Codice dei contratti e procedure in deroga: interviene il TAR

Il TAR Sicilia si esprime sul mancato utilizzo delle procedure semplificate emergenziali previste dal Decreto Legge n. 76/2020 (c.d. Decreto Semplificazioni)

di Pier Luigi Girlando - 05/06/2021

Recita l’art. 15 delle Preleggi: “Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore”.

Procedure in deroga: interviene il TAR Sicilia

Su tale disposizione è incentrata, in parte, la sentenza del TAR Sicilia Palermo n. 1536 del 14.5.2021, con cui si chiarisce che le stazioni appaltanti non sono obbligate a ricorrere alle norme derogatorie sancite dal DL 76/2020 (cd “Decreto Semplificazioni”) preferendo sostanzialmente affidamenti diretti o procedure negoziate alle procedure ordinarie.

Tre i punti salienti della sentenza del Tribunale amministrativo siciliano. il primo punto si concentra sul collegamento funzionale tra l’oggetto dell’appalto (servizio di ripristino stradale) e il fine perseguito dal DL 76/2020. Il collegio considera che: “la normativa invocata dalla parte sulle deroghe previste dall’art. 1, comma 1, del D.L. n. 76/2020, non possa trovare applicazione in specie. Ed invero, la norma in questione, apertis verbis, prevede la possibilità di un affidamento diretto "al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte a le ricadute negative" dell'emergenza COVID. Sotto tale profilo, ha buon gioco la parte resistente nel rilevare che il “servizio di ripristino stradale”, oggetto del presente contenzioso, non comporti "investimenti pubblici", tanto che la gara non prevede costi per l’Amministrazione; non afferisce al settore delle "infrastrutture e dei servizi pubblici" e non ha alcun impatto sulle ricadute delle emergenza COVID”. Allora la possibilità di avvalersi delle procedure di affidamento diretto si configurerebbe solo laddove l’appalto avesse un effettivo riscontro con investimenti legati alle infrastrutture e dei servizi, o all’impatto sulle ricadute della emergenza pandemica. In assenza di tali presupposti verrebbe meno, quindi, la ragione stessa di sfruttare la normativa derogatoria.

Inoltre aggiunge il TAR: “l'affidamento diretto non costituisce il modulo procedimentale sottosoglia al quale le stazioni appaltanti debbano obbligatoriamente fare ricorso”.

In più: “Per altro, non revocando o sospendendo la disciplina ordinaria, la norma in rilievo non ha inteso conculcare la scelta delle amministrazioni pubbliche di operare mediante la disciplina ordinaria dell’evidenza pubblica con gare aperte in luogo dell’affidamento diretto”.

La conseguenza della deroga

Pertanto, se di deroga si tratta, la conseguenza è una sospensione dell’efficacia, una provvisoria disapplicazione e non una abrogazione con conseguente cessazione degli effetti. Non pochi dubbi. Tuttavia, erano sorti con l’entrata in vigore del D.L. n. 76/2020, complice la scelta semantica del legislatore della semplificazione: l’uso dell’indicativo presente – con un inequivocabile valore imperativo nel lessico del diritto - indurrebbe, infatti, a credere che tali disposizioni possano essere obbligatorie. Chiarificatrice, dunque, la sentenza in questione, che conferma un orientamento che in “tempi non sospetti” già qualche interprete era riuscito a cogliere, nel silenzio generale degli operatori di settore.

L'opportunità delle procedure ordinarie

Rimane l’opportunità di motivare la scelta di adottare le procedure ordinarie, scelta che non ha nulla a che vedere però con la legittimità degli atti di gara, ma solo quello di porre al riparo il Responsabile Unico del Procedimento da eventuali responsabilità per danno erariale conseguenti ad una dilatazione dei tempi per giungere all’aggiudicazione della commessa pubblica.

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