Parità di genere nei bandi: la clausola premiale è obbligatoria?
L’inserimento di criteri premiali per le imprese in possesso di certificazione di parità di genere è discrezionale oppure no? Ecco la risposta di ANAC
Il parere di ANAC
Secondo ANAC, l’inserimento di impegni in materia occupazionale (es. assunzioni riservate) non equivale all’introduzione del criterio premiale richiesto dall’art. 108. I due strumenti operano su piani distinti:
- l’art. 102 stabilisce oneri contrattuali per l’aggiudicatario;
- l’art. 108 definisce un criterio di valutazione dell’offerta, valido per tutti i concorrenti.
Non solo: il punteggio premiale deve essere assegnato in automatico al possesso della certificazione, senza bisogno di progetti valutabili discrezionalmente. Si tratta di una condizione oggettiva, volta a valorizzare la struttura organizzativa dell’impresa già impegnata su questi temi.
Sulla base di questi presupposti, spiega l'Autorità, la clausola premiale per la parità di genere è obbligatoria, e deve essere inserita espressamente nella documentazione di gara, insieme alle modalità di verifica del possesso della certificazione di parità di genere, rilasciata ai sensi dell’art. 46-bis del d.lgs. n. 198/2006 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna).
Il mancato inserimento di questa clausola rappresenta un vizio della lex specialis e comporta l’annullamento della procedura, con l’invito alla stazione appaltante a riavviare la gara secondo le prescrizioni di legge.
Da qui l’invito ad annullare la procedura e a bandirne eventualmente una nuova in conformità alle indicazioni contenute nella delibera: questo perché la mancata previsione del punteggio premiale per la parità di genere comporta l’illegittimità della procedura, anche se sono presenti clausole sociali in linea con altre disposizioni del Codice.
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