Principio di equivalenza negli appalti pubblici di servizi: interviene il Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato chiarisce l’applicabilità del principio di equivalenza di cui all’art. 68 del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti) negli appalti pubblici di servizi

di Giorgio Vaiana - 19/06/2021

Bandi di gara e offerte. Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 4353/2021 pone l'accento su un punto importante dei disciplinari di gara: le società non hanno solo il compito di mettere sul piatto un'offerta economica vantaggiosa, ma devono esaudire i desideri della stazione appaltante a raggiungere un determinato obiettivo del servizio messo a gara. Ma facciamo ordine.

Raccolta differenziata

Sul tavolo dei giudici finisce un bando di gara per l'affidamento triennale del servizio di raccolta rifiuti di un piccolo comune. A contendersi l'appalto sono due società. A proporre ricorso è quella sconfitta. Che chiede la revoca all'affidataria perché l'offerta non avrebbe rispettato le condizioni minime capitolari e quindi non è stato rispettato il principio di equivalenza. Insomma bisogna approfondire per bene le offerte delle due società. Ed è quello che fanno i giudici.

Speciale Codice dei contratti

Le linee guida

Il bando di gara per l'affidamento del servizio di raccolta rifiuti, prevedeva delle linee guida specifiche sia per le modalità del servizio che la comunicazione e la messa a punto della raccolta differenziata stessa. Secondo la società ricorrente, la vincitrice non avrebbe rispettato le prescrizioni di gara, soprattutto nei punti riguardanti la differenziata, lo svolgimento dei servizi, la raccolta domiciliare, l'ecocentro e la pulizia dei contenitori. Secondo il Tar, che aveva dato ragione alla società sconfitta, c'era una distonia tra quanto richiesto dal bando e quanto effettivamente offerto. Ma i giudici del consiglio di Stato non sono d'accordo.

La percentuale di differenziata

Il punto centrale del bando di gara, per i giudici, è la percentuale di differenziata che il comune vuole raggiungere, un obiettivo fondamentale per il comune che appalta il servizio. Ecco perché, spiegano i giudici, la descrizione della nuova organizzazione dei servizi di igiene urbana "non deve essere traguardata come volta a vincolare rigidamente le modalità di esplicazione del servizio stesso". Per i giudici, dunque, la percentuale di differenziata da raggiungere è "il nucleo centrale irrinunciabile". Secondo i giudici, dunque, leggendo il disciplinare di gara, la volontà del comune "non è quella di avere un servizio con quelle specifiche, precise ed immodificabili caratteristiche, bensì quella di avere un servizio che consenta di conseguire i cennati obiettivi minimi di riciclo". Insomma, non importa come ci si arrivi alla percentuale di differenziata, ma che ci si arrivi.

Le modalità alternative

E che il comune non abbia escluso modalità alternative per migliorare i dati della differenziata, lo si evince proprio dal disciplinare che prevede ben 40 punti su 100 disponibili a "servizi aggiuntivi e migliorie" e di questi, ben 25 punti per "soluzioni aggiuntive di svolgimento dei servizi e/o complementari". Quindi il comune ha voluto lasciare piena iniziativa alle società partecipanti per articolare diverse prestazioni di servizi per migliorare la performance della differenziata. D'altronde le linee guida non sono prescrizioni rigide e immodificabili, ma lasciano sempre un margine di manovra nei confronti di chi presenta un'offerta. Mentre l'offerta tecnica deve avere delle caratteristiche minime previste dal disciplinare, pena l'esclusione. Si tratta del principio di equivalenza.

Le specifiche tecniche

Negli appalti di servizi, le specifiche tecniche "definiscono le caratteristiche richieste di un prodotto o di un servizio, tra cui i livelli di qualità, i livelli di prestazione ambientale e le ripercussioni sul clima, una progettazione che tenga conto di tutte le esigenze (compresa l’accessibilità per le persone con disabilità) e la valutazione della conformità, la proprietà d’uso, l’uso del prodotto, la sicurezza o le dimensioni, compresi i requisiti applicabili al prodotto quali la denominazione di vendita, la terminologia, i simboli, il collaudo e i metodi di prova, l’imballaggio, la marcatura e l’etichettatura, le istruzioni per l’uso, i processi e i metodi di produzione ad ogni stadio del ciclo di vita della fornitura o dei servizi, nonché le procedure di valutazione della conformità". Il principio di equivalenza trova applicazione anche in assenza di un'espressa previsione del bando.

Il fine ultimo

Dicono i giudici: "Le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non debbono intendersi come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum: le offerte, in altre parole, rispettano la lex specialis ove comunque capaci di conseguire il fine ultimo (e, a ben vedere, esclusivo) dell’affidamento, consistente, nel caso specifico, nel miglioramento delle percentuali di raccolta differenziata. Non ha, dunque, rilievo escludente la parziale distonia fra prestazioni offerte e modalità del servizio divisate dalla documentazione di gara (in particolare, dalle Linee Guida), ove, a giudizio del seggio di gara, sia comunque assicurato l’obiettivo finale di miglioramento dell’efficienza della raccolta". L'offerta della società vincitrice aveva convinto il comune con una serie di servizi aggiuntivi che rendevano i servizi migliori rispetto a quanto previsto dal disciplinare di gara. "La stazione appaltante - dicono i giudici - ha, evidentemente, ritenuto sufficienti e convincenti tali argomentazioni, avendo non solo ammesso la società alla gara, ma avendo altresì attribuito un alto punteggio alla relativa offerta". E la società ricorrente non è riuscita a dimostrare che i servizi proposti dalla società vincitrice non siano, invece, idonei a raggiungere gli obiettivi richiesti.

Cooperativa e bandi di gara

Come confermato più volte, una cooperativa sociale può prendere parte ai bandi di gara, come è avvenuto nel caso analizzato (la società vincitrice è una cooperativa sociale), a patto che, dicono i giudici, rispetti il proprio CCNL, il contratto collettivo nazionale di lavoro di settore. Spiegano i giudici: "L'obbligo di adozione di un CCNL diverso da quello fisiologicamente applicabile avrebbe l’effetto equivalente di scoraggiare la partecipazione alle gare pubbliche delle imprese cooperative sociali e si porrebbe, pertanto, in tensione con i fondamentali ed inderogabili valori giuridici unionali e nazionali di massima apertura del mercato degli appalti pubblici". Il ricorso è stato accolto e dunque ribaltata la sentenza in primo grado.

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