PNRR e crediti fiscali nell’industria e nell’edilizia

È urgente predisporre dei criteri di stima per calcolare l’impatto economico della spesa relativa ai fondi del PNRR

Il 22 febbraio il ministro Fitto ha presentato i dati sulle spese finora sostenute con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: dopo tre anni e mezzo dal varo del PNRR sono stati spesi 43 miliardi di euro.

L’utilizzo delle risorse del PNRR

Di queste risorse una parte rilevante è associata ai crediti d'imposta per l'industria e ai crediti fiscali per l'edilizia: 25 miliardi di euro, pari a circa il 60% dei fondi finora spesi. Si tratta di meccanismi che si attivano su richiesta degli investitori privati e quindi non indicano la capacità effettiva di realizzare investimenti pubblici. Gli investimenti dei Comuni sono pari a 16 miliardi di euro, dimostrando una crescita rilevante nel corso del 2023, ma rimanendo al di sotto degli incentivi agli investimenti privati. Dunque le spese del PNRR finora sono state trainate dalle decisioni di investimento delle imprese private.

C’è un punto importante che deve essere chiarito. Il governo ha contabilizzato come spesa del PNRR 25 miliardi di euro di crediti fiscali per il superbonus edilizio e per l’industria. Evidentemente deve aver considerato tali crediti come pagabili che vengono registrati come maggiore spesa nel momento in cui vengono emessi. La caratteristica di un credito fiscale pagabile è quella di dare il diritto al rimborso cash per la parte che non viene portata in compensazione e di conseguenza non può essere perso. Ma i crediti fiscali del superbonus non danno questo diritto e una certa parte è stata persa dunque la questione è da approfondire.

Il Decreto PNRR 2024

Il 26 febbraio nel Consiglio dei Ministri è stato approvato il decreto-legge PNRR, che introduce il nuovo "Piano Transizione 5.0", su proposta del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.

Il programma mira a sostenere gli investimenti in digitalizzazione e nella transizione green delle imprese attraverso un innovativo schema di crediti d'imposta. Il Piano prevede risorse pari a 6,3 miliardi di euro, che si aggiungono ai 6,4 miliardi già previsti dalla legge di bilancio, per un totale di circa 13 miliardi nel biennio 2024-2025 a favore della transizione digitale e green delle imprese italiane. Oltre agli investimenti in beni strumentali, la misura è orientata anche alla formazione dei lavoratori, perché le competenze sono il fattore che fa la differenza soprattutto per il nostro Made in Italy". Alle aziende verrà concesso un credito d'imposta automatico, senza alcuna valutazione preliminare, senza discriminazioni legate alle dimensioni dell'impresa, al settore di attività o alla sua localizzazione. Saranno agevolati gli investimenti in beni materiali e immateriali, purché si raggiunga una riduzione dei consumi energetici dell'unità produttiva pari almeno al 3% (o al 5% se calcolata sul processo interessato dall'investimento).

Dunque i crediti d’imposta rappresentano uno strumento centrale del PNRR anche alla luce delle grandi difficoltà nella spesa da parte delle amministrazioni pubbliche. Ma non basta solo spendere: è cruciale che gli investimenti conseguano il massimo impatto sulla crescita del Pil e dell’occupazione. Ciò perché i fondi del PNRR presi a debito rappresentano una quota rilevante del totale che riceverà l’Italia (i prestiti sono pari a circa 125 miliardi di euro, il 64% del totale). Per questo diventa cruciale il moltiplicatore e quindi la capacità di creare gettito fiscale per compensare il debito che dovremo restituire.

Dunque, se da un lato dobbiamo accelerare la spesa dei fondi del PNRR, visto che sulla carta abbiamo ancora a disposizione circa 150 miliardi di euro tra prestiti e fondo perduto, dall’altro dobbiamo conseguire il massimo impatto sul Pil e sull’occupazione per rendere sostenibile l’intera operazione.

I crediti fiscali trasferibili per il settore edilizio

Nel caso dei crediti fiscali trasferibili per il settore edilizio, abbiamo assistito a discussioni sull’impatto economico e occupazionale e quindi sulla ricaduta nei conti pubblici. Da un lato, le fonti governative parlano di un buco enorme nel bilancio pubblico pari a circa 140 miliardi di euro. Dall’altro lato, importanti centri di ricerca come Nomisma, il Cresme, il Censis, la Fondazione Nazionale dei Commercialisti indicano la sostenibilità dei crediti fiscali trasferibili.

Nell’indagine conoscitiva presentata da Nomisma il 6 settembre 2023 alla Commissione Ambiente della Camera dei deputati, si calcolavano 140 miliardi di euro di crediti accumulati nei cassetti fiscali: 88 miliardi per il superbonus e 52 per gli altri bonus edilizi. A fronte degli 88 miliardi di spesa sostenuti per il superbonus, le stime Nomisma mostravano una produzione di valore economico – diretto, indiretto e indotto – superiore ai 200 miliardi di euro complessivi. Il Cresme ha evidenziato che, al 30 settembre 2023, sui 97 miliardi di euro di investimenti ammessi in detrazione, il 34% è ritornato allo Stato tra IVA, Ires, Irpef lavoratori, contributi previdenziali e assicurativi. La Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha stimato che con i crediti fiscali trasferibili il Pil è cresciuto più del debito, permettendo di ridurre il rapporto debito/Pil che rappresenta la nostra grande anomalia da trent’ anni a questa parte rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea.

Pertanto è urgente predisporre dei criteri di stima per calcolare l’impatto economico della spesa relativa ai fondi del PNRR. È inoltre opportuno giungere a delle stime condivise sui crediti fiscali trasferibili nel settore edilizio per rasserenare il clima politico, aiutando committenti e imprese che non riescono a monetizzare i crediti che hanno ottenuto dallo Stato.

Per concludere, il debito comune che nella visione di Mario Draghi permetterebbe di finanziare grandi investimenti a livello continentale, sta incontrando resistenze enormi da parte dei paesi nordici. Con i fondi del PNRR abbiamo difficoltà molto grandi a mettere in moto investimenti pubblici. Ci rimangono i crediti fiscali che devono essere resi trasferibili affinché possano circolare ed essere scambiati su vasta scala in modo da innescare il massimo impatto sulla crescita dell’economia.  

A cura di
Giovanni Scanagatta
Professore di Politica economica e monetaria all’Università di Roma

Stefano Sylos Labini
Gruppo Moneta Fiscale

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