Condomini e bonus fiscali: occhio alle spese ammissibili

A volte si dà per scontato che le “parti comuni” condominiali (vani scala, pianerottoli, sottotetti, etc) siano realmente tali. Ma non è sempre detto che sia così

di Cristian Angeli - 04/07/2023

Chi si occupa di edilizia agevolata, di condomini in particolare, sa bene quanto sia importante il corretto inquadramento delle parti che costituiscono l’edificio. Parti comuni e parti di proprietà esclusiva possono beneficiare infatti di autonomi massimali di spesa, in alcuni casi cumulabili tra loro e in altri no.

Parti comuni: da chi sono inquadrate?

Né i decreti e né le circolari dell’Agenzia delle Entrate richiedono un elaborato o una dichiarazione che individui chiaramente, sotto la responsabilità di un tecnico, quali sono le parti da considerarsi comuni e quali da considerarsi private, tuttavia un errore nella loro individuazione può costare caro, potendo generare crediti fiscali non spettanti o addirittura inesistenti, con conseguenti responsabilità per il contribuente e per i professionisti.

Guai allora a dare per scontato che una scala, un pianerottolo, un lastrico solare, siano condominiali. Possono esserlo nella generalità dei casi, ma possono anche non esserlo o possono esserlo parzialmente, ovvero appartenere solo a un gruppo ristretto di condòmini.

Parti comuni e parti private

Come noto non esiste una definizione ufficiale di “parti comuni condominiali”. L’art. 1117 del CC fornisce una descrizione generica “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo…”, a cui segue una elencazione parziale.

L’art. 1117 suggerisce quindi una regola “inversa” per individuarle in modo inequivoco. Dalla locuzione “se non risulta il contrario dal titolo” si deve intendere che, dato un condominio, per individuare le parti che sono comuni non basta osservare chi le utilizza, ma bisogna eseguire una sorta di sottrazione dal “totale” (ovvero dall’intero edificio), delle parti coperte da un titolo che ne dimostra la proprietà esclusiva.

Così facendo, ovvero partendo da una verifica preventiva dei titoli di proprietà, si evita l’errore (grave sotto il profilo fiscale) di includere nel plafond di spesa riservato alle parti comuni alcune porzioni che, per un motivo o per un altro, risultano di proprietà esclusiva.

Esempio tipico le parti terminali del vano scala. Può succedere che il vano sottoscala o l’ultimo pianerottolo, soprattutto in edifici datati, a seguito di utilizzo esclusivo perdurante nel tempo da parte di qualche condòmino, siano stati oggetto di trascrizioni “a favore” di un singolo, sottraendoli così dal quadro della comunione condominiale. Oppure può succedere che siano stati usucapiti da una persona fisica o da un gruppo limitato di condòmini che li hanno utilizzati per più di vent’anni con modalità tali da escludere il godimento degli altri, senza che sia mai intervenuta alcuna diffida. Anche in tal caso viene meno la loro natura di “parti comuni” e, trattandosi spesso di beni di modesto valore, non è detto che tali variazioni siano state aggiornate in catasto.

Come fare a capire se una parte è davvero “comune”

Alla luce di quanto sopra è giusto chiedersi quali siano gli elementi documentali e le verifiche fattuali che consentono di affermare con certezza che una parte di un edificio in condominio è in proprietà esclusiva o è comune ai condòmini (o ad un gruppo di essi). Come detto occorre risalire ai titoli di proprietà e l’unico modo è svolgere una visura presso la Conservatoria dei Registri immobiliari.

Non fanno testo sicuramente le situazioni di fatto, ovvero quelle in cui un condomino si impossessa abusivamente di una parte dell’edificio. Non fanno testo eventuali liti in corso per definire le appartenenze, nemmeno se supportate da lettere di avvocati. Servono titoli di proprietà e serve che siano trascritti. Pertanto non bastano le visure catastali, che possono tranquillamente rappresentare una realtà diversa e priva di valore in diritto.

Cosa avviene in caso di errore

In caso di verifiche fiscali i condòmini che hanno beneficiato delle detrazioni, laddove vi siano dubbi sulla proprietà di alcune porzioni dell’immobile, sono tenuti a dimostrare che gli interventi hanno interessato le parti comuni del fabbricato.

Laddove una parte sia stata considerata comune quando invece risulta privata (o viceversa ovviamente), potrebbe accadere che il plafond di spesa riservato all’una o all’altra venga sforato. In tali fattispecie il corrispondente credito fiscale derivante dai lavori, se utilizzato per detrazioni o se ceduto a terzi, risulterebbe ingiustificato e quindi con buona probabilità “inesistente” per le Entrate, poiché:

  1. risulterebbe mancante il presupposto costitutivo;
  2. l'inesistenza non sarebbe riscontrabile con controlli automatizzati.

Ciò si traduce in sanzioni salatissime (fino al 200%) e conseguenze anche sul piano penale, quindi occorre muoversi con la massima attenzione.

Chi è in dirittura d’arrivo con i lavori, avendo magari già fatto uno o due SAL, di fronte al dubbio (se fondato) di avere commesso qualche errore, non deve escludere di correggere il tiro anche su situazioni pregresse, purché non sia già stata fatta l’ultima comunicazione di cessione dei crediti.

Per chi i lavori li deve ancora iniziare è consigliabile svolgere tutte le possibili verifiche, affidandosi a professionisti esperti ai quali è opportuno chiedere una perizia sullo stato di fatto dell’immobile prima dell’avvio dei lavori.

A cura di Cristian Angeli
ingegnere esperto di detrazioni fiscali applicate all’edilizia
www.cristianangeli.it

© Riproduzione riservata