Codice dei contratti 2023: nuove regole improntate su risultato e fiducia

Tra i principi generali del Decreto Legislativo n. 36/2023 (Codice dei contratti), i primi due sono quelli che impattano di più sull'attività delle stazioni appaltanti

di Gianluca Oreto - 19/04/2023

Chi negli ultimi anni ha avuto modo di analizzare le norme che regolano il comparto dell'edilizia pubblica e privata, ha sempre avuto di fronte apparati normativi altamente prescrittivi. La logica è sempre stata quella di lasciare sempre meno spazio alla discrezionalità, fornendo indicazioni puntuali su chi deve fare cosa, come e perché.

Nuovo Codice dei contratti: un cambio di paradigma

Gli operatori del settore (pubblici e privati) hanno sempre operato come artisti a cui non viene lasciato alcun margine di interpretazione. Ogni "dipinto" veniva trattato come un'opera ben definita nelle dimensioni, colori, proporzioni, costi, soggetti ed eventuali sanzioni in caso di sbavatura.

La nuova disciplina sui contratti pubblici di cui al Decreto Legislativo n. 36/2023, abbandonando completamente la filosofia che aveva ispirato il legislatore del D.Lgs. n. 50/2016, attua un paradigma differente che, sulla logica ispirata dalla Commissione che lo definito (il Consiglio di Stato), si basa su quelli che sono i principi indicati nel Libro I, Parte I, Titolo I del nuovo Codice dei contratti: i principi generali.

Per la prima volta dopo tanto tempo gli operatori (tutti) si trovano una normativa che, pur rientrando nel diritto amministrativo, comincia ad assumere una sua dignità che non può prescindere dai primi 11 articoli del nuovo Codice, il cui obiettivo principale non è fare "gare" ma eseguire "opere". Il tutto mettendo in risalto l'autonomia discrezionale delle stazioni appaltanti (soprattutto nel sottosoglia) e valorizzando la loro qualificazione. Una maggiore libertà che viene compensata da un nuovo sistema di qualificazione (che entrerà in vigore a partire dal 2024).

I principi chiave del nuovo Codice dei contratti

Ecco gli 11 principi chiave, che possono essere considerati il nuovo quadro che gli operatori dovranno riempire e da cui discende l'applicazione del nuovo Codice:

  • Art. 1. (Principio del risultato)
  • Art. 2. (Principio della fiducia)
  • Art. 3. (Principio dell’accesso al mercato)
  • Art. 4. (Criterio interpretativo e applicativo)
  • Art. 5. (Principi di buona fede e di tutela dell’affidamento)
  • Art. 6. (Principi di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale. Rapporti con gli enti del Terzo settore)
  • Art. 7. (Principio di auto-organizzazione amministrativa)
  • Art. 8. (Principio di autonomia contrattuale. Divieto di prestazioni d’opera intellettuale a titolo gratuito)
  • Art. 9. (Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale)
  • Art. 10. (Principi di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione)
  • Art. 11. (Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore. Inadempienze contributive e ritardo nei pagamenti)

Come indicato dal Consiglio di Stato nella relazione illustrativa dello schema di Decreto Legislativo inviato al Governo (che lo ha in parte modificato), "Il ricorso ai principi assolve, inoltre, a una funzione di completezza dell’ordinamento giuridico e di garanzia della tutela di interessi che altrimenti non troverebbero adeguata sistemazione nelle singole disposizioni. Così, ad esempio, il principio del risultato (art. 1) è destinato ad operare sia come criterio prioritario di bilanciamento con altri principi nell’individuazione della regola del caso concreto, sia, insieme con quello della fiducia nell’azione amministrativa (art. 2), come criterio interpretativo delle singole disposizioni. I principi di solidarietà e sussidiarietà orizzontale (art. 6) perimetrano il campo di applicazione del codice consentendo, alle condizioni stabilite, l’affidamento diretto di servizi sociali agli enti del terzo settore".

In questo approfondimento ci soffermeremo sui primi 2 principi del nuovo Codice.

Il principio del risultato

L'obiettivo del principio del risultato è, come scritto nella relazione illustrativa del Consiglio di Stato, favorire l'affidamento e l'esecuzione del contratto "con la massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, sempre nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza, che vengono espressamente richiamati".

Interessanti sono le considerazioni del Consiglio di Stato che, prendendo come riferimento il diritto U.E. e la Costituzione, comprende l'importanza non solo della concorrenza ma di quella che viene teorizzata come "amministrazione del risultato". "Il risultato si inquadra nel contesto della legalità e della concorrenza: ma tramite la sua codificazione si vuole ribadire che legalità e concorrenza da sole non bastano, perché l’obiettivo rimane la realizzazione delle opere pubbliche e la soddisfazione dell’interesse della collettività. Questa “propensione” verso il risultato è caratteristica di ogni azione amministrativa, perché ogni potere amministrativo presuppone un interesse pubblico da realizzare.

Assume particolare rilevanza il comma 4 dell'art. 1 che, coerentemente con il principio della fiducia di cui all'art. 2, valorizza il raggiungimento del risultato come elemento da valutare, in sede di responsabilità (amministrativa e disciplinare), a favore del personale impiegato nei delicati compiti che vengono in rilievo nella “vita” del contratto pubblico, dalla programmazione fino alla sua completa esecuzione.

"Lo scopo -rileva il Consiglio di Stato - è quello di contrastare, anche attraverso tale previsione, ogni forma di burocrazia difensiva: in quest’ottica si “premia” il funzionario che raggiunge il risultato attenuando il peso di eventuali errori potenzialmente forieri di responsabilità. La lettera b) del comma 4 specifica, nella stessa ottica, che il risultato rappresenta anche criterio per l’attribuzione e la ripartizione degli incentivi economici, rimandano alla naturale sede della contrattazione collettiva per la concreta individuazione delle modalità operative".

Il principio della fiducia

Nell'ottica di valorizzare il ruolo delle stazioni appaltanti, l'art. 2 codifica il principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici. Ed è su questo principio che si attua il vero cambio di rotta della nuova normativa che elimina il clima del "sospetto" che ha ispirato il legislatore del 2016, che non ha mai potuto completare la sua riforma a causa di una "esplosione" e stratificazione di norme di dettaglio, alcune delle quali mai emanate.

L'idea del nuovo legislatore è eliminare la “paura della firma” e la “burocrazia difensiva”, ovvero le principali fonti di inefficienza, immobilismo e, quindi, di ostacolo al rilancio di una pubblica amministrazione che vuole diventare (finalmente) dinamica ed efficiente.

Come chiarito dal Consiglio di Stato "Non si tratta, allora, di “regalare la fiducia” a funzionari che non la meritano, né tanto meno di incidere sull’intensità del sindacato giurisdizionale. Si tratta, al contrario, di dettare una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Il raggiungimento di questo risultato implica il superamento di ogni forma di inerzia e l’esercizio effettivo della discrezionalità di cui la P.A. dispone. Ciò presuppone la fiducia dell’ordinamento giuridico sulle scelte compiute dalla P.A., alla quale, in assenza di detta fiducia, non si attribuirebbe il potere. Ogni conferimento di potere (specie se di natura discrezionale) presuppone, infatti, la fiducia dell’ordinamento giuridico verso l’organo destinatario dell’attribuzione: esplicitare a livello normativo questo presupposto culturale e giuridico promuove il senso di appartenenza dell’Amministrazione allo Stato-comunità, scongiura l’inerzia, valorizza le capacità e orienta verso il rispetto della legalità sostanziale".

In tal senso agisce il comma 3 che prova a delimitare il concetto di "colpa grave" mettendo nero su bianco che "Non costituisce colpa grave la violazione o l’omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti". Una formulazione che come ammesso dal Consiglio di Stato codifica "il diritto vivente formatosi nell’ambito delle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti".

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