Digitalizzazione contratti pubblici: appello al buon senso

Dopo l’entrata in vigore della Parte II, Libro I, del nuovo Codice dei contratti e a seguito delle difficoltà degli operatori, arriva un appello al “buon senso”

di Gianluca Oreto - 14/02/2024

L’Italia è sempre stato un Paese molto strano in cui si fissano regole e tempistiche “improrogabili” salvo poi definire ogni fine anno un provvedimento emergenziale denominato “Milleproroghe”. Un Decreto Legge che proroga molte delle scadenze previste per l’anno successivo, generalmente estese in vari ambiti dall’intervento del Parlamento in sede di conversione in legge.

Digitalizzazione contratti pubblici: l’Italia è pronta o no?

Sarò sincero, proprio la ripetitività di questo provvedimento normativo (che di emergenziale non ha praticamente più nulla) e in considerazione della storia recente del mondo dei contratti pubblici e del “vecchio” Decreto Legislativo n. 50/2016, dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici (il D.Lgs. n. 36/2023) non mi avrebbe stupito trovare qualche importante proroga all’interno del Decreto Legge 30 dicembre 2023, n. 215 recante “Disposizioni urgenti in materia di termini normativi” (Milleproroghe 2024).

Il nuovo Milleproroghe è arrivato, infatti, proprio a ridosso dell’operatività della Parte II, Libro I del nuovo Codice dei contratti che a partire dall’1 gennaio 2024 ha davvero stravolto il mondo degli appalti pubblici con quella che può essere definita certamente la sfida più ambiziosa: la digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici.

Una sfida cui il “sistema Italia” ha avuto 9 mesi di gestazione per consentire alle pubbliche amministrazioni di garantire l’esercizio dei diritti di cittadinanza digitale e operare secondo i principi di neutralità tecnologica, di trasparenza, nonché di protezione dei dati personali e di sicurezza informatica. Potrebbero sembrare pochi 9 mesi, ma in realtà si è cominciato a parlare di digitalizzazione già con il D.Lgs. n. 50/2016 con un progetto di riforma mai partito.

È così che tra ANAC, AgID, MIT, Stazioni appaltanti, Operatori economici e Piattaforme certificate, l’1 gennaio 2024, senza alcun ripensamento da parte del legislatore, è cominciata la nuova era della digitalizzazione dei contratti pubblici da cui, inevitabilmente, non si potrà più tornare indietro nonostante le problematiche e criticità che stanno investendo tutto il comparto in questa prima fase di “start up”.

Perché, purtroppo, oltre ad essere un Paese strano per il Milleproroghe di fine anno, l’Italia è un territorio complicato in cui il legislatore definisce regole (che puntualmente stravolge) e scadenze senza preparare il “campo da gioco” e prevedendo un adeguamento in corso d’opera (l’esempio più lampante è rappresentato dal superbonus 110%) che più di una volta ha generato crisi d’identità e psicosi da ipertrofia normativa.

Un appello al buon senso

Riceviamo e pubblichiamo oggi la petizione lanciata dal dott. Giuseppe Gubert della Fondazione Edmund Mach con un “appello al buon senso” delle istituzioni, affinché si possa intervenire sulle regole in materia di digitalizzazione.

Entrando nel dettaglio, sono due i principali ambiti in cui la petizione chiede di intervenire:

  • gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro;
  • le Piattaforme di Approvvigionamento Digitale (PAD).

Affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro

Relativamente agli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) era già intervenuta con il comunicato 10 gennaio 2024 contenente le indicazioni di carattere transitorio sull’utilizzo delle piattaforme certificate fino al 30 settembre 2024

Sul punto segnaliamo un emendamento presentato al disegno di legge di conversione del Decreto Milleproroghe (2024), in corso di discussione in Parlamento, mediante il quale è stata chiesta una deroga all’utilizzo delle piattaforme certificate per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro.

La petizione lanciata online chiede di:

  1. stabilire chiaramente che tali affidamenti, nel rispetto dei principi generali, possano essere disposti senza avvalersi di Piattaforme di Approvvigionamento Digitale (PAD);
  2. imporre all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) l’implementazione di una piattaforma di rilascio del Codice Identificativo di Gara (CIG) che richieda solo le minime informazioni necessarie per “tracciare” l’affidamento e i relativi pagamenti (oggetto, settore, importo, contraente);
  3. stabilire che la richiesta del CIG possa essere effettuata dal Responsabile Unico del Progetto (RUP), dal Responsabile per la fase di affidamento o da un loro delegato. In ogni caso stabilire che l’attività di mero inserimento dei dati possa essere effettuata da un utente istruttore lasciando al soggetto preposto solo la fase di approvazione, anche cumulativa, che attiva la richiesta dei CIG;
  4. limitare le esigenze di trasparenza e di trasmissione di informazioni ad ANAC alle sole informazioni già trasmesse in fase di rilascio del CIG eliminando quindi la necessità di compilare successive schede ed informazioni (date di inizio, fine, somme liquidate, ecc.);
  5. stabilire che il provvedimento di affidamento possa avere una forma eccezionalmente semplificata potendo anche coincidere con il contratto/ordinativo di lavori, servizi e forniture;
  6. salva diversa scelta della stazione appaltante, limitare l’attività di verifica del possesso dei requisiti di ordine generale unicamente a quelli di immediato riscontro (regolarità contributiva, fallimento, liquidazione, casellario ANAC, ecc.). Ciò senza alcun onere dichiarativo in capo agli operatori economici.

Piattaforme di Approvvigionamento Digitale (PAD)

Per quanto riguarda l’utilizzo delle Piattaforme di Approvvigionamento Digitale (PAD), la petizione chiede di:

  1. garantire alle stazioni la possibilità, in casi eccezionali, di derogare all’obbligo generale di utilizzo di tali piattaforme (impossibilità oggettive date, ad esempio, dal rifiuto/difficoltà di operatori economici stranieri di abilitarsi per procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando di gara motivate da ragioni di natura tecnica/protezione di diritti di esclusiva). Per tali casi imporre all’ANAC l’implementazione di una piattaforma di rilascio del CIG senza l’utilizzo delle PAD o con loro utilizzo limitato però alla sola stazione appaltante;
  2. stabilire che le PAD debbano consentire al Punto ordinante, al RUP e al Responsabile per la fase di affidamento di delegare ai punti istruttori potenzialmente tutte le funzioni a loro attribuite lasciando quindi a tali soggetti la responsabilità della verifica della sussistenza dei necessari presupposti;
  3. imporre l’interoperabilità tra PAD soprattutto per l’abilitazione degli operatori economici in modo tale da evitare che essi siano costretti a ripetere, per ognuna, il procedimento di abilitazione. In alternativa ricondurre ad unità le PAD;
  4. imporre ai gestori delle PAD degli standard comuni di funzionamento e degli obblighi informativi agli utenti sui periodi di mancato funzionamento, con relativo apparato sanzionatorio;
  5. nell’ambito della definizione di tali standard comuni di funzionamento, vietare l’inserimento nelle PAD di richieste informative e documentali bloccanti non imposte dalla normativa di riferimento. Ciò nell’ottica di rendere concretamente maggiormente evidente la strumentalità delle PAD e dei suoi strumenti per evitare che surrettiziamente si introducano obblighi procedurali quando non previsti (come attualmente avviene nella costruzione degli strumenti dell’affidamento diretto e della richiesta di preventivi che vengono inutilmente e pericolosamente procedimentalizzati ricalcando le procedure di individuazione del contraente in senso stretto).
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