Penali per aumento dei costi d'appalto: il no di ANAC

L’applicazione delle penali a carico dell’esecutore è ammessa nel solo ed unico caso di ritardo nell’esecuzione delle prestazioni

di Redazione tecnica - 29/02/2024

Nell’ambito dei contatti pubblici, l’applicazione delle penali a carico dell’esecutore è prevista soltano in caso di ritardo nell’esecuzione delle prestazioni, ma non nel caso di incremento dell'importo delle opere progettate.

A ribadirlo è la Delibera ANAC del 17 gennaio 2024, n. 73, con la quale ha confermato l'illegittimità della previsione in un capitolato d'appalto dell'applicazione di una penale per l’eventuale incremento dell’importo delle opere progettate "pari all’uno per mille dell’importo del corrispettivo economico, previsto per la fase progettuale interessata, per ogni incremento dell’uno per cento dell’importo delle opere progettate, fino al raggiungimento del 10% (dieci per cento) del corrispettivo complessivo del servizio”.

Clausole penali: cosa sono e come si applicano

Ad avviso dell’Ufficio di Vigilanza dell'Autorità, la previsione di una penale per l’aumento del costo dell’opera rispetto al budget preventivamente stimato dall’amministrazione, si pone in contrasto con la normativa codicistica in materia di penali che non disciplina siffatte ipotesi.

La clausola penale, disciplinata dall’articolo 1382 del Codice civile, è la clausola con cui si conviene il pagamento di una somma di denaro/l’esecuzione di una determinata prestazione in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, producendo l’effetto di limitare il risarcimento della prestazione oggetto del contratto, ed assolvendo ad una funzione risarcitoria.

Sotto altro profilo, e secondo la giurisprudenza amministrativa, la clausola penale soddisfa una funzione sanzionatoria comminando, in caso di inadempimento, una pena “privata”, in funzione di coercizione all’esatto adempimento.

L'applicazione delle clausole penali nei contratti pubblici

Nell’ambito dei contatti pubblici, l’articolo113-bis comma 4 del d.Lgs. n. 50/2016 (applicabile ratione temporis) dispone l’applicazione delle penali a carico dell’esecutore nel solo ed unico caso di ritardo nell’esecuzione delle prestazioni, in maniera speculare all’articolo 126 del nuovo Codice (d.lgs. n. 36/2023).

In particolare, la penale deve essere:

  • commisurata ai giorni di ritardo
  • proporzionata rispetto all’importo del contratto o alle prestazioni oggetto dello stesso
  • calcolata in misura giornaliera compresa tra lo 0,3 per mille e l’1 per mille dell’ammontare netto contrattuale, da determinare in relazione all’entità delle conseguenze legate al ritardo, senza comunque superare, complessivamente, il 10% di detto ammontare netto contrattuale.

La nozione di inadempimento

Il connotato essenziale della clausola penale sia nei contratti pubblici, sia nel Codice civile riguardante tutti i contratti, è rappresentato dall’inadempimento, essendo legata, la prima, al ritardo nell’esecuzione della prestazione contrattuale, mentre la norma civilistica fa menzione, in senso più ampio, all’inadempimento o ritardo nell’adempimento.

L’inadempimento, la cui nozione è da mutuare dal Codice civile, si configura qualora la prestazione non venga eseguita o eseguita in modo inesatto. La penale, dunque, non è configurabile qualora sia collegata all'avverarsi di un fatto fortuito o, comunque, non imputabile all'obbligato, costituendo, in tale ultima ipotesi, una condizione o clausola atipica che può essere introdotta dall'autonomia contrattuale delle parti, ma resta inidonea a produrre gli effetti specifici stabiliti dal legislatore per la clausola penale.

L’applicazione di penali, dunque, non può essere svincolata dall’inesatta esecuzione della prestazione, che, si ritiene, non possa ritenersi configurata nell’ipotesi di aumento del costo dell’opera rispetto al budget preventivamente stimato dall’amministrazione.

La penale applicabile nell’ambito dei contratti pubblici è solo quella legata al ritardo nell’esecuzione della prestazione, come prevista dall’articolo 113 bis comma 4 del D.lgs. 50/2016. Pertanto, non possono ritenersi accoglibili le considerazioni secondo cui “la circostanza che il Codice disciplini, espressamente, solo le penali per inadempimento da ritardo non esclude che le Stazioni appaltanti, le quali hanno la facoltà di determinare e scegliere il contenuto del contratto (cfr. art. 32, comma 2, del Codice), possano prevedere ulteriori ipotesi di inadempimento sanzionabile mediante una penale ad hoc”.

I limiti della discrezionalità della SA nello stabilire clausole penali

Sotto altro profilo l’ulteriore considerazione del Rup per cui “Le stazioni appaltanti, hanno la facoltà discrezionale di irrogare penali anche nel caso di inadempimento diverso dal ritardo purché tali penali siano previste nella lex specialis di gara e la relativa imposizione sia disciplinata nel rispetto della normativa vigente” ANAC rileva che l’autonomia negoziale, anche della pubblica amministrazione, incontra limiti inderogabili rinvenibili nei principi costituzionali di solidarietà, di uguaglianza e di ordine pubblico, sulla base dei quali compiere il giudizio di meritevolezza di cui all’articolo 1322 codice civile.

Quindi, conclude ANAC, la previsione di una penale per eventuale incremento della stima dei lavori che si renda necessario nel corso della progettazione e che deve essere condiviso con la stazione appaltante, non può costituire un’ipotesi di inesatta esecuzione della prestazione, rivelandosi, in tal senso, una disposizione afflittiva e in contrasto con quanto previsto in materia dal Codice dei Contratti Pubblici.

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