Proroga tecnica e assenza di programmazione: richiamo ANAC alle Amministrazioni
Proroghe tecniche senza gara e il vuoto di programmazione violano i principi stabiliti dal Codice dei Contratti e configurano un possibile danno erariale per lo Stato
L’uso distorto della proroga tecnica rappresenta uno strumento surrettizio di affidamento diretto, in violazione dei principi cardine della concorrenza e della trasparenza. Non solo: il ricorso reiterato a una soluzione simile è sintomo non solo di cattiva gestione, ma anche di una programmazione inefficiente delle procedure di gara.
Proroga tecnica: no di ANAC all'assenza di programmazione
È estremamente critico il giudizio contenuto nella delibera ANAC del 9 aprile 2025, n. 150 sull’operato di una Pubblica Amministrazione che, in contrastante rispetto ai principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, ha continuato a remunerare un OE in relazione a un appalto di servizi di trasporto e custodia del materiale sanitario “ereditato” dalla gestione commissariale dell’emergenza Covid-19.
La questione nasce da un appalto bandito in urgenza durante la pandemia da una Struttura Commissariale, nella gestione del quale è subentrato successivamente un Ministero.
Il contratto è stato prorogato ben due volte, senza che sia mai stata indetta una gara pubblica per la selezione di un nuovo contraente. L’intera attività è proseguita in regime di proroga tecnica, aggirando così le previsioni del Codice dei Contratti.
La posizione dell’ANAC: uso improprio della proroga tecnica
Secondo l’Autorità, il comportamento del Ministero ha violato l’art. 30, comma 1 del d.lgs. 50/2016, che impone il rispetto dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità.
In particolare, ANAC ha sottolineato che “L’utilizzo reiterato della proroga tecnica, che si traduce in una fattispecie di affidamento senza gara, comporta la violazione dei principi di libera concorrenza e di parità di trattamento”.
La proroga tecnica, regolata dall’art. 106, comma 11 del d.lgs. 50/2016, è un’eccezione temporanea, ammessa solo:
- per contratti in corso di esecuzione,
- nei casi in cui la proroga sia prevista nei documenti di gara originari,
- e solo per il tempo strettamente necessario a concludere una nuova procedura ad evidenza pubblica.
Nel caso di specie, nulla di ciò risulta rispettato.
Il nodo centrale: l’assenza di programmazione
L’ANAC evidenzia con chiarezza che l’intera vicenda mostra un grave vuoto di programmazione. Nessun piano è stato avviato per smaltire o riutilizzare i materiali stoccati, né per individuare un nuovo gestore mediante gara. Il Ministero ha prorogato il contratto “perché non esisteva una strategia alternativa”, dimostrando una gestione reattiva e non pianificata.
Come ricorda ANAC, “La programmazione è espressione dei più generali principi di buon andamento, economicità ed efficienza dell’azione amministrativa [...] fondamentale per la determinazione del quadro delle esigenze, per la valutazione delle strategie di approvvigionamento, per l’ottimizzazione delle risorse e per il controllo delle fasi gestionali”.
La mancata attivazione di una procedura programmata e competitiva ha prodotto un effetto distorsivo del mercato, garantendo all’OE condizioni di favore, senza alcuna verifica di economicità, né concorrenza sull’offerta.
Le conseguenze giuridico-istituzionali
ANAC ha imposto quindi al Ministero l’obbligo di riferire, entro 60 giorni, sulle misure adottate per superare le criticità. In caso contrario, l’Autorità potrà procedere con ulteriori azioni, anche di segnalazione alla Corte dei Conti.
Inoltre, ANAC evidenzia il grave rischio sistemico: “Non essendo ancora stata indetta alcuna procedura di gara propedeutica allo smaltimento del suddetto materiale, appare ipotizzabile che tale contratto dovrà essere nuovamente prorogato in assenza dei presupposti normativi ed in distonia con i principi pro-concorrenziali di derivazione euro-unitaria oltreché con i principi desumibili dall’art. 97 della Carta Costituzionale”.
In sintesi, l’amministrazione ha creato un meccanismo autoreferenziale, in cui l’unico operatore possibile è quello già in servizio, escludendo a priori ogni logica concorrenziale.
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