Offerta equivalente: il criterio di equipollenza negli appalti

La stazione appaltante non può escludere un’offerta diversa dalle specifiche tecniche a cui ha fatto riferimento se il prodotto offerto non è “aliud pro alio”

di Redazione tecnica - 06/07/2022

Il principio di equivalenza, recepito dal Codice dei Contratti Pubblici, prevede che la stazione appaltante non possa escludere un’offerta perché non conforme alle specifiche tecniche a cui ha fatto riferimento, se il prodotto offerto non è “aliud pro alio”. L’unico limite imposto al concorrente che voglia presentare un prodotto (o servizio) equivalente a quello richiesto, è quello della "difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis", configurante ipotesi di "aliud pro alio non rimediabile”.

Offerta di gara equivalente: la sentenza del Consiglio di Stato 

Sulla base di queste affermazioni il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5075/2022, ha respinto il ricorso di un operatore economico che aveva invocato l’annullamento dell’aggiudicazione di una gara in favore di un’altra società concorrente perché i prodotti proposti per la fornitura sarebbero stati differenti da quelli richiesti dal disciplinare di gara.

Il Consiglio ha verificato che nella lex specialis è stato specificato che “ciascuna proposta potrà discostarsi dalle caratteristiche tecniche, operative, funzionali minime richieste, purché la caratteristica proposta sia pari (equivalente) o superiore a quanto richiesto”. Come spiega Palazzo Spada, il disciplinare ha quindi introdotto il cd. criterio di equipollenza.

Il principio di equivalenza nelle offerte di gara

Il principio di equivalenza permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica, in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde:

  • ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d'iniziativa economica;
  • al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità.

Il principio di equivalenza è, dunque, finalizzato ad evitare una irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta.

In particolare, il Codice degli appalti (D.Lgs. n. 50/2016) dispone che le “caratteristiche previste per lavori, servizi e forniture” sono definite dalla stazione appaltante mediante l’individuazione di “specifiche tecniche” inserite nei documenti di gara (art. 68, comma 1), nel rispetto del canone pro-concorrenziale che garantisca in ogni caso il “pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione” senza comportare “direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza” (art. 68, comma 4) o generare artificiose o discriminatorie limitazioni nell’accesso al mercato allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici.

In applicazione di tale principio la Commissione di gara ha ritenuto che i prodotti presentati dalla prima e dalla seconda classificata in graduatoria fossero equivalenti, come prestazioni, a quanto richiesto.

Dato che l’offerta dell’aggiudicataria possiede caratteristiche equipollenti a quanto richiesto dalla lex specialis di gara, essa è stata ritenuta ammissibile: di conseguenza l’aggiudicazione della gara è stata confermata, mentre il ricorso è stato respinto.

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