Fiscalizzazione abuso edilizio: quanto contano le tolleranze costruttive?

Il Consiglio di Stato chiarisce come si determina la sanzione alternativa alla demolizione ai sensi dell’art. 34, comma 2 del d.P.R. n. 380/2001

di Redazione tecnica - 20/09/2023

Le incongruenze presenti all'interno del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) sono tante e partono dalla filosofia stessa con cui la norma è stata concepita, che risulta essere più in linea con l'attuale stato di salute del patrimonio immobiliare italiano.

Sanatoria e fiscalizzazione dell'abuso edilizio

Se ne potrebbero citare molte ma una delle più rilevanti riguarda le possibilità di sanare una difformità edilizia che la normativa limita al concetto di "doppia conformità". L'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 consente l'ottenimento del permesso di costruire in sanatoria di interventi realizzati in assenza o in difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA in sanatoria sulla base di due condizioni:

  • la conformità dell'intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda sanatoria (la c.d. doppia conformità);
  • il pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia (in caso di parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso).

Nel caso, invece, la doppia conformità non sia presente è necessario distinguere alcune casistiche:

  1. interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali;
  2. interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
  3. interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
  4. interventi eseguiti in base a permesso annullato.

Nel primo caso (art. 31 del T.U. Edilizia) l'ordine di demolizione è un atto vincolato cui non si può transigere che, nel caso di inottemperanza entro 90 giorni, comporta l'acquisizione gratuita a patrimonio del comune del bene e dell'area di sedime (su questo argomento si è recentemente espresso il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana chiarendo che dopo i 90 giorni è comunque necessario un atto della P.A. che accerti l’inottemperanza al fine di procedere poi con l'acquisizione gratuita)

Negli altri 3 casi (artt. 33, 34 e 38), invece, è possibile che nella fase esecutiva della demolizione emergano delle problematiche che consentano alla P.A di irrogare una sanzione alternativa con effetti diversi sullo "stato legittimo" dell'intervento.

L'art. 33, comma 2, d.P.R. n. 380/2001 dispone:

Qualora, sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il dirigente o il responsabile dell’ufficio irroga una sanzione pecunaria pari al doppio dell'aumento di valore dell'immobile, conseguente alla realizzazione delle opere, determinato, con riferimento alla data di ultimazione dei lavori, in base ai criteri previsti dalla legge 27 luglio 1978, n. 392 e con riferimento all'ultimo costo di produzione determinato con decreto ministeriale, aggiornato alla data di esecuzione dell'abuso, sulla base dell'indice ISTAT del costo di costruzione, con la esclusione, per i comuni non tenuti all'applicazione della legge medesima, del parametro relativo all'ubicazione e con l'equiparazione alla categoria A/1 delle categorie non comprese nell'articolo 16 della medesima legge. Per gli edifici adibiti ad uso diverso da quello di abitazione la sanzione è pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile, determinato a cura dell'agenzia del territorio.

L'art. 34, comma 2, d.P.R. n. 380/2001 dispone:

Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.

L'art. 38, commi 1 e 2, d.P.R. n. 380/2001 dispongono:

1. In caso di annullamento del permesso, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale. La valutazione dell'agenzia è notificata all’interessato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa.

2. L'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all'articolo 36.

Dalla lettura delle 3 diverse disposizioni emerge che solo nel caso di interventi eseguiti in base a permesso annullato il pagamento della sanzione alternativa produce gli stessi effetti della sanatoria edilizia (art. 36). Negli altri due casi, invece, l'abuso diventa "tollerato" dalla P.A. ma resta, con chiari effetti sullo stato legittimo dell'immobile e sulle possibilità di un successivo intervento.

Opere adibite ad usi diversi da quello residenziale

Relativamente al calcolo della sanzione alternativa per interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità realizzati su opere adibite ad usi diversi da quello residenziale è recentemente intervenuto il Consiglio di Stato con la sentenza 8 agosto 2023, n. 7685 che ci consente di approfondire l'argomento.

In questo caso viene appellata una decisione di primo grado che aveva confermato l'operato della P.A. relativamente al calcolo della sanzione alternativa. In particolare, dopo aver rigettato l'istanza di accertamento di conformità, il Comune chiedeva all’Agenzia delle Entrate la determinazione dell’aumento del valore venale dell’immobile ai sensi dell’art. 34, comma 2 del d.P.R. n. 380/2001 che veniva stimato in 9.120 Euro. A questo punto, l’ente locale faceva propria tale stima e applicava la sanzione pecuniaria di 18.240 Euro (il doppio del valore venale) per le opere che, se demolite, pregiudicherebbero la restante parte dell’immobile.

Secondo il ricorrente in primo grado, tale calcolo sarebbe errato perché, tra le altre cose, non avrebbe neanche considerato la tolleranza del 2% (tolleranza costruttiva) né la devalutazione dell’immobile.

Il calcolo della sanzione

Relativamente al calcolo della sanzione alternativa alla demolizione come previsto all'art. 34, comma 2 del T.U. Edilizia, l’art. 13 della legge 27 luglio 1978, n. 392 disciplina la nozione di superficie convenzionale (che si misura “al netto dei muri perimetrali e di quelli interni”) anche nel caso di immobili non residenziali.

Il TAR ha argomentato correttamente che l’art. 34, comma 2, distingue espressamente tra opere eseguite in parziale difformità dal permesso di costruire aventi uso residenziale, ed opere adibite ad usi diversi da quello residenziale. Tale disciplina richiama la legge n. 392/1978 solo per quanto riguarda la determinazione dell’importo della sanzione pecuniaria nel caso di manufatti aventi destinazione residenziale, ma non negli altri casi.

La tesi dell’appellante che la Legge n. 392/1978 (e in particolare l’articolo sulla superficie convenzionale) sia estendibile a tutte le destinazioni edilizie non si ricava né letteralmente dal testo, né dalla ratio della norma. È vero esattamente il contrario: per gli immobili residenziali opera il concetto del costo di produzione (quindi parametri più favorevoli ed estranei al settore urbanistico), e dopo le parole “se ad uso residenziale”, il legislatore ha previsto che per gli immobili non residenziali si procede tramite la stima del doppio valore venale a cura dell’Agenzia del territorio.

Nel caso di specie, l’illecito edilizio realizzato è consistito nell’ampliamento della cucina, della sala ristorante e del locale WC nell’ambito di attività di somministrazione di alimenti e bevande: non risulta infatti contestato che le opere sono adibite ad usi diversi da quello residenziale. Da ciò discende l’infondatezza della censura.

Tolleranze costruttive

Relativamente alla censura sulle tolleranze costruttive di cui all'art. 34-bis del T.U. dell'edilizia, tale istituto prevede un regime di franchigia, ma nel senso che fino a tale valore sono irrilevanti i discostamenti dal titolo edilizio (“ai fini dell'applicazione del presente articolo, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali”).

Ciò non significa che una volta superato il 2% (come nel caso di questo giudizio) questo sia automaticamente da detrarre. Fino alla differenza del 2% non ha luogo alcuna sanzione, ma una volta superata tale soglia è aperto totalmente e non parzialmente l’ambito di applicazione della sanzione, senza quindi alcuna deroga.

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