Livelli di progettazione: il Consiglio di Stato sul principio di continuità

Il Consiglio di Stato chiarisce l’applicazione del principio di continuità della progettazione dei diversi livelli previsti sia dal vecchio che dal nuovo Codice dei contratti

di Redazione tecnica - 10/04/2024

È possibile affidare la redazione del progetto definitivo/esecutivo al professionista che si è occupato del progetto di fattibilità tecnico-economica? La risposta è chiara con riferimento al nuovo Codice dei contratti (il D.Lgs. n. 36/2023), un po' meno se il riferimento è il vecchio (il D.Lgs. n. 50/2016).

Livelli di progettazione: nuovo intervento del Consiglio di Stato

Come spesso accade, quindi, serve un intervento della giurisprudenza amministrativa per chiarire e ricordare alcuni concetti previsti dalla legge. Ai sensi del nuovo Codice dei contratti, l’art. 41, relativo ai livelli e contenuti della progettazione, al comma 8, lettera d) dispone che il progetto esecutivo “di regola” è redatto dallo stesso soggetto che ha predisposto il progetto di fattibilità tecnico-economica e che, nel caso in cui motivate ragioni giustifichino l’affidamento disgiunto dei due livelli di progettazione, il nuovo progettista deve accettare senza riserve l’attività progettuale svolta in precedenza.

Questo livello di dettaglio normativo non è, in realtà, contenuto anche all’interno del “vecchio” D.Lgs. n. 50/2016 che all'art. 23, comma 12 parla unicamente della progettazione definitiva ed esecutiva (che possono essere svolte dallo stesso soggetto). Ed è questo il motivo che ha portato il secondo classificato ad una gara di progettazione ad avviare un ricorso per la riforma di una precedente decisione di primo grado e l’annullamento di una aggiudicazione per l’affidamento della progettazione di livello definitivo ed esecutivo e coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, nei confronti del soggetto che aveva redatto il progetto di fattibilità tecnica ed economica (PFTE).

Il ricorso è stato prima respinto dal TAR e poi affrontato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3007 del 2 aprile 2024 che ci consente di approfondire almeno due aspetti:

  • l’affidamento dei successivi livelli di progettazione;
  • l’appalto integrato.

I livelli di progettazione dal vecchio al nuovo Codice dei contratti

Prima di addentrarci nei chiarimenti forniti dai giudici di Palazzo Spada, occorre ricordare che nel D.Lgs. n. 50/2016 la progettazione in materia di lavori pubblici era articolata i tre livelli:

  • il progetto di fattibilità tecnica ed economica;
  • il progetto definitivo;
  • il progetto esecutivo.

Nel nuovo D.Lgs. n. 36/2023, secondo quanto richiesto dalla Legge delega n. 78/2022, la progettazione in materia di lavori pubblici è articolata in due livelli:

  • il progetto di fattibilità tecnico-economica (PFTE);
  • il progetto esecutivo.

Diversamente dal vecchio codice che rimandava ad un regolamento che non ha mai visto la luce, l’allegato I.7 al D.Lgs. n. 36/2023 definisce i contenuti dei due livelli di progettazione e stabilisce il contenuto minimo del quadro delle necessità e del documento di indirizzo della progettazione che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono predisporre.

Il caso di specie

Nel caso oggetto del nuovo intervento del Consiglio di Stato, viene contestato l’affidamento del servizio di progettazione di livello definitivo ed esecutivo e coordinamento della sicurezza in fase di progettazione all’operatore economico (una RTP) che si era occupata del progetto di fattibilità tecnico-economica.

La seconda classificata, tra i motivi del ricorso, contesta la violazione e falsa applicazione degli articoli 23 e 24, comma 7, del D.Lgs. n. 50 del 2016, per violazione dei principi eurounitari e nazionali di par condicio e parità di trattamento nelle gare pubbliche e per l’illegittimo vantaggio competitivo della prima classificata.

Secondo l’appellante, il PFTE conterrebbe tutti gli elaborati tecnici di riferimento in forza dei quali verrà redatta la successiva progettazione definitiva/esecutiva dell’opera. Proprio per questo, a suo dire, sarebbe stata erronea la sentenza di primo grado laddove aveva ritenuto che il divieto di cui all’art. 24, comma 7 del D.Lgs. n. 50 del 2016 non si applichi nei rapporti tra il PTFE e la progettazione definitiva ed esecutiva, in considerazione del rilievo che la norma de qua farebbe riferimento agli “appalti”, senza limitare l’applicazione della stessa ai soli appalti di lavori.

Ricordiamo che il citato comma 7, art. 24, del D.Lgs. n. 50/2016 dispone:

“Fermo restando quanto previsto dall’articolo 59, comma 1, quarto periodo (divieto di appalto integrato n.d.r.), gli affidatari di incarichi di progettazione per progetti posti a base di gara non possono essere affidatari degli appalti, nonché degli eventuali subappalti o cottimi, per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione. Ai medesimi appalti, subappalti e cottimi non può partecipare un soggetto controllato, controllante o collegato all'affidatario di incarichi di progettazione. Le situazioni di controllo e di collegamento si determinano con riferimento a quanto previsto dall'articolo 2359 del codice civile. I divieti di cui al presente comma sono estesi ai dipendenti dell'affidatario dell'incarico di progettazione, ai suoi collaboratori nello svolgimento dell'incarico e ai loro dipendenti, nonché agli affidatari di attività di supporto alla progettazione e ai loro dipendenti. Tali divieti non si applicano laddove i soggetti ivi indicati dimostrino che l'esperienza acquisita nell'espletamento degli incarichi di progettazione non è tale da determinare un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori.

L’affidamento dei livelli successivi di progettazione

Secondo i giudici del Consiglio di Stato, l’art. 24, comma 7, del D.Lgs. n. 50 del 2016 richiamato, riguarda la “(…) Progettazione interna e esterna alle amministrazioni aggiudicatrici in materia di lavori pubblici. (…)” ed è pertanto relativo alle gare per appalti di lavori, impedendo (con qualche eccezione) ai soggetti che hanno svolto la progettazione di lavori pubblici di partecipare al relativo appalto per l’esecuzione dei lavori progettati.

Tale disposto normativo è applicabile solo nel rapporto fra progettazione ed esecuzione dei lavori e non già nel rapporto fra diversi livelli di progettazione. Lo stesso art. 23, comma 12 del D.Lgs. n. 50/2016 dispone “Le progettazioni definitiva ed esecutiva sono, preferibilmente, svolte dal medesimo soggetto, onde garantire omogeneità e coerenza al procedimento. In caso di motivate ragioni di affidamento disgiunto, il nuovo progettista deve accettare l’attività progettuale svolta in precedenza. In caso di affidamento esterno della progettazione, che ricomprenda, entrambi i livelli di progettazione, l’avvio della progettazione esecutiva è condizionato alla determinazione delle stazioni appaltanti sulla progettazione definitiva. In sede di verifica della coerenza tra le varie fasi della progettazione, si applica quanto previsto dall’articolo 26, comma 3”.

Secondo il Consiglio di Stato, tale disposto normativo esprime un principio generale di “continuità” della progettazione che può riferirsi anche alla fase precedente del PFTE, laddove l’Amministrazione si sia avvalsa per la relativa predisposizione di un professionista esterno.

Un concetto che risulta chiaro nel nuovo Codice dei contratti (non applicabile ratione termporis al caso di specie) che può essere utilizzato in via interpretativa. Nel nuovo codice, infatti, il principio di continuità della progettazione è ulteriormente valorizzato, essendo a fondamento della previsione contenuta nel comma 8 dell’art. 41 che prevede - stante l’avvenuta eliminazione del livello della progettazione definitiva - che alla redazione del progetto esecutivo provvede, di regola, lo stesso soggetto che ha predisposto il progetto di fattibilità tecnico-economica, per evidenti ragioni connesse alle garanzie di coerenza e speditezza.

L’affidamento disgiunto non è precluso, imponendosi, però, l’esplicitazione delle ragioni per le quali si rende necessario, nonché l’accettazione da parte del nuovo progettista, senza riserve, dell’attività progettuale svolta in precedenza (in tal senso la relazione al codice redatta ad opera del Consiglio di Stato).

L’appalto integrato

Relativamente al divieto di cumulo della qualità di progettista e di esecutore dei lavori per la stessa opera pubblica (appalto integrato), il Consiglio di Stato ha ricordato che questo “avrebbe” avuto la duplice funzione di evitare, nella fase di selezione dell’appaltatore dei lavori, che sia «attenuata la valenza pubblicistica della progettazione» di opere pubbliche e cioè che gli interessi di carattere generale ad essa sottesi siano sviati a favore dell’interesse privato di un operatore economico, con la predisposizione di progetto da mettere a gara ritagliato “su misura” per quest’ultimo, anziché per l’amministrazione aggiudicatrice, e che la competizione per aggiudicarsi i lavori sia perciò falsata a vantaggio dello stesso operatore.

Tale divieto, contenuto nell’art. 59, comma 1 del vecchio D.Lgs. n. 50/2016, è stato affievolito per effetto dell’art. 1, comma 1, lett. b) della Legge n. 55 del 2019, come modificata dall'art. 8, comma 7 del D.L. n. 76 del 2020, convertito nella Legge 120 del 2020, ed ancora, per effetto del differimento previsto dall’art. 52, comma 1, lett. a) della Legge n. 108 del 2021.

Il divieto di appalto integrato è stato, infatti, sospeso fino al 30 giugno 2023 e dall’1 luglio 2023 (data dell’operatività dell’art. 44 del D.Lgs. n. 36/2023) non esiste più.

Nel nuovo Codice dei contratti, infatti, il divieto di appalto integrato è stato superato dall’art. 44, adottato in attuazione di quanto indicato nella legge delega, con cui si è affidato al legislatore delegato il compito di individuare le “ipotesi in cui le stazioni appaltanti possono ricorrere all'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei lavori, fermi restando il possesso della necessaria qualificazione per la redazione dei progetti nonché l'obbligo di indicare nei documenti di gara o negli inviti le modalità per la corresponsione diretta al progettista, da parte delle medesime stazioni appaltanti, della quota del compenso corrispondente agli oneri di progettazione indicati espressamente in sede di offerta dall'operatore economico, al netto del ribasso d'asta”.

Il divieto di cui all’art. 24, comma 7, del D.L.gs. n. 50 del 2016, invece, si propone tra l’altro di assicurare le condizioni di indipendenza ed imparzialità del progettista rispetto all’esecutore dei lavori, necessarie anche affinché il primo possa svolgere nell’interesse della stazione appaltante la funzione di direzione dei lavori e di coordinatore della sicurezza nella fase dell’esecuzione dell’appalto; anche sotto questo profilo pertanto lo stesso non è estensibile alla procedura di gara per l’affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva.

La stazione appaltante perciò, quando sussiste una situazione di presunto conflitto di interessi ai sensi dell’art. 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, deve ammettere la concorrente alla prova contraria e deve valutare gli elementi addotti dalla medesima, prima di procedere all’esclusione o alla revoca dell’aggiudicazione.

In sintesi, la predisposizione di un progetto di opera pubblica da parte di un professionista privato non comporta alcun automatismo escludente per il suo concorso all’affidamento dei relativi lavori, ma deve essergli consentito di dimostrare che dalla redazione del progetto a base di gara non gli è derivato alcun vantaggio competitivo, in conformità al principio di proporzionalità di matrice euro-unitaria.

In altri termini, se non vi è un divieto partecipativo assoluto e aprioristico conseguente all’avvenuta predisposizione del progetto, bensì un necessario accertamento da eseguire nel caso concreto in ordine alla posizione di vantaggio goduta dal progettista.

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