Nuovo codice dei contratti pubblici: il principio di auto-organizzazione

Il principio dell'auto-organizzazione amministrativa è tra quelli ordinatori del nuovo schema di d.Lgs. Vediamone le caratteristiche

di Giulio Rivellini - 13/02/2023

Lo schema del nuovo codice dei contratti pubblici sottoposto al parere parlamentare reca una prima parte dedicata ai principi ordinatori della materia: tra questi, all’articolo 7 il Legislatore ha incluso anche il principio di auto-organizzazione amministrativa.

Vediamone insieme le caratteristiche.

Il principio di auto-organizzazione amministrativa nel nuovo Codice Appalti

Il primo comma dispone che “[l]e pubbliche amministrazioni organizzano autonomamente l’esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi attraverso l’auto-produzione, l’esternalizzazione e la cooperazione nel rispetto della disciplina del codice e del diritto dell’Unione”. La norma recepisce la tripartizione già presente nel vecchio codice e ben radicata nel diritto europeo: con l’autoproduzione l’attività viene svolta direttamente dal soggetto pubblico; con l’esternalizzazione, invece, la stessa viene affidata a un soggetto terzo; infine, con la cooperazione l’attività viene svolta da un’altra pubblica amministrazione nel perseguimento di finalità comuni a quest’ultima e alla pubblica amministrazione beneficiaria. I tre modelli soggiacciono a discipline diverse, perché diversi sono gli impatti sul mercato integrato dell’Unione europea.

L’autoproduzione è fuori dall’ambito di applicazione delle Direttive europee e, coerentemente, anche fuori dal codice dei contratti pubblici. L’esternalizzazione comporta, invece, l’obbligo di applicare le disposizioni del Codice per assicurare il confronto competitivo e concorrenziale tra gli operatori economici.

L'affidamento in house

Si colloca a metà strada tra le due ipotesi il modello dell’affidamento in house, al quale sono dedicati i commi 2 e 3 dell’articolo 7 del nuovo Codice. In questo caso, l’attività viene affidata ad un soggetto che, seppur formalmente privato, opera in realtà come una longa manus della pubblica amministrazione. Per rientrare nel novero delle società in house è necessario possedere i requisiti previsti dall’art. 16, d.lgs. n. 175/2016.

Sotto questo profilo, l’articolo 7 del nuovo Codice ricalca, in parte, l’art. 192 del d.lgs. n. 50/2016 (vecchio codice), anche se presenta alcune novità interessanti.

In primo luogo, è confermato l’obbligo di motivazione per le pubbliche amministrazioni che intendano ricorrere a tale tipologia di affidamento. L’incombenza, passata indenne sia al vaglio di legittimità della Corte di Giustizia dell’Unione europea (cause riunite da C‑89/19 a C‑91/19, Rieco) che a quello della Corte costituzionale (sent. 100/2020), era già prevista dall’art. 192, co. 2, del vecchio codice. Anche in questo caso, l’art. 7 del nuovo codice specifica la necessità di dare conto nella motivazione “dei vantaggi per la collettività, delle connesse esternalità e della congruità economica della prestazione, anche in relazione al perseguimento di obiettivi di universalità, socialità, efficienza, economicità, qualità della prestazione, celerità del procedimento e razionale impiego di risorse pubbliche”.

In pratica, per procedere ad un affidamento in house, le pubbliche amministrazioni devono esprimere un duplice giudizio prognostico: (i) devono cioè saggiare la convenienza della scelta di internalizzare l’attività e, in aggiunta, (ii) devono effettuare un giudizio di convenienza economica riferito all’offerta della società in house. La mancanza di uno dei due elementi rende insufficiente la motivazione e comporta l’illegittimità della delibera di affidamento.

Nel nuovo Codice, tuttavia, il Legislatore ha inteso facilitare il lavoro delle pubbliche amministrazioni. L’ultimo periodo del comma 2 prevede infatti che “[i] vantaggi di economicità possono emergere anche mediante la comparazione con gli standard di riferimento della società Consip S.p.a. e delle altre centrali di committenza, con i parametri ufficiali elaborati da altri enti regionali nazionali o esteri oppure, in mancanza, con gli standard di mercato”. Viene così codificata una scelta già contenuta nell’art. 10, co. 3, del d.l. n. 77/2021, anche se quest’ultimo permette una comparazione più riduttiva, riferendosi soltanto agli “standard di riferimento della società Consip S.p.A. e delle centrali di committenza regionali”. Va poi sottolineato che l’articolo 7 del nuovo Codice reca una semplice facoltà per le pubbliche amministrazioni e non un obbligo: in altri termini, sarà possibile sostenere la convenienza dell’affidamento in house anche facendo riferimento ad altri criteri.

Il comma 3 dell’articolo 7 si sofferma, poi, su un’ipotesi particolare di affidamento in house: quella avente ad oggetto i servizi di interesse economico generale di livello locale. La disposizione rinvia in questo caso al d.lgs. n. 201/2022 che ha dato attuazione alla l. n. 118/2022 e che, all’articolo 17, reca un’apposita disciplina speciale. In questo specifico caso la valutazione della convenienza dell’affidamento in house dev’essere svolta in base a precisi indicatori, che variano a seconda che si tratti di servizi a rete (es., distribuzione gas, energia elettrica, acqua ecc.) regolati da apposite autorità di regolazione oppure no: nel primo caso, le autorità di settore individuano “i costi di riferimento dei servizi, lo schema tipo di piano economico-finanziario, gli indicatori e i livelli minimi di qualità dei servizi”; ove invece non si tratti di servizi a rete, tali indicatori vengono fissati dalle competenti strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri.

In pratica, dunque, l’affidamento in house dei servizi pubblici locali di interesse economico generale soggiace a una disciplina ben più dettagliata e penetrante, che probabilmente si tradurrà in un sindacato più pervasivo del Giudice amministrativo sulle scelte compiute.

La cooperazione amministrativa

Il comma 4 dell’articolo 7, infine, è dedicato al terzo modello, ossia quello della cooperazione amministrativa. Qui non vi sono particolari novità rispetto alla disciplina del vecchio codice, poiché è stato confermato che la cooperazione amministrativa sfugge all’applicazione del nuovo codice se: (a) interviene esclusivamente tra due o più stazioni appaltanti o enti concedenti, anche con competenze diverse; (b) garantisce la effettiva partecipazione di tutte le parti allo svolgimento di compiti funzionali all’attività di interesse comune, in un’ottica esclusivamente collaborativa e senza alcun rapporto sinallagmatico tra prestazioni; (c) determina una convergenza sinergica su attività di interesse comune, pur nella eventuale diversità del fine perseguito da ciascuna amministrazione, purché l’accordo non tenda a realizzare la missione istituzionale di una sola delle amministrazioni aderenti; (d) le stazioni appaltanti o gli enti concedenti partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione.

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