Il principio del risultato nel Codice Appalti 2023

Il Consiglio di Stato si esprime per la prima volta sul principio del risultato di cui all'articolo 1 del Decreto Legislativo n. 36/2023, Codice dei contratti pubblici

di Alessandro Boso - 27/04/2023

Il Codice Appalti 2023 si apre con un articolo dedicato al principio del risultato: è un principio innovativo all’interno dell’ordinamento italiano? Qual è il significato di indicare questo principio come prioritario?

Il risultato è un principio innovativo?

Il D.Lgs. n. 36/2023 contiene una parte interamente dedicata ai principi, ovvero il titolo I che prevede ben undici principi generali.

Tra questi principi, assume valore preminente il principio del risultato, sancito all’art. 1: l’affidamento e l’esecuzione del contratto devono realizzarsi con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo.

A ben guardare tale principio non costituisce una novità nel nostro ordinamento. Ce lo dice la norma stessa, che lo definisce “attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità”. Esso, quindi, deriva direttamente dall’art. 97 della Costituzione italiana.

Lo conferma anche la Relazione illustrativa al Codice dove il “principio del risultato” viene definito come una derivazione “evoluta” del principio del buon andamento, sulle orme di studi di autorevolissima dottrina che ormai da decenni auspica e teorizza “l’amministrazione del risultato”.

La sentenza del Consiglio di Stato

Anche la più recente giurisprudenza ha affermato che il principio del risultato è già immanente nell’ordinamento, in quanto esplicazione del principio eurocomunitario della proporzionalità, ovvero del principio che impone all’amministrazione di adottare un provvedimento che non ecceda quanto è opportuno e necessario al fine del conseguimento dello scopo prefissato, da cui discende la c.d. «strumentalità delle forme» ad un interesse sostanziale dell'Amministrazione. Vedasi la recentissima pronuncia del Consiglio di Stato sentenza n. 4014 del 20/04/2023 che, ancor prima che il nuovo Codice acquisisca piena efficacia, ha preso in esame anzidetto principio del risultato.

La novità è quindi rappresentata dal fatto che lo scopo dell’azione amministrativa, nell’ambito della materia dei contratti pubblici, viene oggi esplicitamente dichiarato: la pubblica amministrazione deve portare a compimento i lavori ed erogare i servizi necessari al benessere della comunità. Il suo compito non è indire gare d’appalto!

Il risultato inoltre è indicato anche come criterio per valutare la responsabilità del personale e attribuire gli incentivi.

Come affermato dagli illustri redattori del Codice: “il risultato si inquadra nel contesto della legalità e della concorrenza: ma tramite la sua codificazione si vuole ribadire che legalità e concorrenza da sole non bastano, perché l’obiettivo rimane la realizzazione delle opere pubbliche e la soddisfazione dell’interesse della collettività”.

Il risultato come “principio guida” prioritario

Il principio del risultato non solo viene indicato come criterio per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, ma - insieme con il principio della fiducia (volto a favorire l’iniziativa dei funzionari pubblici) e con il principio dell’accesso al mercato degli operatori economici - deve essere utilizzato, ai sensi dell’art. 3, come criterio interpretativo e applicativo di tutto il Codice.

Viene da chiedersi che valore abbiano, dunque, gli altri principi previsti dagli articoli 4 e successivi; se non si utilizzano a fini interpretativi e applicativi che principi sono?

In realtà, nei primi undici articoli del codice c’è una commistione tra veri e propri principi (come il principio di buona fede di cui all’art. 5) e norme che contengono specifici obblighi per le stazioni appaltanti e per gli operatori economici: quale ad esempio l’obbligo di rinegoziare il contratto a fronte di circostanze straordinarie e imprevedibili, in virtù del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale (art. 9).

Ma ciò che risalta è il fatto che nel nuovo Codice alcuni principi - i primi tre - vengono individuati come principi che hanno un valore e una dignità superiori agli altri. Il principio del risultato viene espressamente indicato come “prioritario”.

La giurisprudenza ci ha insegnato che, di regola, i principi non vanno “massimizzati” ma vanno ragionevolmente bilanciati e attuati secondo diverse graduazioni. La massimizzazione di un principio comporta l'«annichilimento» del principio o dei principi incompatibili e, dunque, la violazione dell'ordinamento che impone un'attuazione - ancorché minima - a tutti i principi dello stesso «rango».

Ebbene ora, nella materia dei contratti pubblici, è la legge stessa che compie un preventivo bilanciamento, che ci indica quali sono i principi superiori da utilizzare come criteri guida, che individua lo scopo ultimo da tener presente nel compiere ogni valutazione: l’efficiente esecuzione dell’appalto.

I principi di concorrenza e trasparenza passano in secondo piano, vengono tutelati non più come mero fine, ma, più correttamente, come mezzo in vista del raggiungimento del risultato.

Cambia il baricentro!

Ciò ha inciso anche sulla figura del “RUP”. Questo soggetto, infatti, proprio in funzione del risultato, assume un nuovo nome: non più responsabile del procedimento, ma responsabile del progetto! Egli, infatti, deve supervisionare e coordinare più procedimenti amministrativi volti, non già ad emanare un provvedimento, ma diretti a realizzare un progetto.

Qualcuno può pensare che tutto questo sia una novità più di facciata che di sostanza. Ma, ad avviso di chi scrive, la dichiarazione di uno scopo ha una sua concreta utilità. Del resto, secondo il noto metodo “S.M.A.R.T.”, per raggiungere un obiettivo è innanzitutto necessario che questo sia riconosciuto e quindi esplicitato!

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