Crediti d’imposta: differenza tra non spettanti e inesistenti

I chiarimenti dall’Associazione Italiana Dottori Commercialisti in relazione all’interpretazione in materia tributaria dei crediti di imposta

di Redazione tecnica - 16/05/2023

Il credito di imposta non spettante è ben diverso da quello inesistente e i presupposti su cui si basano le due differenti impostazioni sono stati chiariti recentemente dall'Associazione Italiana Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.

Credito di imposta non spettante e credito di imposta inesistente: le differenze

Come spiega l’AIDC, il credito d’imposta si definisce non spettante laddove il contribuente, pur nell’intento di rispettare il presupposto normativo, commette degli errori di qualificazione o quantificazione dello stesso. Viceversa, il credito d’imposta è da definirsi inesistente nei casi in cui la determinazione del credito sia avvenuta in assenza di documentazione o sulla base di documentazione non veritiera.

Il credito d’imposta inesistente

In particolare, la definizione di credito inesistente è demandata al terzo periodo del comma 5, art. 13, D.Lgs. n. 471/1997, il quale dispone che: “Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.

Il comma 5 identifica dunque come inesistente:

  • il credito in relazione al quale manchi, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo;
  •  la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter, D.P.R. n. 600/1973, e all’articolo 54-bis, D.P.R. n. 633/1972.

Spiega ADCI che ad essere discriminante, quindi, è la sola seconda parte della definizione, nella quale si fa riferimento alle attività che l’Amministrazione finanziaria pone in essere per controllare le dichiarazioni presentate dal contribuente, nell’ambito di quelli che sono i poteri di controllo finalizzati alla c.d. liquidazione ed al c.d. controllo formale delle dichiarazioni, che possono esplicitarsi, in questa secona ipotesi, nell’esame della documentazione richiesta al contribuente o comunque nella disponibilità dell’Agenzia delle Entrate.

A prescindere dalla modalità di controllo esercitabile, laddove il presupposto normativo alla base del credito sia soddisfatto dal contribuente sulla scorta di documentazione attendibile e veritiera, il credito non potrà mai essere definito inesistente, ma non spettante in quanto errato nel riporto, nella quantificazione oppure nella qualificazione della fattispecie.

Viceversa, laddove in sede di controllo si rilevi che è stato indicato un credito in assenza di documentazione o sulla base di documentazione non veritiera, detto credito dovrà essere ascritto alla categoria dell’inesistenza.

Come distinguere il credito inesistente dal credito non spettante

Per rilevare una chiara linea di demarcazione tra le due fattispecie, secondo ADCI si può tenere conto del disposto dell’articolo 5, D.L. n. 146 del 2021. Pur finalizzata a regolamentare la specifica sanatoria in tema di credito di imposta per ricerca e sviluppo, la norma contiene infatti alcune indicazioni che possono assumere valenza di principi generali.

Essa in particolare prevede due ipotesi che alternativamente, consentono o non consentono, l’accesso alla sanatoria in questione:

  • la sanatoria è possibile qualora le spese siano state effettivamente sostenute ma erroneamente ricomprese tra quelle che davano diritto al credito di imposta, oppure siano state erroneamenre quantificate o individuate come ammissibili;
  • la sanatoria non è concessa quando la determinazione e l’utilizzo del credito siano il risultato di assetti che appaiano oggettivamente o soggettivamente simulati, di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti non veritieri o di fatture che documentano operazioni inesistenti, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea alla dimostrazione delle spese ammissibili al credito di imposta.

Questa stessa distinzione si può ricondurre al disposto dei commi 4 e 5 dell’articolo 13, D.Lgs. n. 471/1997, nel momento in cui si deve individuare il distinguo tra il credito non spettante e il credito inesistente.

Proprio per questo, secondo ADCI, si può affermare che:

  • in tutti i casi in cui il contribuente si trovi nella situazione di fatto disciplinata dalla norma per la determinazione del credito di imposta e sia sostenuto da documentazione reale, ma incorra in violazioni riconducibili all’interpretazione delle disposizioni ovvero alla determinazione quantitativa del credito, non si avrà mai una contestazione per inesistenza del credito, ma solo per non spettanza, sanzionabile nella misura più contenuta e nel termine di decadenza ordinari;
  • nei casi in cui, invece, la determinazione del credito sia avvenuta in assenza di documentazione o sulla base di documentazione non veritiera, tale violazione sarà sanzionabile nella misura più grave e nel termine di decadenza più lungo previsto per il credito inesistente.
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