Condono edilizio: come funzionano i limiti volumetrici?

I limiti previsti dalle 3 leggi sul condono edilizio per ottenere il permesso di costruire in sanatoria "speciale"

di Nunzio Santoro - 18/01/2022

A differenza del primo condono edilizio di cui alla L. 47/85 ove la sanabilità degli immobili non era subordinata alla consistenza dell’abuso, sia nel caso di nuova costruzione che nel caso di ampliamento, con i successivi due condoni il legislatore ha inteso limitare la sanabilità degli immobili (o ampliamenti) abusivi in relazione anche alla loro consistenza (individuata nei mc di costruzione).

Il condono edilizio e i limiti post D.L. n. 269/2003

Difatti l’ultimo condono edilizio di cui all’art. 32 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla L. 326/2003, pone dei limiti alla sanabilità degli immobili in relazione alla consistenza, prendendo come riferimento i mc della costruzione. Il comma 25 dell’art. 32 del D.L. 269/2003 recita: “Le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall'articolo39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni, nonché dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 mc. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 mc per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi.”

Il limite imposto alla sanabilità dell’abuso, nella fattispecie di nuove costruzioni, è quindi quello per il quale la singola richiesta di condono (riferita ad una individuata unità immobiliare) non ecceda il limite di 750 mc., con l’ulteriore condizione che comunque l’intero edificio abusivo non ecceda i 3.000 mc.

Il condono edilizio e i limiti post L. n. 724/1994

Limite analogo di consistenza di 750 mc per la singola u.i. era stato inserito nel cd. secondo condono di cui all’art. 39 della L.724/94 che al comma 1 dispone “Le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31dicembre 1993, e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria.

Nel terzo condono (D.L. 269/2003) viene quindi inserito l’ulteriore limite riferito alla consistenza massima dell’edificio abusivo che non può eccedere il limite di 3.000 mc., lasciando invariato il limite di 750 mc. per singola richiesta di titolo abilitativo in sanatoria.

Tale limite è stato introdotto per evitare la sanabilità di edifici di dimensioni consistenti, che impattano sul territorio.

Al fine di valutare la condonabilità degli immobili relativamente al secondo (L. 724/94) e terzo condono (D.L. 269/2003), in funzione del limite di 750 mc. per singola richiesta, occorre, anche in relazione alla giurisprudenza formatasi sull’argomento, interpretare tale possibilità in termini estremamente restrittivi. La problematica emerge in modo ancora più pressante ove si consideri che la legge del 1994 non prevede alcun limite massimo di sanabilità per l'opera nel suo complesso (a differenza di quanto previsto ad esempio dalla legge sul condono n. 326 del 2003, la quale prevede un limite volumetrico di 750 mc per ogni domanda di sanatoria, purché l'opera nel suo complesso non ecceda i 3000 mc), di talché, attraverso la pretestuosa presentazione di più domande di condono ex lege n. 724/1994 (eventualmente anche da parte di soggetti formalmente distinti nell'ambito di uno stesso nucleo familiare) potrebbe giungersi alla paradossale conseguenza di sanare edifici di dimensioni illimitate. Con la Sentenza della Corte di Cassazione penale Sez. 3 n. 20889 anno 2020 è stato affrontato questo argomento, rilevando che la giurisprudenza ordinaria, amministrativa e perfino costituzionale hanno più volte posto in evidenza l'inammissibilità del frazionamento delle domande di condono ai fini del rispetto del limite volumetrico di cui all'art. 39 della legge n. 724/1994. Alla base di tali orientamenti vi è una esigenza del tutto ovvia: quella di impedire che il limite volumetrico dei 750 mc venga agevolmente eluso attraverso la presentazione, da parte di soggetti formalmente distinti, di una pluralità di istanze di condono ciascuna delle quali relativa ad una cubatura inferiore. E' certamente vero che l'art. 39 della I. n. 724/1994, in relazione alle "nuove costruzioni", prevede la necessità di rapportare il limite volumetrico di 750 mc a ciascuna domanda presentata, ma, come evidenziato anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 632/1996, tale disposizione deve intendersi come del tutto eccezionale rispetto al carattere assoluto ed inderogabile del limite di cubatura ed applicabile solo per i casi di "legittima ed ammissibile scissione della domanda di sanatoria" da parte di più soggetti "aventi titolo al momento della presentazione della domanda di condono". Fermo restando, prosegue la citata sentenza del Giudice delle Leggi, che "uno stesso soggetto legittimato non può utilizzare separate domande di sanatoria per aggirare il limite di volumetria previsto dall'art. 39, comma 1, della legge n. 724 del 1994, dovendosi in tal caso necessariamente unificare le richieste quando si tratti della medesima nuova costruzione da considerarsi in senso unitario".

Niente frazionamenti fittizi

Stante dunque la necessità di interpretare la norma di cui all'art. 39 della I. n. 724/1994 in modo conforme alle disposizioni costituzionali (il cui ragionamento si estende alla analoga norma del D.L. 269/2003) ed in particolare al principio della "ragionevolezza", deve convenirsi che, nel caso di nuove costruzioni, intanto sia possibile far riferimento al limite volumetrico di 750 mc. per ciascuna domanda, solo allorché le stesse siano presentate da soggetti espressione di centri di interesse realmente autonomi e non finalizzate alla mera elusione del limite normativamente stabilito.

In altri termini, non è ammissibile il condono edilizio di una costruzione quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l'unità immobiliare in plurimi interventi edilizi, in quanto è illecito l'espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, " disarticolandole", quando invece le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono ad esso funzionali, sì da costituire una costruzione unica (v. C. Cass. Pen. 18/05/2015, n. 20420)

È quindi evidente, nel caso del condono di cui al D.L. 269/2003, che se un unico edificio ha una consistenza superiore a 3.000 mc. esso non è sanabile, così come non sono sanabili singole domande di sanatoria, anche se singolarmente comprese nei 750 mc., se riferite ad un unico edificio (manufatto), presentate da un soggetto legittimato al solo scopo di aggirare il limite di volumetria nel caso della medesima nuova costruzione.

Di contro, seguendo il ragionamento dei giudici, si ritiene che siano sanabili quegli abusi distinti e non unitari (villette/edifici autonomi e non unitari) relativi a singole istanze di condono, anche se presentate dallo stesso soggetto o da soggetti ad esso riconducibili e/o legittimati, anche se appartenenti allo stesso nucleo familiare, che singolarmente (ovvero per ogni edificio autonomo) rispettano il limite di 750 mc. e, per l’ultimo condono anche di 3.000 mc.

In tal senso le sentenze: Corte Cass. Penale n. 20889/2020, n. 21080/2021, n. 27977/2019, n. 10017/2021, n. 20420 del 18/05/2015

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