Gare aperte sottosoglia per accontentare la UE?

La recente Circolare del MIT è conseguenza di una spontanea volontà di chiarire un dubbio interpretativo oppure per accontentare l'Unione Europea?

di Alessandro Boso - 29/11/2023

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con circolare del 20 novembre 2023 n. 298, ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla portata normativa delle disposizioni del Codice Appalti (D.Lgs. n. 36/2023) sull'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea.

Le nuove disposizioni sugli appalti sottosoglia

Il D.Lgs. n. 36/2023 introduce una sezione interamente dedicata alla disciplina dei contratti al di sotto della soglia di rilevanza europea (Parte I del Libro II), riproducendo alcune disposizioni del “Decreto Semplificazioni” (Decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76) e del “Decreto Semplificazioni-bis” (Decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77), dettate per il periodo emergenziale o in relazione agli interventi finanziati con le risorse del PNRR e del PNC.

Il nuovo Codice, per gli appalti di lavori sopra il milione di euro (art. 50 comma 1 lettera d)) e fino alla soglia europea:

  • conferma, come già stabilito dal D.L. n. 76/10, la possibilità di esperire la procedura negoziata senza bando previa consultazione di dieci operatori;
  • in via innovativa, prevede che le stazioni appaltanti possano sempre optare per le procedure ordinarie, senza motivazione (si noti che nella prima versione del Codice tale possibilità era invece subordinata ad una “adeguata motivazione”).

Nella Relazione Illustrativa del nuovo Codice si legge (pag. 75) sul punto che “La disciplina sottosoglia di cui al decreto-legge n. 76 del 2020 (art. 1, comma 2) non contemplava il possibile ricorso alle procedure ordinarie, ciò al fine di imporre l’utilizzo delle procedure semplificate, da cui talvolta le stazioni appaltanti tendono a sfuggire, temendo i maggiori margini di discrezionalità da esse offerti. Al contrario, l’art. 36, comma 2 del decreto legislativo n. 50 del 2016, prevedeva l’utilizzo delle procedure ordinarie come facoltà sempre percorribile dalla stazione appaltante («salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie»). Nel comma 1, lett. d), in esame si è percorsa una via mediana, costituita dalla possibilità per le stazioni appaltanti, per gli appalti di lavori sottosoglia di importo più significativo (ovvero gli appalti di lavori sopra il milione di euro), di impiegare le procedure ordinarie”.

La questione della applicabilità delle procedure ordinarie agli appalti sottosoglia

Con l’entrata in vigore del “Decreto Semplificazioni”, che aveva ampliato la possibilità di ricorrere alle procedure negoziate e all'affidamento diretto senza consultazione di più operatori economici, una questione controversa riguardava proprio la possibilità, per le stazioni appaltanti, di ricorrere alle procedure ordinarie per gli appalti sottosoglia.

Ci si interrogava, in particolare, se risultasse ancora applicabile la clausola di salvezza di cui all’art. 36 comma 2 del D.Lgs. n. 50/2016.

La giurisprudenza sul punto dava una risposta positiva, ritenendo sempre possibile il ricorso alle procedure ordinarie per tutte le procedure sottosoglia.

Si veda, in proposito, la recente sentenza Tar Piemonte, sez. II, n. 405 del 3 maggio 2023, ove si legge che “l’obbligatorietà della disciplina di cui al D.L. n. 76/2020 deve essere intesa nel senso che essa si impone solo sulle modalità di affidamento ordinarie di cui al citato art. 36, comma 2, del D.Lgs. n. 50/2016, poiché il perimetro della deroga non può estendersi, con effetto sostitutivo, oltre la disciplina che ne è oggetto. In sostanza, quando la stazione appaltante stabilisce di procedere tramite affidamento diretto o procedura negoziata di valore inferiore alla soglia comunitaria, deve necessariamente seguire le modalità semplificate recate dal D.L. n. 76/2020. Ciò non comporta, tuttavia, che questi siano i soli moduli procedimentali per gli affidamenti alla cui adozione le stazioni appaltanti debbano sempre imperativamente fare ricorso, potendo esse, al contrario, applicare le modalità della procedura aperta laddove lo richiedano la natura dell’affidamento o altre esigenze dell’amministrazione (cfr. TAR Sicilia, Palermo, Sez. III, 14.05.2021, n. 1536)”.

Si affermava che, in tal senso, deponesse il contenuto letterale dell’art. 1, comma 1, del D.L. n. 76/2020, in base al quale “in deroga agli articoli 36, comma 2 e 157, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante Codice dei contratti pubblici - cioè la disciplina degli affidamenti sottosoglia e degli incarichi di progettazione di non particolare rilevanza - si applicano le procedure di affidamento di cui ai commi 2, 3 e 4, qualora la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 30 giugno 2023”.

La prevista deroga era ritenuta di carattere “puntiforme”, cioè che andasse a sostituire le sole modalità procedurali per l’affidamento diretto e lo svolgimento della procedura negoziate e, di conseguenza - in conformità al canone interpretativo dell’art. 14 delle preleggi - non applicabile “oltre i casi e i tempi in esse considerati”.

Quanto precede si riteneva avesse trovato conferma anche nelle osservazioni rese dell'ANAC in commissione al Senato prima della approvazione del testo di legge. Sul punto è stato rilevato che sebbene l’art. 1 del D.L. n. 76/2020 non abbia fatto salva la richiamata facoltà della stazione appaltante - espressamente riconosciuta dall’art. 36, comma 2, del D.Lgs. n. 50/2016 - di ricorrere alle procedure ordinarie anziché a quelle semplificate, “la perdurante applicabilità dei principi di cui al comma 1 dell’art. 30, induce a ritenere che il regime in deroga non abbia privato, pur nella situazione eccezionale creatasi a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale, le stazioni appaltanti della possibilità di ricorrere a soluzioni aperte alla più ampia concorrenza qualora appaiano le più idonee a soddisfare il proprio fabbisogno” (cfr. parere ANAC del 3.09.2020 “Esame e commento degli articoli del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale» in tema di contratti pubblici, trasparenza e anticorruzione”, rielaborazione delle osservazioni e proposte di modifica normativa inviate alla Commissione Lavori Pubblici del Senato il 3.08.2020).

Ebbene, questa interpretazione è ben diversa da quella fornita nella sopracitata Relazione illustrativa del nuovo Codice, dove, al contrario, viene affermata l’obbligatorietà delle forme di affidamento semplificate previste nel “Decreto Semplificazioni”.

Le indicazioni del MIT sulle procedure sottosoglia

Ora, il nuovo Codice, all’art. 50 del D.Lgs. n. 36/2023, fa salvo il ricorso alle procedure ordinarie solo in punto di lavori sopra il milione di euro.

La vecchia questione interpretativa sembrava dunque (fino a pochi giorni fa) risolta dalla lettera della norma, sennonché il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, con la circolare n. 298 dello scorso 20 novembre, pare affermare qualcosa di diverso!

Dopo aver premesso che le nuove disposizioni, in continuità con le semplificazioni introdotte dai Decreti-Legge n. 76 del 2020 e n. 77 del 2021, sono volte a individuare soglie di affidamenti al di sotto delle quali possono essere utilizzate procedure ritenute idonee a soddisfare le esigenze di celerità e semplificazione nella selezione dell'operatore economico, la circolare precisa che:

  • le procedure semplificate costituiscono applicazione del principio del risultato di cui all'art. 1 del Codice che impone, tra l'altro, alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di perseguire il risultato dell'affidamento del contratto con la massima tempestività;
  • al contempo, viene fatta salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie;
  • pertanto, (…) si ribadisce che le disposizioni contenute nell'articolo 50 del Codice vanno interpretate ed applicate nel solco dei principi e delle regole della normativa di settore dell'Unione europea, che in particolare richiama gli Stati membri a prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di applicare procedure aperte o ristrette, come disposto dalla Direttiva 2014/24/UE.

Nel parere non viene rilevato che la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie è espressamente stabilita unicamente con riferimento agli appalti di lavori sopra il milione di euro.

Viene quindi da chiedersi se quanto affermato nel parere, ovvero se la possibilità di scegliere tra procedure aperte o ristrette, in conformità, tra l’altro, con il principio della fiducia, che valorizza l'iniziativa e l'autonomia decisionale dei funzionari pubblici, riguardi unicamente i lavori di rilevante importo, oppure tutte le tipologie di affidamento.

Ad ogni modo, si deve anche tener conto di quanto stabilito dall’art. 48 del Codice, che impone comunque le procedure ordinarie quando la stazione appaltante accerta l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, ovvero quando l’appalto risulta di potenziale rilevanza per operatori di più Paesi.

In conclusione, sottosoglia, le stazioni appaltanti possono ricorrere tranquillamente alle procedure ordinarie nei seguenti casi:

  • appalti di lavori sopra il milione di euro;
  • appalti che presentano un interesse transfrontaliero;

per tutti gli altri casi la questione sembra ancora aperta e soggetta ad interpretazione, più che mai dopo la citata circolare.

Scelta spontanea del MIT o “diktat” dall’Unione Europea?

Sennonché lo scorso venerdì 24 novembre, la Commissione Europea ha espresso una valutazione positiva del piano per la ripresa e la resilienza modificato dell'Italia comprendente il capitolo dedicato a REPowerEU. Il piano ammonta ora a 194,4 miliardi di € (122,6 miliardi di € in prestiti e 71,8 miliardi di € in sovvenzioni) e comprende 66 riforme, sette in più rispetto al piano originario, e 150 investimenti.

A seguito dell'approvazione di tali modifiche, le risorse europee del Dispositivo di ripresa e resilienza destinate al finanziamento del PNRR italiano aumentano da 191,6 miliardi di euro a 194,4 miliardi di euro.

Il piano per la ripresa e la resilienza riveduto comprende 145 misure nuove o modificate

Andando a “spulciare” la versione, per ora disponibile solo in inglese, dell'allegato alla suddetta proposta di decisione di esecuzione del Consiglio (presentata dalla Commissione, che modifica la decisione di esecuzione del 13 luglio 2021 che aveva approvato il PNRR italiano), ci si imbatte in una nuova misura (M1C1-73quater) introdotta nell’ambito della Riforma 1.10 (Riforma del quadro legislativo sugli appalti pubblici) che riporta la seguente descrizione:

Circular on below-EU threshold procurement adopted and published on the Italian Official Journal. The circular shall clarify that contracting authorities can use open and restricted procedures for below-EU threshold procurement

Che tradotto significa che il Governo italiano si è impegnato ad approvare, entro la fine dell’anno, una circolare per chiarire che le stazioni appaltanti possono utilizzare procedure aperte e ristrette per gli appalti sotto soglia UE.

Sembra proprio, a parer nostro, che l’iniziativa del MIT, in commento, non sia conseguenza di una spontanea volontà di chiarire un dubbio interpretativo sorto in conseguenza della nuove disposizioni introdotte dal Codice, né tantomeno di voler tutelare superiori principi nazionali e comunitari di rispetto della concorrenza, quanto piuttosto l’esito di una complessa trattativa in sede Europea per far approvare la revisione del PNRR, accettando di concedere qualche spazio in più al diritto comunitario anche in seno agli affidamenti sotto soglia, di regola estranei all’applicazione del diritto europeo sugli appalti.

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