Condono edilizio: la condizione per la revoca/sospensione della demolizione

La Corte di Cassazione chiarisce quando il giudice dell'esecuzione può revocare o sospendere l'efficacia esecutiva dell'ordine di demolizione

di Gianluca Oreto - 20/06/2023

"Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi" è una delle frasi più celebri e antiche che calzano perfettamente quando si parla di normativa edilizia. In Italia vige (non si sa ancora per quanto tempo) il d.P.R. n. 380/2001, cosiddetto Testo Unico Edilizia mediante il quale il legislatore ha provato a riordinare la materia non senza qualche piccola e grossa problematica dovuta alla presenza di 3 leggi speciali che in diversi momenti storici ha previsto nel nostro ordinamento il condono edilizio.

Condono edilizio: causa o soluzione agli abusi?

Condono edilizio che ha consentito nel 1985, nel 1994 e nel 2003 di ottenere il permesso di costruire in sanatoria di opere eseguite:

  • senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a costruire prescritte da norme di legge o di regolamento, ovvero in difformità dalle stesse;
  • in base a licenza o concessione edilizia o autorizzazione annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace, ovvero nei cui confronti sia in corso procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa.

Su queste 3 leggi speciali sono ancora in molti a domandarsi se siano state la causa di un malcostume diffuso (l'edificazione senza regole) o la soluzione all'assenza di seria pianificazione urbanistica e controllo da parte dello Stato. Un aspetto su cui sono tutti d'accordo riguarda l'incapacità della pubblica amministrazione di rispondere alla grande quantità di istanze arrivate in quelle finestre temporali.

Incapacità che nel corso degli anni ha generato contestazioni, ricorsi e tanto lavoro cui si farebbe volentieri a meno.

Condono edilizio: nuovo intervento della Cassazione

Ed è proprio su questa inerzia che arriva la Sentenza della Corte di Cassazione 6 giugno 2023, n. 24238 resa a distanza di ben 27 anni dalla presentazione della domanda di condono edilizio non ancora esaminata dal competente Comune.

Nel caso di specie viene presentato ricorso per la riforma della sentenza della Corte di Appello che, adita come giudice dell'esecuzione, aveva rigettato l'istanza di revoca o, in subordine, di sospensione dell'ordine di demolizione di un immobile.

Su questo immobile il ricorrente aveva esposto di aver presentato domanda di condono edilizio ai sensi della Legge n. 724 del 1994 (secondo condono edilizio), ancora pendente presso il Comune competente, che (afferma il ricorrente) sarebbe stata prevedibilmente accolta, considerati gli intervenuti pareri favorevoli dell'autorità preposta al vincolo per gli immobili circostanti quello dell'ingiunta demolizione.

La revoca/sospensione della demolizione

Preliminarmente la Cassazione ricorda l'indirizzo consolidato a mente del quale laddove al giudice della esecuzione sia richiesto di revocare o, meglio, sospendere l'efficacia esecutiva di un ordine di demolizione impartito all'esito di un giudizio penale che ha condotto all'affermazione della penale responsabilità di un soggetto e, pertanto, alla sua condanna per la violazione della normativa edilizia in materia di costruzione di manufatti immobiliari, in funzione della pendenza di una istanza di condono edilizio, egli deve esprimere una valutazione prognostica sulla esistenza o meno di concrete probabilità che la istanza in questione sia accolta, dovendo, conseguentemente, rigettare l'istanza laddove ritenga che tale probabilità non sussista.

Nel caso oggetto della nuova sentenza, la Corte di appello per esprimere il giudizio prognostico negativo in merito alla condonabilità delle opere eseguite si è riferita:

  • alla volumetria esuberante delle opere realizzate (maggiore del vincolo di 750 mc consentiti dalla norma);
  • alla circostanza che non soltanto a distanza di 27 anni dalla presentazione della domanda di condono edilizio questa ancora non era stata esaminata dal competente Comune di Monte di Procida (fatto che secondo gli ermellini non farebbe ragionevolmente presumere la prossima definizione della procedura amministrativa);
  • al fatto che l'entità delle opere era stata variata successivamente alla presentazione della istanza, essendo ciò avvenuto non nel senso della riduzione delle stesse ma del loro ampliamento attraverso la realizzazione di un vano seminterrato, di un sottoscala, oltre ad avere comportato l'apertura di una ulteriore finestra nel prospetto dell'edificio.

Tali circostanze non sono state contestate dal ricorrente e per questo motivo la Cassazione ha confermato l'operato della Corte di appello sia in riferimento alla mancata revoca dell'ordine di demolizione sia alla più limitata eventuale sospensione della procedura volta alla esecuzione della demolizione dell'immobile.

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