Condominio: il solaio interno alla singola unità è parte comune?

Di regola le spese di manutenzione del solaio si ripartiscono tra i proprietari dei due piani che divide. Tutto cambia, però, se questo svolge una funzione portante dell’intero edificio

di Cristian Angeli - 24/11/2023

All’interno di un condominio, sono tutti i singoli condòmini a dover pagare per il rifacimento delle parti comuni, in ragione dei propri millesimi di proprietà. Si tratta di una procedura nota a tutti, più o meno esperti del settore.

Per quanto, però, tale principio possa sembrare ovvio e “assodato”, esso porta con sé una serie di zone grigie, proprio in ragione del fatto che non sempre la distinzione tra una parte comune e una privata, di proprietà esclusiva del singolo, è limpida e mette tutti d’accordo.

Quello dei solai, in tal senso, è un caso emblematico.

Apparentemente, infatti, la soluzione è a portata di mano: è lo stesso Codice Civile, al suo art. 1125, a dirci che i solai (così come i soffitti e le volte) sono sì parti comuni, ma solo dei soggetti proprietari delle due unità immobiliari tra le quali si colloca la struttura. Siamo di fronte a una presunzione legale di comproprietà “parziale”, che non investe cioè l’intera compagine condominiale. Alla norma richiamata, chiaramente, segue un lungo elenco di pronunce giudiziarie (moltissime di Cassazione) che impongono ai due proprietari (quello del piano di sopra e quello del piano di sotto) di pagare “a metà” le spese relative al solaio.

Eppure, anche di fronte a un quadro a prima vista “consolidato”, rimane necessario verificare sul piano tecnico-edilizio la reale natura del solaio e dell’intervento da eseguire. La manutenzione delle strutture che, di fatto, “reggono” l’intero edificio, grava infatti sulle spalle dell’intero condominio e non è detto che il solaio svolga funzione portante solo di sé stesso. Se i lavori, poi, interessano l’intero elemento di separazione (si pensi a una sostituzione), essi non potranno che interessare anche le travi e ripercuotersi sulla stabilità del fabbricato, di interesse comune a tutti i condòmini.

Le parti comuni condominiali

Ciò che rende tale un condominio è la compresenza, al suo interno, di parti c.d. private la cui proprietà è esclusiva (nel senso di escludere tutti gli altri) e parti la cui proprietà è comune (perché servono a tutti, nessuno escluso). Sulle parti comuni, ogni singolo condòmino vanta un diritto di proprietà non esclusivo, vale a dire di “comunione”, che sorge in relazione alle zone specificamente individuate dall’art. 1117 C.C.: “1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti […]; 2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune […]; 3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne […]”.

Si tratta di un elenco non esaustivo, ma dichiaratamente “aperto”. A questo, dunque, è possibile aggiungere tutti quegli elementi che svolgono le funzioni comuni richiamate dall’art. 1117. Ad esempio, per lungo tempo la giurisprudenza ha considerato parti comuni i pilastri e le travi portanti, poi effettivamente inseriti nella lista del Codice Civile dal legislatore con la L. 220/2012. La legge, infatti, conosciuta come “riforma del condominio”, ha disposto con il suo art. 1 l’integrale sostituzione dell’art. 1117 c.c. con quello attualmente vigente, che fornisce una definizione più articolata di parti comuni, aggiungendo all’elenco, come detto, le travi e i pilastri portanti, ma anche le facciate, i parcheggi, i sottotetti e gli impianti di ricezione.

Il legislatore ha così, inequivocabilmente, posto l’accento sull’utilità statica di certi elementi: ciò che svolge una funzione portante dell’intero edificio (come appunto pilastri e travi portanti), è di tutti, e tutti devono concorrere a conservarlo, ripararlo o sostituirlo. In tal senso, la riforma del condominio risulta del tutto coerente con l’orientamento di Cassazione che individua come elemento determinante della comunione dei beni in condominio la loro relazione di accessorietà strumentale e funzionale a tutte le proprietà esclusive, tale per cui è bene comune ciò il cui godimento risulta funzionale al godimento dei beni di proprietà esclusiva, che in assenza del primo non risultano godibili (Cassazione, sentenza n. 4973/2007). Insomma, sarebbe arduo ritenere parte di proprietà esclusiva un solaio incorporato nella struttura portante dell’edificio, essenziale per l’esistenza stessa (e la sicurezza) della costruzione.

La proprietà dei solai

Come accennato, l’art. 1125 c.c. regola espressamente la manutenzione e la ricostruzione di soffitti, volte e solai, determinandone la ripartizione delle spese. In particolare, queste “sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto”.

Dunque, sembra indiscutibile che i lavori sul solaio non interessino la generalità dei condòmini. In tal senso, la giurisprudenza è un monolite: non si contano le pronunce che impongono la divisione delle spese sul solaio solo tra i condòmini proprietari dei due piani. Tra le altre, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 24266/2018, ha ribadito che “il solaio esistente, che separa il piano sottostante da quello sovrastante di un edificio appartenente a proprietari diversi, deve ritenersi, salvo prova contraria, di proprietà comune dei due piani perché ha la funzione di sostegno del piano superiore e di copertura del piano inferiore”. Una tale argomentazione si è spinta al punto di considerare necessario, nel caso in cui uno dei due proprietari non ritenga di avere alcun dovere di contribuire alle spese, che quest’ultimo dimostri l’integrale responsabilità dell’altro. Con sentenza n. 6398/1999, infatti, la Cassazione ha spiegato che “il condomino del piano sottostante che agisce nei confronti del condomino del piano di sopra per il risarcimento dei danni al suo solaio deve dimostrare, ai sensi dell'art. 2043 c.c., che essi dipendono da fatti imputabili a quest'ultimo, altrimenti dovendosi ripartire in parti uguali le spese per la riparazione di esso, ai sensi dell'art. 1125 c.c.”.

La giurisprudenza sul contributo del solaio sulla stabilità

Dunque, del solaio rispondono i due comproprietari parziali. Tuttavia, come detto, tutto ciò che rende “stabile” l’edificio, dal punto di vista tecnico, è responsabilità dell’intera compagine condominiale ed è per questo che la stessa giurisprudenza (già prima dell’introduzione nell’art. 1117 c.c. di pilastri e travi portanti) ha fornito anche una risposta alternativa alla questione dei solai.

In generale, è necessario distinguere due casi: quello in cui il solaio sia una struttura che “regge” solo sé stessa (risolto nelle aule di giustizia come sopra illustrato) e quello in cui esso sia invece un elemento portante anche dell’intera costruzione. Quest’ultima non rappresenta un’ipotesi irrealistica, tanto che già nel lontano 1988 la Corte d’Appello di Milano aveva deciso per la partecipazione di tutti i condomini alle spese di manutenzione del solaio, spiegando, con la sentenza n. 457/1988, che “le spese per la manutenzione e la ricostruzione dei solai, inerenti ad interventi che concernano il corpo di fabbrica interessato nelle sue strutture comuni, non si ripartiscono in parti uguali fra i proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti”. Le strutture comuni cui fa riferimento il giudice, sono appunto quelle portanti, e se il solaio fa parte di queste, insomma, non avrebbe senso che ne rispondano solo due dei condòmini.

Nello stesso senso ha ragionato anche la Corte di Cassazione, emanando la più recente sentenza n. 10684/2011. Con questa pronuncia, la suprema corte ha in realtà rigettato la domanda circa l’affermazione della comproprietà del solaio a tutti i condòmini, optando per l’imporre ai due proprietari il pagamento delle relative spese, ma la motivazione su cui poggia tale soluzione è proprio che la struttura del solaio non “reggeva” l’edificio. Infatti, si legge nella sentenza che “le riscontrate lesioni alle travi di sostegno del solaio dell'appartamento del detto condomino comportavano rischi limitatamente alla proprietà esclusiva dello stesso (ossia delle due unità immobiliari poste in comunicazione) senza interessare in alcun modo la staticità e la sicurezza dell'intero fabbricato”. Ragionando “a contrario”, dunque, si può concludere che se invece il solaio interessa la staticità e la sicurezza dell’intero stabile, questo è una parte comune, il cui dovere di manutenzione grava su tutti i condòmini.

L’importanza di una valutazione tecnica

Alla luce di quanto sino a qui esposto, risulta evidente che non vi è una risposta univoca e sempre valida alla domanda sulla proprietà comune o meno dei solai in condominio. Di volta in volta, cioè, sarà necessario verificare il contributo di tale struttura alla stabilità dell’intero immobile, caso nel quale, lo abbiamo visto, tutti i condòmini devono pagare.

La verifica da mettere in atto risulta particolarmente delicata, in quanto l’equilibrio strutturale dipende da una molteplicità di fattori che si intrecciano tra loro. Se per le costruzioni più recenti la legge impone ai progettisti di effettuare valutazioni numeriche su materiali, dimensioni e carichi agenti, fino a pochi decenni fa la costruzione di un edificio – figurarsi la sua modificazione –  non imponeva di interpellare un ingegnere calcolatore. A ciò consegue che molte strutture “datate” presentano un equilibrio stratificato nel tempo, in cui ogni parte ha una precisa funzione statica. E allora, la funzione portante delle murature è spesso influenzata dalla presenza dei solai, che con il loro peso e la loro rigidità conservano gli equilibri tra terreno e fondazione.

In parole povere, intervenire su elementi strutturali spiega i suoi effetti sulle condizioni di stabilità complessiva del fabbricato, e per quanto sia gravoso che i singoli condòmini siano chiamati a un esborso economico anche importante in questi casi, c’è da dire che quanto illustrato rappresenta anche una garanzia. Solo sulle parti comuni, infatti, i singoli possono esprimere le proprie preferenze in assemblea, votando a favore o contro l’autorizzazione di lavori su parti portanti. Se il solaio, nel caso specifico, è una di queste parti, allora le decisioni a riguardo non possono essere rimesse alla volontà solo di quei due condòmini i cui appartamenti sono separati dal solaio.

A cura di Cristian Angeli
ingegnere strutturista esperto di detrazioni fiscali applicate all’edilizia
www.cristianangeli.it

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