Professione Ingegnere: quasi tutti scelgono la laurea magistrale

La conferma nel rapporto del Centro Studi della Fondazione CNI: l’80% dei laureati "triennali” prosegue il percorso di studi

di Redazione tecnica - 20/04/2023

Quasi 25 anni dopo l’entrata in vigore del decreto del MIUR n. 509/1999, che ha introdotto nell’ordinamento universitario il cosiddetto sistema “3+2”, e oltre 20 anni dopo l’istituzione della sezione B negli Albi professionali, riservata ai possessori di laurea triennale, si conferma comunque la preferenza per la laurea magistrale in ingegneria.

Laureati in ingegneria: il nuovo rapporto del Centro Studi della Fondazione CNI

Lo confermano i dati del rapporto del Centro Studi della Fondazione CNI, nel quale si sottolinea che l’universo dei laureati di primo livello è di non semplice quantificazione, dal momento che una quota superiore all’80%, una volta conseguito il titolo, prosegue il percorso universitario iscrivendosi ad un corso di laurea magistrale. I poco più di 200mila laureati che costituiscono la popolazione con una laurea di primo livello in ingegneria quale titolo di studio più “elevato” comprendono infatti anche gli iscritti ai corsi di laurea magistrale.

Nel complesso, il numero di laureati di primo livello in ingegneria appare in costante aumento: nel 2020 hanno conseguito il titolo di laurea 28.659 studenti, mentre solo 5 anni prima, la quota era inferiore alle 25mila unità. In continuo aumento il numero di donne laureate in ingegneria: toccano il 26,3% dei laureati di primo livello e la quota aumenta fino al 46% tra i laureati in Scienze e tecniche dell’edilizia.

I dati sugli ingegneri iuniores

Il rapporto del Centro Studi CNI offre importanti indicazioni anche in merito ai livelli occupazionali dei laureati “triennali”: oltre il 55% risulta occupato in un’attività lavorativa. Si tratta di una percentuale apparentemente bassa, considerato che buona parte di loro sta proseguendo la carriera universitaria.

Il tasso di disoccupazione, infatti, è pari al 6%, mentre il 41,3% rientra nella categoria degli “inattivi” che comprende appunto anche gli studenti. Va comunque evidenziato che le difficoltà di accesso al mercato del lavoro da parte dei laureati di primo livello sono più evidenti rispetto ai colleghi magistrali. Mentre ad un anno dalla laurea, il tasso di disoccupazione tra gli ingegneri “iuniores” è pari al 15,5% tra i laureati del gruppo “Architettura e Ingegneria civile” e al 12,7% tra quelli del gruppo “Ingegneria industriale e dell’informazione”, tra i laureati magistrali i corrispondenti valori sono pari rispettivamente al 7,4% e al 4,2%.

 Altra criticità per i laureati di primo livello in ingegneria sta nella differenza di retribuzione in base al genere: una laureata di primo livello delle discipline ingegneristiche guadagna ad un anno dalla laurea mediamente circa il 20% in meno di un collega uomo.

Infine, nel rapporto del Centro Studi CNI fornisce alcune informazioni sul peso degli ingegneri iuniores nell’Albo professionale: al momento risultano iscritti alla sezione B poco più di 12.500 ingegneri, pari al 5% del totale. Un valore che, seppur in costante crescita, non raggiunge i livelli che ci si potrebbe attendere, soprattutto se rapportato al numero di laureati che ogni anno escono dall’università (oltre 25mila). In ogni caso, negli ultimi 7 anni si è comunque registrata una consistente spinta soprattutto dall’universo femminile che ha visto aumentare il numero di iscritte del 51,5% rispetto al 2016 a fronte del 36,5% rilevato tra gli uomini.

Il commento del Centro Studi

“Il rapporto del nostro Centro Studi – afferma Giuseppe Margiotta, Consigliere Segretario del CNI e Presidente del Centro Studi CNI – fa emergere alcuni interessanti dati sugli ingegneri “triennali” che ci impongono delle riflessioni. Intanto va sottolineato che il numero di laureati di primo livello in ingegneria è in costante aumento e questo è un elemento senza dubbio positivo. Il secondo dato è che la stragrande maggioranza di questi laureati decide poi di proseguire gli studi, puntando a conseguire la laurea magistrale. Per costoro, dunque, la laurea triennale rappresenta solo un passaggio nell’ambito di un processo formativo più lungo. Stando sempre al nostro studio, le principali motivazioni che li spingono a proseguire gli studi sono il miglioramento della propria formazione culturale e la convinzione che con il titolo magistrale aumentino le possibilità di trovare lavoro. Il fatto che queste motivazioni giungano proprio dai diretti interessati è un elemento che ci induce a fare delle attente valutazioni, anche nell’ambito dei progetti che il CNI ha posto in essere in merito alle lauree abilitanti”.

“Sin dall’istituzione delle sezioni dell’albo, sostiene Ippolita Chiarolini, Consigliera sezione B del CNI, sono state create figure senza che fossero definite univocamente competenze e confini della propria attività professionale. Basti pensare che il decreto che determina l’accesso agli albi delle professioni regolamentate (DPR.328/01) prevede che i laureati della classe L-7 Ingegneria civile e ambientale possano scegliere di sostenere le prove dell’Esame di Stato per l’abilitazione a ben 6 professioni diverse (Ingegnere civile ed ambientale iunior, Architetto iunior, Agrotecnico laureato, Geometra laureato, Perito agrario laureato e Perito industriale laureato). In questo senso, forse è arrivato il tempo di ragionare con attenzione ad una revisione dell’organizzazione dell’Albo”.

Una situazione poco chiara che, secondo Emanuele Palumbo del Centro studi CNI, autore dell’indagine, ha ampie ripercussioni anche per ciò che concerne l’occupazione dei laureati. “I laureati di primo livello in ingegneria, a quasi 25 anni di distanza dall’introduzione del titolo di laurea, ancora non hanno trovato una collocazione chiara all’interno del mercato del lavoro: talvolta vengono assunti dalle imprese per mansioni specializzate, altre volte alla stregua di figure più specificatamente tecniche, con uno sminuimento dunque delle proprie competenze”.

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