Proroga tecnica contratto: no alla rideterminazione dei compensi

La proroga tecnica non presuppone la rinegoziazione del compenso, che implica invece una modifica alle modalità di esecuzione del contratto in essere

di Redazione tecnica - 21/03/2023

È illegittima la richiesta da parte di un operatore di un aumento del corrispettivo nel caso di proroga tecnica, come previsto dall’art. 106, comma 11 del d.Lgs. n. 50/0216 (Codice dei Contratti Pubblici).

Proroga tecnica appalto e aumento corrispettivi: il no del TAR

Ne dà conferma il TAR Lombardia, con la sentenza n. 694/2023, con la quale ha respinto il ricorso presentato da un'impresa contro la comunicazione di una proroga tecnica di 12 mesi, a scadenza di un contratto quinquennale e sul quale ha richiesto una compensazione prezzi giustificata dall'aumento dei costi del servizio.

Nel caso in esame, l’unica clausola di adeguamento prezzi inserita nel Capitolato prevedeva l'eventuale applicazione dell’indice ISTAT nazionale dei prezzi al consumo generale FOI riferiti all’anno precedente.

Proroga tecnica e rinegoziazione del compenso: cosa prevede il Codice Appalti

Spiega il TAR che la proroga tecnica, volta a prolungare la vigenza del rapporto contrattuale pregresso, per il tempo necessario all’espletamento della gara con cui si selezionerà il successivo fornitore della P.A., non presuppone la rinegoziazione del compenso, che implica invece una modifica alle modalità di esecuzione del contratto.

Sul punto, il giudice amministrativo ricorda che il compenso spettante per il periodo di proroga tecnica viene disciplinato dall’art. 106, comma 11, D. Lgs. 50/2016, a norma del quale, durante la vigenza del prolungamento: «[…] il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante». Deve dunque escludersi la possibilità di un aumento del corrispettivo spettante all’appaltatore con specifico riferimento al periodo necessario alla definizione della nuova gara.

La disciplina sulla modifica di contratti in corso di efficacia

In riferimento alle istanze di incremento dell’entità del compenso nel periodo antecedente alla proroga, e coincidente con il periodo compreso tra gennaio 2018 e settembre 2022, e/o di rimborso dei maggiori costi sostenuti,il TAR ha specificato che la domanda non può essere accolta né ai sensi dell’art. 106, comma 1, lettera ‘a’ né dalla ‘c’, n. 1, del Codice dei Contratti Pubblici.

L’art. 106, comma 1 lettera ‘a’ D. Lgs. 50/2016 consente la modifica del rapporto contrattuale in essere tra l’impresa e la PA, in assenza di nuova gara: «a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise, inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti. Esse non apportano modifiche che avrebbero l’effetto di alterare la natura generale del contratto o dell’accordo quadro. […] Per i contratti relativi a servizi o forniture stipulati dai soggetti aggregatori restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 511, della legge 28 dicembre 2015 n. 208».

Considerato che i contratti non sono stati stipultati con soggetti aggregatori di cui all’art. 9 D.L. 66/2014, e l’incremento dei costi non risulta certificato da autorità preposte e o dall’AGCM, la domanda non può essere accolta, se non per l’adeguamento agli indici ISTAT.

Allo stesso modo, non può essere effettuato un adeguamento ai sensi dell’art. 106 comma 1 lettera ‘c’ n. 1 D. Lgs. 50/2016, a norma del quale le modifiche e le varianti di contratto possono ammettersi: «c) ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni […]: 1) la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice o per l’ente aggiudicatore. In tali casi le modifiche all’oggetto assumono la denominazione di varianti in corso d’opera. Tra le predette circostanze può rientrare anche la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti; 2) la modifica non altera la natura generale del contratto».

Aumento dei costi richiede la prova rigorosa

La modifica dell’oggetto del contratto richiede la prova rigorosa, da parte dell’istante, della riconducibilità dell’aumento dei costi sostenuti alla «ricorrenza di fatti eccezionali e imprevedibili tali da abbattere l’alea contrattuale dell’imprenditore». Tali «fatti eccezionali e imprevedibili» vanno individuati e provati dall’impresa attrice, cosa che in questo caso non è avvenuta.

Per altro, la giurisprudenza ha precisato che: «La revisione del prezzo indicato quale corrispettivo in un contratto di appalto presuppone un incremento dei costi intervenuto in fase di esecuzione delle prestazioni pattuite e derivante da circostanze imprevedibili al momento della sottoscrizione del contratto, ed ha lo scopo di tenere indenni gli appaltatori pubblici da aumenti dei prezzi dei fattori della produzione suscettibili di incidere significativamente sull'utile preventivato, creando sofferenze che potrebbero impattare negativamente sulla esecuzione del servizio».

Ciò significa che, ai fini dell’operatività dell’art. 106 comma 1 lettera ‘c’ n. 1 cit., la causa dell’incremento dei costi non doveva essere prevedibile da parte della P.A. al tempo della stipula, e deve essere riconducibile a fattori estranei alla sfera di controllo dell’imprenditore, ovvero a circostanze «imprevedibili e non imputabili» all’appaltatore.

Anche in questo caso non è possibile pattutire un corrispettivo aggiuntivo: in assenza della prova dei requisiti di imprevedibilità per l’Amministrazione e non imputabilità all’appaltatore di cui all’art. 106 comma 1 lettera ‘c’ n. 1,, l’ipotetico incremento del corrispettivo riconosciuto all’impresa in difetto di nuova gara porterebbe a premiare, in luogo dell’imprenditore che presenta responsabilmente un’offerta sostenibile e coerente con i dati di mercato, l’operatore che, pur di aggiudicarsi la commessa, produce offerte economicamente insostenibili, salvo poi chiedere l’adeguamento dei corrispettivi convenuti. Il tutto, al di fuori di ogni sana logica competitiva e concorrenziale, che deve invece sovrintendere all’individuazione del contraente della PA e alla determinazione delle condizioni cui l’Amministrazione si vincola nei confronti del privato.

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