Crediti superbonus: occhio a sequestri preventivi immotivati

La Cassazione: no a sequestro se non viene valutato correttamente il nesso di pertinenzialità tra i crediti e le condotte di falso, come ad esempio lavori inesistenti

di Redazione tecnica - 24/02/2024

È stata annullata con rinvio a nuovo giudizio un’ordinanza di sequestro di crediti fiscali per interventi Superbonus 110%, per un valore di oltre 4 milioni di euro, nei confronti di un’impresa a cui un general contractor aveva affidato l’esecuzione di interventi all’interno di 134 appartamenti e che, secondo il GIP, non sarebbero mai stati eseguiti o comunque non nella minima percentuale del 30% al 30 settembre 2022, come richiesto dalla normativa.

Sequestro preventivo crediti Superbonus: il no della Cassazione

La conferma arriva con la sentenza della Corte di Cassazione del 15 febbraio 2024, n. 7021 con la quale ha annullato un'ordinanza di rigetto di un'istanza di dissequestro di crediti Superbonus.

Il Tribunale, sul punto, non aveva ritenuto condivisibile l'assunto difensivo secondo il quale l'art. 14, comma 1, lett. a, del Decreto Aiuti (D.L. n. 50/2022), nella parte in cui prevede la condizione della realizzazione alla data del 30/9/22 del 30% dell'intervento complessivo, inclusi i lavori non agevolati, dovrebbe interpretarsi nel senso che alla predetta data sarebbe sufficiente che l'appaltatore abbia sostenuto i costi per l'acquisto del materiale necessario alla esecuzione dei lavori.

Secondo il giudice tale tesi sarebbe stata in contrasto, oltre che con la lettera della norma, con il parere della Commissione consultiva per il monitoraggio dell'applicazione del DM 58/2017, da cui si desume che, ai fini del raggiungimento della percentuale del 30% dell'intervento complessivo, è necessaria l'effettiva e materiale esecuzione delle opere edilizie, non essendo sufficiente il solo acquisto di materiali.

Infine, il Tribunale aveva aggiunto che, sebbene nel 30% siano computabili anche le opere diverse da quelle rientranti nell'agevolazione fiscale, i ricorrenti non hanno allegato alcun elemento idoneo a fornire, quanto meno, un principio di prova a tale riguardo, nè tale circostanza risulta dalla consulenza tecnica di parte allegata all'istanza o dalle sommarie informazioni rese dai committenti.

I motivi del ricorso

Da qui il ricorso in Cassazione, nel quale è stato specificato che:

  1. l'ordinanza impugnata non ha tenuto in debita considerazione l'attività svolta dai Direttori dei lavori e dal commercialista che ha apposto il visto di conformità e ha omesso di considerare i contratti tra le parti, le fatture di acquisto, le fatture di pagamento dei professionisti e le attività espletate, quali S.C.I.A., A.P.E. e dichiarazione di notorietà;
  2. le sommarie informazioni rese da sole venti persone erano insufficienti a documentare l'inesistenza delle operazioni nei 132 cantieri interessati;
  3. i soggetti escussi hanno comunque confermato il mandato al General Contractor e tutti gli atti a loro firma, quali la cessione del credito fiscale, la S.C.I.A. presentata, l'APE., il sopralluogo e la verifica dei lavori da eseguire;
  4. la società ha predisposto la documentazione relativa all'attività svolta in tutti i cantieri interessati che, tuttavia, non è stata valutata dal Tribunale.

Inoltre tutti i soggetti escussi:

  • a) avevano sottoscritto il contratto di appalto per il bonus 110% con la società la quale, non avendo le competenze, aveva limitato il proprio intervento alle caldaie e agli impianti termici;
  • b) avevano nominato un proprio direttore dei lavori, presentato la S.C:.I.A., ricevuto sopralluoghi presso le rispettive abitazioni, sottoscritto una dichiarazione di notorietà per la cessione dei crediti maturati.

A fronte di tali rapporti, la società appaltatrice aveva: acquistato le caldaie, gli impianti termici e i pannelli fotovoltaici; stipulato accordi con gli operai; predisposto il primo S.A.L.; depositato l'asseverazione del direttore dei lavori ed il visto di conformità del consulente.

Per altro il Tribunale erroneamente aveva ritenuto non dimostrata l'esecuzione di lavori diversi da quelli agevolati, avendo omesso di valutare le asseverazioni dei direttori lavori, i visti di conformità e le perizie di parte.

Sempre in relazione al fumus del reato, i ricorrenti hanno evidenziato che dal cassetto fiscale emergeva solo l'esistenza del credito relativo ad attività espletate nell'ambito dei lavori del 110%, documentato ed asseverato dai direttori dei lavori, dal consulente e dai proprietari che avevano conferito gli incarichi.

Infine nel provvedimento mancava una motivazione sul nesso di pertinenzialità dei beni oggetto di sequestro e sulla sussistenza del periculum in mora.

La normativa di riferimento

Per valutare la questione, la Cassazione ha preliminarmente ricostruito la normativa relativa al c.d. superbonus, di cui all'art. 119 dl. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, che ha introdotto per talune categorie di contribuenti, specificamente indicate al comma 9, una detrazione pari al 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica e di misure antisismiche sugli edifici. L'articolo 121, comma 1, del medesimo decreto consente, inoltre, la possibilità generalizzata di optare, in luogo della fruizione diretta di tale agevolazione fiscale, per un contributo anticipato sotto forma di sconto dai fornitori dei beni o servizi (cd. sconto in fattura) o, in alternativa, per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante. Tale cessione può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori e deve riferirsi ad almeno il 30 per cento del medesimo intervento (art. 121, comma 1-bis).

In particolare, quanto al termine entro il quale devono essere sostenute le spese oggetto dell'agevolazione fiscale, il comma 8-bis dell’art. 119 (come recentemente modificato dal d.l. 10 agosto 2023, n. 104 contenente disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici), convertito con modificazioni dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136, prevede che per gli interventi effettuati da:

  •  condomini, dalle persone fisiche di cui al comma 9, lettera a) (ovvero i condomini e le persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arte o professione),
  • soggetti di cui al comma 9, lettera d-bis (ovvero le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, e le associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale e nei registri regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano),

la detrazione spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025, nella misura:

  • del 110% per quelle sostenute entro il 31 dicembre 2022;
  • del 90% per quelle sostenute nell'anno 2023;
  • del 70% per quelle sostenute nell'anno 2024;
  • del 65% per quelle sostenute nell'anno 2025.

Per gli interventi effettuati su unità immobiliari dalle persone fisiche di cui al comma 9, lettera b) (ovvero le persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arti e professioni, su unità immobiliari) - la norma prevede che la detrazione del 110% spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023, a condizione che alla data del 30 settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell'intervento complessivo, nel cui computo possono essere compresi anche i lavori non agevolati ai sensi del presente articolo.

Per la medesima categoria di contribuenti la norma prevede, inoltre, che per gli interventi avviati a partire dal 1° gennaio 2023, la detrazione spetta nella misura del 90% anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023, a condizione che il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o diritto reale di godimento sull'unità immobiliare, che la stessa unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale e che il contribuente abbia un reddito di riferimento, determinato ai sensi del comma 8-bis. 1, non superiore a 15.000 euro.

Infine, per gli interventi effettuati dai soggetti di cui al comma 9, lettera c), (istituti autonomi case popolari comunque denominati nonché gli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di "'in house providing") compresi quelli effettuati dalle persone fisiche sulle singole unità immobiliari all'interno dello stesso edificio, e dalle cooperative di cui al comma 9, lettera d), per i quali alla data del 30 giugno 2023 siano stati effettuati lavori per almeno il 60% dell'intervento complessivo, la detrazione del 110% spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023.

A fronte delle incertezze interpretative sulla portata di tale norma e, soprattutto, sulle modalità di calcolo della soglia del 30% dei lavori, la Commissione di monitoraggio insediata presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha precisato che la possibilità di fruire, per gli edifici unifamiliari e unità funzionalmente indipendenti e con accesso autonomo dall'esterno, della detrazione del 110% relativa alle spese sostenute entro il 31 dicembre 2022 (poi spostato al 31 dicembre 2023) è subordinata alla condizione che, alla data del 30 settembre 2022, "siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell'intervento complessivo, nel cui computo possono essere compresi anche i lavori non agevolati ai sensi del presente articolo" (comma 8-bis, art. 119 del D.L. 34/2020).

L'Agenzia delle Entrate, inoltre, con la Circolare del 6 ottobre 2022, n. 33/E, al paragrafo 7, ha chiarito che ai fini del raggiungimento della percentuale richiesta dalla norma, non rileva il pagamento dell'importo corrispondente al 30% dei lavori essendo necessaria, stante il tenore letterale della disposizione, riferito ai lavori realizzati entro la predetta data del 30/09/2022, la realizzazione di almeno il 30% dell'intervento complessivo.

La sentenza della Cassazione

Così ricostruita la disciplina del c.d. "superbonus" rilevante nel caso in esame, gli ermelllini hanno ritenuto fondato il ricorso.

Secondo i giudici di piazza Cavour, l’ordinanza ha rigettato l’istanza di dissequestro sulla base di una motivazione carente e, a tratti, meramente apparente. A fronte di una misura che, senza una puntuale ricostruzione del meccanismo fraudolento addebitabile ai ricorrenti in relazione a ciascuna cessione, ha attinto tutti i crediti di imposta "accettati" dalla società che si occupava degli impianti, i Giudici di merito hanno, infatti, omesso di argomentare in ordine al nesso di pertinenzialità tra detti crediti e le contestate condotte di falso.

L’ordinanza impugnata si è limitata a considerare "assorbenti” le circostanze emergenti dai verbali di sommarie informazioni di alcuni committenti in merito alla mancata esecuzione dei lavori nelle rispettive proprietà o, in ogni caso, al mancato completamento del 30% delle opere alla data dei 30 settembre 2022.

Dalle sintetiche argomentazioni del Tribunale non emerge alcun elemento che consenta di correlare causalmente tali dichiarazioni ai crediti fiscali oggetto di sequestro. Peraltro il Tribunale ha, comunque, omesso di motivare sulle ragioni per cui ha ritenuto che da tali dichiarazioni possa desumersi la falsità della totalità delle operazioni sottostanti ai crediti di imposta vantati dalla società, posto che, come affermato dalla stessa ordinanza impugnata, i proprietari escussi a sommarie informazioni rappresenterebbero solo una parte dei cantieri ove avrebbe dovuto operare la società.

Un’altra lacuna riguarda la ritenuta mancata esecuzione del 30% dei lavori commissionati, genericamente esclusa sulla base delle dichiarazioni rese da alcuni dei committenti e del citato parere della Commissione consultiva per il monitoraggio del D.M. 58/2017, senza alcuna valutazione delle deduzioni difensive relative alle diverse attività effettuate nei singoli cantieri, della possibile rilevanza delle attività non agevolate (ai sensi del comma 8-bis del citato art. 119) e, soprattutto, delle asseverazioni sottoscritte dai direttori dei lavori, assertivamente reputate false sulla base della loro iscrizione nel registro degli indagati.

Di conseguenza è stato disposto l’annullamento dell’ordinanza, con rinvio a nuova decisione in relazione a:

  • per ogni credito d'imposta vantato dall’impresa, le specifiche ragioni, per le quali debba considerarsi fittizio, quindi se per l'inesistenza del rapporto negoziale sottostante opure per la falsa attestazione di realizzazione del 30% dei lavori;
  • in quest’ultimo caso, motivando le ragioni poste a fondamento di tale contestata falsità, tenuto conto dei chiarimenti forniti dalle Autorità competenti e delle allegazioni difensive in merito alle attività espletate nell'ambito dei singoli contratti di appalto.

Infine Il Giudice del rinvio dovrà valutare la possibile rilevanza ai fini della valutazione della condotta contestata ai ricorrenti dell'ulteriore termine del 31 dicembre 2023, introdotto al comma 8-bis dell'art. 119 d.l. n. 34/2020, per gli interventi decorrenti dal 1° gennaio 2023, ai fini della possibile maturazione, sussistendone le condizioni di legge, di una detrazione fiscale pari al 90% delle spese sostenute.

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