Interdittiva antimafia annullata: l'errore scusabile della P.A.

La sentenza del CGARS: l'ampia discrezionalità in ambito di interdittiva antimafia comporta il riconoscimento del beneficio dell'errore scusabile

di Redazione tecnica - 08/04/2024

In materia di interdittiva antimafia, la P.A. gode di un’ampia discrezionalità, con il conseguente riconoscimento del beneficio dell’errore scusabile e dell’esclusione di colpa e di responsabilità dell’amministrazione, qualora le informazioni siano astrattamente idonee a formulare un giudizio plausibile sul tentativo di infiltrazione mafiosa, e anche se vengano poi giudicate, in concreto, insufficienti a giustificare e a legittimare la misura.

Nessuna colpa e nessun risarcimento del danno dunque in favore del soggetto precedentemente colpito da interdittiva, successivamente annullata dalla giustizia amministrativa: questo perché si tratta di un provvedimento fondato su valutazioni necessariamente opinabili, attinenti all’apprezzamento di rischi e non all’accertamento di fatti, e non, quindi, ancorato alla stringente analisi della ricorrenza di chiari presupposti, di fatto e di diritto, costitutivi e regolativi della potestà esercitata.

Annullamento interdittiva antimafia: no al risarcimento danni se errore è scusabile

A confermarlo è la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana del 28 marzo 2024, n. 233, che ha confermato l’illegittimità della richiesta di risarcimento dei danni subiti per effetto di un’informazione antimafia interdittiva, successivamente annullata con sentenza del TAR.

L’interdittiva era stata emessa in quanto l’appellante aveva degli stretti legami di parentela con persone pregiudicate per reati di associazione di tipo mafioso. Secondo il TAR essa andava annullata in quanto basata sul solo rapporto di parentela, pur stretto, con un soggetto “ritenuto” fiancheggiatore (dunque non componente effettivo) e comunque deceduto, e con un altro individuo in atto detenuto.

Interdittiva antimafia: provvedimento amministrativo basato su valutazioni opinabili

Sull’interdittiva antimafia, il Collegio ha precisato che:

  • obbedisce a una logica di anticipazione della soglia di difesa sociale e non postula, come tale, l’accertamento in sede penale di uno o più reati che attestino il collegamento o la contiguità dell’impresa con associazioni di tipo mafioso, potendo, perciò, restare legittimata anche dal solo rilievo di elementi sintomatici che dimostrino il concreto pericolo (anche se non la certezza) di infiltrazioni della criminalità organizzata nell’attività imprenditoriale;
  • il paradigma legale di riferimento, codificato, in particolare, dagli artt. 84 e 91 del d.lgs. n. 159/2011, resta volutamente elastico, nella misura in cui affida al Prefetto l’apprezzamento di indici sintomatici… di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte o gli indirizzi delle società …” (art.84, comma 3, d.lgs. cit.) e, quindi, la formulazione di un giudizio prognostico dell’inquinamento della gestione dell’impresa da parte di organizzazioni criminali di stampo mafioso.

Mentre l’attività provvedimentale resta, in via generale, strutturata e regolata dalla definizione esatta, pur residuando un fisiologico margine di discrezionalità in capo alla p.a., l’informativa antimafia risulta, al contrario, configurata dallo stesso legislatore come fondata su valutazioni necessariamente opinabili, attinenti all’apprezzamento di rischi e non all’accertamento di fatti, e non, quindi, ancorata alla stringente analisi della ricorrenza di chiari presupposti, di fatto e di diritto, costitutivi e regolativi della potestà esercitata.

È proprio la segnalata funzione anticipatoria della soglia di contrasto alla criminalità organizzata che impedisce la previsione di parametri di azione determinati nella loro interezza, stringenti e cogenti e che impone, quindi, la disciplina della potestà considerata in termini semanticamente plurisignificanti, dovendosi impedire ad imprese che rischiano di essere condizionate dai clan mafiosi di accedere a rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni.

L’attività provvedimentale relativa alle informative antimafia viene configurata dallo stesso legislatore, quindi, come fondata su valutazioni oggettivamente opinabili, in quanto relative all'apprezzamento di rischi e non all'accertamento di fatti. Si tratta di un’attività da ritenersi non ancorata alla stringente analisi della ricorrenza di chiari presupposti, di fatto e di diritto, costitutivi e regolativi della potestà esercitata.

Da qui ne consegue che:

  • spetta al giudice amministrativo sottoporre i provvedimenti del prefetto (in ogni loro parte) a uno scrutinio che sia sempre effettivo e si estenda anche ai fatti alla cui stregua il prefetto formula il proprio giudizio prognostico, non dovendosi riconoscere un ambito di valutazioni ‘riservate’ alla pubblica amministrazione non attingibile integralmente dal sindacato giurisdizionale;
  • la configurabilità degli estremi della colpa dell’amministrazione nell’adozione delle informative antimafia, in ragione dell’ampia discrezionalità sopra descritta, dev’essere scrutinata in coerenza con la funzione, con la natura e con i contenuti delle stesse.

Il beneficio dell’errore scusabile va quindi riconosciuto nelle ipotesi in cui le acquisizioni informative, trasmesse al Prefetto dagli organi di polizia, risultano astrattamente idonee a formulare un giudizio plausibile sul tentativo di infiltrazione mafiosa, in quanto oggettivamente significative di intrecci e collegamenti tra l’organizzazione criminale e l’amministrazione dell’impresa, ancorché vengano giudicate, in concreto, insufficienti a giustificare e a legittimare la misura dell’interdittiva.

Va quindi esclusa nel caso in esame ogni colpa in capo alla Prefettura, che non ha agito con negligenza ed imperizia nell’adottare il provvedimento interdittivo successivamente annullato. Non solo: il fatto che la valenza sintomatica del quadro indiziario appaia in seguito stemperata o meno nitida rispetto a quanto le prime avvisaglie investigative facessero ritenere, non è argomento validamente spendibile e automaticamente concludente in sede di giudizio di responsabilità.

Risarcimento danni per annullamento interdittiva antimafia: quando è dovuto?

Inoltre, il risarcimento del danno non costituisce una conseguenza diretta e automatica dell’annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo, ma è indispensabile procedere alla positiva verifica, oltre che della lesione della situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo (o di diritto soggettivo) tutelata dall’ordinamento, anche del nesso causale tra l’illecito e il danno subito, nonché della sussistenza della colpa o del dolo dell’amministrazione.

Spetta al ricorrente l’onere della prova di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito civile, la mancanza di uno solo dei quali determina l’infondatezza della pretesa: elemento soggettivo (dolo o colpa del danneggiante) e oggettivo (ingiustizia del danno, nesso causale, prova del pregiudizio subito), necessari per ritenere la responsabilità della p.a. ex art. 2043 c.c..

 

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