizia Amministrativa

L'argomento è stato oggetto di un interessante contributo pubblicato sul portale della Giustizia Amministrativa dal titolo "Rinegoziazione e rimedi manutentivi alla luce del nuovo codice dei contratti pubblici".

Proprio relativamente al comma 1 del citato articolo 9, si parla di "Un "diritto" alla rinegoziazione secondo buona fede, sebbene condizionato dai limiti sopra detti, cui corrisponde un "obbligo" della stazione appaltante a rinegoziare. Ed è questa la prima novità del Codice, perché porta il rapporto tra stazione appaltante e impresa esecutrice su un piano di parità".

Il successivo comma 2 dispone:

Nell’ambito delle risorse individuate al comma 1, la rinegoziazione si limita al ripristino dell’originario equilibrio del contratto oggetto dell’affidamento, quale risultante dal bando e dal provvedimento di aggiudicazione, senza alterarne la sostanza economica.

Su questo viene rilevato che "Il secondo comma specifica l’estensione massima della rinegoziazione, che non può alterare la sostanza economica del contratto, ma deve ripristinarne l’originario equilibrio, avuto riguardo al complesso degli atti alla base della costituzione del rapporto e con considerazione, quindi, anche del bando e del provvedimento di aggiudicazione, in linea con l’esigenza tutta pubblicistica che la revisione, ossia il risultato della rinegoziazione, non si risolva in un’elusione degli obblighi di evidenza pubblica".

Al comma 3 viene disposto:

Se le circostanze sopravvenute di cui al comma 1 rendono la prestazione, in parte o temporaneamente, inutile o inutilizzabile per uno dei contraenti, questi ha diritto a una riduzione proporzionale del corrispettivo, secondo le regole dell’impossibilità parziale.

Secondo l'autrice del contributo, Paola Patatini, "Il terzo comma disciplina l’ipotesi in cui la sopravvenienza renda in parte o temporaneamente inutile o inutilizzabile la prestazione per uno dei due contraenti, che ha il “diritto” ad una riduzione proporzionale del corrispettivo, secondo lo schema dell'art. 1464 cc (prima parte, non essendo prevista anche la possibilità di recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale), sul solco della soluzione giurisprudenziale adottata nella fase pandemica a fronte dell’inutilizzabilità per un lungo periodo dei locali commerciali oggetto di locazione, rendendo sostanzialmente inutile la prestazione resa dal locatore (Corte conti, Sez. riun. controllo, dec. 7/2021)".

Il comma 4 dispone:

Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono l’inserimento nel contratto di clausole di rinegoziazione, dandone pubblicità nel bando o nell’avviso di indizione della gara, specie quando il contratto risulta particolarmente esposto per la sua durata, per il contesto economico di riferimento o per altre circostanze, al rischio delle interferenze da sopravvenienze.

Secondo il contributo "Il quarto comma auspica l’inserimento nel contratto di clausole di rinegoziazione (le stazioni appaltanti o gli enti concedenti “favoriscono”), dandone pubblicità nel bando o nell’avviso di indizione, specie quando il contratto sia particolarmente esposto al rischio di interferenze da sopravvenienze. [è da attenzionare fin d’ora il diverso regime previsto per la revisione dei prezzi rispetto alle altre modifiche contrattuali: solo per la prima è infatti prevista l’obbligatorietà del loro inserimento, nei documenti di gara iniziali, rinviando al prosieguo per le ulteriori considerazioni]".

Infine, il comma 5 in applicazione del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale rinvia alle disposizioni contenute agli articoli 60 e 120.

Secondo l'autrice del contributo "l’indicazione fatta solo per questi due articoli è a mio avviso incompleta dovendo ricercarsi anche per le concessioni l’applicazione del principio in questione, attuato negli artt. 189 (modifica dei contratti durante il periodo di efficacia) e, in particolare, nel 192 (revisione dei contratti di concessione), sebbene con le peculiarità derivanti necessariamente dalla natura della concessione caratterizzata, non solo dall’assunzione del rischio in capo al concessionario, ma anche da forti connotazioni autoritative in capo all’ente concedente. L'art. 9 infatti, oltre a parlare genericamente in termini di “contratto” e “contraente”, si riferisce espressamente agli “enti concedenti”, di tal ché è ragionevole ritenere applicabile il principio anche alle concessioni, seppure con le precisazioni che si faranno".

Revisione prezzi: innovazione significativa?

Relativamente all'art. 60 del nuovo Codice sulla revisione dei prezzi, viene evidenziato come questa non è una vera novità nella contrattualistica pubblica, sebbene abbia subito negli anni una “evoluzione pendolare”.

Si è passati "da una generale regola dell’invariabilità del corrispettivo, fissata nella legge n. 2248/1865 All. F per gli appalti di lavoro, ad eccezionali meccanismi revisionali e compensativi nel dopo guerra, al “prezzo chiuso” previsto dalla Merloni (art. 26, legge n. 109/1994), accanto alla clausola di revisione dei prezzi obbligatoriamente prevista per i soli contratti ad esecuzione continuata o periodica di servizi e forniture (art. 115 Codice De Lise), fino all’art. 106 del d.lgs. n. 50/2016 che, nel disciplinare le modifiche dei contratti di appalto (lavori servizi e forniture) ha previsto la possibilità di inserimento di clausole di revisione nei documenti di gara".

La norma sancisce l’obbligatorietà dell'inserimento delle relative clausole all'interno dei documenti iniziali di gara. "Dette clausole non apportano modifiche che alterino la natura generale del contratto o dell’accordo quadro e si attivano al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva (non è richiesto il requisito della loro “imprevedibilità”, invece indicato nella legge delega, sicché possono applicarsi anche ai casi di evento prevedibile nell’an ma non nel quantum) che determinano una variazione del costo dell’opera, servizio o fornitura, in aumento o in diminuzione, superiore al 5% dell’importo complessivo e operano nella misura dell’80% della variazione stessa (valori che riprendono quelli della normativa emergenziale e sono ben più vantaggiosi rispetto a quelli previsti dal vecchio codice, all’art. 106, rispettivamente del 10 e 50 per cento)".

La nuova disciplina sostituisce quindi integralmente la corrispondente disposizione contenuta nell’art. 106 del d.lgs. 50/2016, comma 1 lettera a), che rimetteva alla scelta della stazione appaltante l’inserimento di simili clausole.

Al fine di rendere il meccanismo “autoesecutivo”, il comma 3 dell’art. 60 fissa "il meccanismo revisionale ad un sistema di indicizzazione, allo scopo di facilitare e renderne più rapida e “sicura” l’applicazione; si è pertanto fatto ricorso agli indici sintetici dell’ISTAT e in particolare a quelli di costo di costruzione, per i lavori, e agli indici dei prezzi al consumo, dei prezzi alla produzione dell’industria e dei servizi e agli indici delle retribuzioni orarie (come richiesto dalla legge delega) con riguardo ai contratti di servizi e forniture, periodicamente pubblicati dall’ISTAT, unitamente alla metodologia di calcolo, con l’obiettivo di renderli conoscibili e verificabili ex ante da parte di tutti gli operatori".

Le clausole revisionali

Relativamente alle clausole revisionale, viene evidenziato che ora l’inserimento delle clausole di revisione prezzi nei documenti di gara è obbligatorio. Ma cosa succede quando il bando nulla prevede? "Esclusa l'impugnazione immediata del bando per carenza di interesse - salvo ritenere che la mancata indicazione della clausola di revisione impedisca una consapevole formulazione dell’offerta - dovrebbe operare comunque un meccanismo di integrazione ex lege del contratto ex art. 1339 cc, trattandosi l’art. 60 di norma imperativa".

Modifica dei contratti in corso di esecuzione

Relativamente all'art. 120 del D.Lgs. n. 36/2023, questo tratteggia la disciplina della modifica dei contratti in corso di esecuzione, senza una nuova procedura di affidamento, fermo quanto previsto dall'art. 60 per le clausole di revisione dei prezzi.

Come evidenziato dall'autrice del contributo, l'art. 120 "riproduce, con alcune modifiche, l’art. 106 del decreto legislativo n. 50 del 2016, modificandone alcuni aspetti, a cominciare dalla rubrica".

Il principio generale in base al quale è possibile modificare il contratto senza una nuova procedura di gara è quello dell’immodificabilità dell’oggetto contrattuale, per cui la struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa devono rimanere inalterate.

Sono 5 le ipotesi di rinegoziabilità e di modifica del contratto, comunque subordinate all’autorizzazione del RUP:

  1. le modifiche previste nei documenti di gara iniziali in “clausole chiare precise e inequivocabili”, ferme restando le disposizioni di cui all’art. 1, comma 511, della legge n. 208/2015 per i contratti di servizi e forniture conclusi da soggetti aggregatori (co.1, lettera a) - tale previsione, relativa alla revisione dei prezzi per detta tipologia di contratti, avrebbe dovuto forse essere ricollocata nell’art. 60 che ora disciplina espressamente detto istituto;
  2. le modifiche per prestazioni supplementari, ove al contempo un cambiamento del contraente risulti impraticabile per motivi economici/tecnici, e comporti per la s.a. notevoli disagi o un sostanziale (non più “duplicazione”) incremento dei costi (comma 1, lettera b);
  3. le modifiche resesi necessarie per circostanze imprevedibili alla stazione appaltante, cd. varianti in corso d’opera, tra cui rientrano, come in passato, nuove disposizioni legislative, regolamentari o provvedimenti autoritativi (co.1, lettera c), sempre che per questa ipotesi, come pure per quella precedente, l’aumento di prezzo non ecceda il 50% del valore contratto iniziale [limitazione che deve valere anche in caso di più modifiche successive, cosicché non si eluda l’applicazione del Codice];
  4. modifiche di carattere soggettivo, previste per i tre casi individuati dalla norma stessa (lettera d);
  5. le modifiche de minimis, ovvero al di sotto dei valori di soglia fissati all’art. 14 e del 10 ovvero 15 per cento del valore inziale del contratto, rispettivamente, di appalto, o servizi e forniture (comma 3).

In via residuale sono poi sempre ammesse le modifiche non sostanziali a prescindere dal loro valore.

La modifica è sostanziale quando altera considerevolmente la struttura del contratto e l’operazione economica sottesa e, al comma 6, il Codice fornisce, come in passato, un elenco di condizioni al verificarsi delle quali la modifica deve ritenersi sostanziale, pertanto non ammessa.

Vi sono poi le modifiche “progettuali” (comma 7) che, laddove proposte dall’appaltatore, devono essere approvate dalla stazione appaltante, su proposta del RUP, e che sono sempre ammesse qualora trovino copertura nelle somme a disposizione nel quadro economico e non comportino aumenti di spesa purché mantengano la piena funzionalità dell’opera (in continuità con il principio di risultato).

Infine, la previsione del quinto d’obbligo (comma 9) che, diversamente dal precedente art. 106, permette alla stazione appaltante di richiedere l’esecuzione delle prestazioni aumentate o diminuite entro questa misura, alle condizioni del contratto originario, se stabilito nei documenti iniziali di gara. In tal caso, l’appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto. Diversamente dal passato, la chiara preferenza per il mantenimento del contratto originario è quindi condizionata alla preventiva previsione nei documenti di gara.

"Se quindi l’art. 120 ripropone, seppure con qualche modifica, il previgente regime, la sua novità deve essere ricercata nel comma 8 che contiene una disposizione di coordinamento col principio di necessaria rinegoziazione espresso nell’art. 9, sancendo che “il contratto è sempre modificabile ai sensi dell’art. 9 e nel rispetto delle clausole di rinegoziazione contenute nel contratto”, stabilendo poi la procedura da seguire nel caso in cui dette clausole non vi siano: la richiesta va presentata “senza ritardo” dalla parte svantaggiata al RUP. La domanda non comporta ex se la sospensione dell'esecuzione, che andrà quindi valutata volta per volta dall’amministrazione (ai sensi dell’art. 121). Al RUP spetta il compito di istruire la richiesta e formulare una “proposta di accordo” entro un termine non superiore a tre mesi. Entrambe le parti, nelle trattative devono conformarsi al generale principio di buona fede, che significa adottare comportamenti adeguati alle concrete circostanze, allo specifico contenuto contrattuale e alla qualificazione dei soggetti interessati, con proposte serie e sostenibili, che potranno investire tutti i contenuti del contratto: modalità della prestazione, durata, prezzo. Il richiamo alla buona fede deve leggersi alla luce della fiducia riposta nei contraenti con il nuovo Codice e alla valorizzazione dell’autonomia decisionale dei funzionari pubblici di cui all’art. 2 del codice".

"Il comma 8 inserisce quindi lo strumento consensuale nel quadro delle modifiche e delle varianti, che, infatti, ai sensi del comma 13, devono continuare ad essere autorizzate dal RUP. Pertanto, esso riguarderà tutte le ipotesi di sopravvenienze “atipiche”, intendendosi, non solo quelle che previste nelle apposite clausole ai sensi del comma 4, art. 9, ma più in generale quelle “circostanze straordinarie e (appunto) imprevedibili” di cui al comma 1, dello stesso articolo, per le quali il legislatore non ha già previsto il rimedio della modifica contrattuale ex art. 120 («è sempre modificabile “ai sensi dell’art. 9”»)".

Viene evidenziato che "L'eventuale accordo raggiunto all’esito della rinegoziazione dà luogo ad un nuovo contratto, che sostituisce quello originario. Nel caso in cui le parti non pervengano ad un accordo entro un termine ragionevole (anche esso da valutarsi volta per volta), la parte svantaggiata potrà rivolgersi al giudice per ottenere l’adeguamento del contratto all’equilibrio originario, fatta salva la responsabilità della parte inadempiente all’ “obbligo di rinegoziazione in buona fede” - espressione che rafforza la previsione corrispondente al simmetrico “diritto” dell’altra parte svantaggiata".

Il cambio di prospettiva del nuovo Codice

Il cambio di rotta con il nuovo Codice è visibile perché mentre prima la rinegoziazione era rimessa unicamente al potere discrezionale riconosciuto all’amministrazione, ora è un obbligo la cui inosservanza determina una responsabilità in capo alla stessa.

"L'obbligazione di rinegoziare è stata inquadrata come un’obbligazione di risultato, e non di mezzo, sicché l'intervento del giudice potrebbe concretizzarsi in un intervento di tipo sostitutivo nell’individuazione del risultato, sino ad arrivare, per alcuni, ad una pronuncia ex art. 2932 cc, salvo interrogarsi sulla fattibilità in concreto di tale rimedio, atteso che il giudice non avrebbe a disposizione - specialmente nel caso di mancata previsione di clausole di rinegoziazione - dei parametri per ricostruire ex post la volontà originaria delle parti".

Rinegoziazione e tutela della concorrenza

L'autrice del contributo risponde alla domanda: Come si concilia infine la previsione di un obbligo di rinegoziazione con le esigenze di trasparenza e tutela della concorrenza?

"L'art. 120, al comma 14, prevede la pubblicazione sulla GUUE a cura della s.a. delle modifiche del contratto avvenute nelle ipotesi di cui al comma 1, lettere b) e c) (prestazioni supplementari e varianti in corso d’opera). Per tutte le modifiche del contratto devono poi osservarsi gli oneri di comunicazione e trasmissione all’ANAC, a cura del RUP, previsti dall’Allegato II.14, la cui inosservanza è fonte di sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’art. 222, comma 13. Solo per le varianti in corso d’opera, laddove l’ANAC ne accerti l’illegittimità, l’Autorità esercita i poteri di vigilanza e controllo di cui all’art. 222.

"Ciò significa che il mancato rispetto delle regole sulla par condicio e sulla trasparenza è innanzitutto presidiato da meccanismi di controllo e vigilanza, sia europei sia nazionali. In secondo luogo, vi è sempre la possibilità di ricorrere al giudice per denunciare la violazione dei limiti posti alla modificabilità del contratto, da parte delle imprese non aggiudicatarie o addirittura estranee alla gara per non avervi partecipato.

Se mancano i presupposti dell’art. 120 e vi è comunque stata una modifica contrattuale (sostanziale) senza nuova gara, si verifica di fatto un illegittimo affidamento diretto, la cui contestazione, pur attenendo ad una vicenda esecutiva, rientra nel contenzioso sulle procedure di affidamento, di spettanza della giurisdizione esclusiva del g.a., vantando l’operatore che ricorre un interesse pretensivo alla corretta esplicazione delle condizioni concorrenziali di accesso alla gara (in tal senso anche Cass SSUU 28211/2019).

La giurisdizione sulle vicende modificative del contratto viene quindi “spezzata” a seconda che la lite sia instaurata dalla parte contraente, spettando questa al g.o., ovvero dal terzo estraneo rispetto al contratto, e quindi g.a., per il quale dovrà poi valutarsi la legittimazione ad agire (solo se è partecipante non aggiudicatario, oppure del tutto estraneo alla gara purché provi che alle nuove condizioni avrebbe partecipato)".

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