Nuovo Codice dei Contratti: necessarie modifiche urgenti

L’appello di numerose associazioni di categoria: l’attuale impostazione del d.Lgs. n. 36/2023 discrimina i tecnici liberi professionisti

di Redazione tecnica - 06/09/2023

Nonostante il nuovo Codice dei Contratti abbia acquisito efficacia da soli due mesi e la conclusione del periodo transitorio avverrà il prossimo 31 dicembre 2023, sono tante le associazioni di categoria che chiedono a gran voce modifiche alla struttura attuale del d.Lgs. n. 36/2023.

Codice Appalti 2023: le richieste dei liberi professionisti

L’appello arriva da ALA – ASSOARCHITETTI, ANTEC, ASSO Ingegneri e Architetti, INARSIND, che evidenziano le tante difficoltà che alcune norme impongono “una forma di discriminazione nei confronti dei tecnici liberi professionisti”.

Una su tutte, il comma 11 dell’art. 100 sul periodo di validità del curriculum professionale che, per le procedure di aggiudicazione dei servizi di architettura e ingegneria, limita al triennio precedente a quello di indizione della procedura di gara, il possesso di un fatturato globale non superiore al doppio del valore stimato dell’appalto. “Si tratta di una limitazione ingiustificatamente restrittiva anche perché non prevede la possibilità di poter far valere contratti analoghi a quello in affidamento, svolti a favore di soggetti privati con conseguente svilimento dei curricula”.

Secondo le Associazioni aderenti a Confprofessioni, si tratta anche di una prescrizione che rischia di turbare il libero mercato e la concorrenza dei servizi professionali, in quanto riserva soltanto a pochi grandi studi iperspecializzati, la possibilità di possedere, per il breve triennio ammesso all’esame, contemporaneamente la referenza.

“Non si comprende quale vantaggio ci sia per la P.A. nell’imporre le restrittive limitazioni in questione, limitazioni che anzi si presentano contrarie al suo interesse, che è quello di ricorrere ad ampie rose di professionisti qualificati, in grado di possedere esperienze ben più estese di un triennio”.

Direzione lavori, attività di collaudo e appalto integrato: le modifiche richieste

Un’altra norma considerata discriminatoria l’art. 114, comma 6, che esclude i Liberi Professionisti in via preliminare e ordinaria dall’incarico di Direzione dei Lavori, dove il ricorso a professionisti esterni è limitato ai casi in cui le S.A. non dispongano delle competenze o del personale necessario, ovvero nel caso di lavori complessi o che richiedano professionalità specifiche, ovvero qualora la stazione appaltante non sia una amministrazione pubblica, l’incarico è affidato con le modalità previste dal codice.

E ancora, critiche sull’art. 116, comma 4 sulle attività di collaudo, per le quali il ricorso a professionisti esterni è limitato ai casi di accertata carenza nell'organico della stazione appaltante, oppure di altre amministrazioni pubbliche, o nei casi di particolare complessità tecnica, la stazione appaltante affida l’incarico con le modalità previste dal codice. “Peraltro, oltre che discriminatorie, le norme sopracitate mostrano di trascurare la ormai acclarata carenza di organico degli uffici della P.A”.

Altro argomento cruciale è l’appalto integrato. Secondo le associazioni è evidente la sfiducia che il Codice pone sulla centralità del progetto e la sottovalutazione del contributo dei liberi professionisti, avendo decisamente puntato su di esso. “Si tratta di un esegnale evidente di un’amministrazione pubblica che, nel suo complesso, sottovaluta anche sé stessa, avendo smarrito coscienza del proprio ruolo guida”. Questo per sottolineare un’ulteriore necessità di modifica, che riguarda la possibilità di procedere all’affidamento all’appaltatore e il conseguente subappalto dei servizi di ingegneria e architettura. “Si tratta di un meccanismo attraverso il quale si alimenta una sorta di distorsione all’interno dei rapporti di lavoro e s’ingenerano ribassi a cascata, con esiti incerti per la qualità della progettazione. Questo sistema vanifica tutte le procedure di selezione trasparente per l’affidamento degli incarichi professionali previste dalla legge, rinviandone le scelte alla discrezionalità esclusiva dell’appaltatore”.

Decreto parametri ed equo compenso: le contraddizioni con il Codice

Non solo Codice dei Contratti Pubblici. Secondo le Associazioni è necessario anche ripensare l’attuale D.M. 17/06/2016 (“Decreto parametri”), rendendolo capace di coprire tutti i settori interessati dai servizi di ingegneria e architettura, oltre che adeguandolo a quanto richiesto dai contenuti previsti dal Codice per il Progetto di Fattibilità Tecnica ed Economica. Critiche anche su questa dicitura: avere mantenuto la stessa - PFTE - per un livello di progettazione che nella sua nuova veste comprende ben più numerose ed onerose prestazioni potrebbe indurre, nel caso di affidamento all’esterno, a sottovalutarne i conseguenti compensi, con grave danno per la completezza e la qualità del progetto, prima che per i liberi professionisti incaricati.

Infine il conflitto tra Codice dei Contratti e Parametri di Riferimento: nella sede di attribuzione degli incarichi, occorre eliminare il contrasto tra il Codice dei Contratti, che prevede il ribasso sul compenso posto a base di gara e la legge sull’Equo Compenso, che impone il rispetto integrale dei parametri. Sul punto, i professionisti chiedono l’eliminazione dal testo del Codice dei Contratti qualsiasi possibilità – anche eccezionale – di prestazioni a titolo gratuito, di cui, peraltro, la legge n. 49/2023 prevede la nullità.

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