Requisiti di capacità professionale: ok se li possiede solo la consorziata esecutrice

Consiglio di Stato: è nulla la clausola del disciplinare che esclude da una gara un Consorzio non in possesso del requisito di idoneità professionale

di Redazione tecnica - 13/07/2023

Va considerata nulla la clausola del bando di gara che preveda il possesso del requisito di idoneità professionale anche in capo al Consorzio e non solo in riferimento alla Consorziata esecutrice. Questo perché si viola il principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 83, comma 8 del D.Lgs. n. 50 del 2016.

Requisiti idoneità professionale e consorzi stabili: charimenti dal Consiglio di Stato

Ne parla in maniera esaustiva la sentenza n. 6777/2023 del Consiglio di Stato, con la quale la V Sezione di Palazzo Spada ha richiamato alcuni importanti principi, nonché orientamenti giurisprudenziali, in relazione ai consorzi stabili, alla loro natura, all’utilizzo dell’istituto del cumulo alla rinfusa e alla tassatività delle cause da esclusione.

Occasione ne è stata il giudizio in appello, sul ricorso presentato contro il provvedimento di esclusione di un Consorzio stabile, disposto appunto per mancanza, di un requisito che secondo il disciplinare doveva essere posseduto sia dal Consorizio che dalla Consorziata esecutrice del contratto.

In primo grado, il ricorso era stato dichiarato inammissibile in quanto secondo il giudice del TAR le clausole delle lex specialis di gara che fissano i requisiti di idoneità tecnica e professionale non contrastano con il principio di tassatività delle clausole di esclusione, rientrando nella discrezionalità della stazione appaltante, per cui non possano essere dichiarate nulle, ma al più, ove illegittime, annullabili.

Cos’è il consorzio stabile

Nel valutare la questione, il Consiglio ha prima richiamato i princìpi elaborati dalla giurisprudenza sulla natura dei consorzi stabili.

Il consorzio stabile è stato introdotto dall’art. 10, comma 1, lett. c), L. 10 febbraio 1994, n. 109, all’esito di un “percorso di tipizzazione normativa del fenomeno della cooperazione tra imprese” nell’esecuzione di commesse pubbliche, che ha visto nel tempo il riconoscimento delle associazioni temporanee di imprese e dei consorzi di cooperative di produzione e lavoro regolati dalla l. 25 giugno 1909, n. 422, con l’art. 20, l. 8 agosto 1977, n. 584, e la disciplina dei consorzi ordinari, con l. 17 febbraio 1987, n. 80.

I consorzi stabili sono quei consorzi costituiti tra almeno tre imprese che abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici per un periodo non inferiore a cinque anni, istituendo a tale fine una comune struttura di impresa.

Si differenziano pertanto dai consorzi “ordinari” in quanto, mentre questi ultimi nascono e cessano (al pari delle associazioni temporanee di imprese) in vista di un’unica operazione, i primi sono costituiti in funzione di un numero potenzialmente illimitato di operazioni.

Come evidenziato dalla dottrina, l’istituto del consorzio stabile costituisce un'evoluzione della figura tradizionale disciplinata dagli artt. 2602 ss. c.c. e si colloca in una posizione intermedia fra le associazioni temporanee e gli organismi societari risultanti dalla fusione di imprese.

L’istituto si colloca dunque nel più ampio fenomeno della partecipazione aggregata alle procedure di evidenza pubblica, secondo i principi del favor partecipationis e della “neutralità delle forme giuridiche” dei soggetti partecipanti alla procedura di gara, disciplinati e regolamentati dalla legislazione prima comunitaria e poi eurounitaria.

Ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 “Rientrano nella definizione di operatori economici i seguenti soggetti… c) i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell’art. 2615 ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro. I consorzi stabili sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tale fine una comune struttura di impresa”.

La prevalente giurisprudenza amministrativa qualifica pertanto consorzi stabili quei consorzi che abbiano stabilito di operare nel settore dei contratti pubblici per un periodo non inferiore a cinque anni e che, pertanto, abbiano istituito una comune struttura d’impresa. Si tratta di aggregazioni durevoli di soggetti che nascono da un’esigenza di cooperazione ed assistenza reciproca e, operando come un’unica impresa, si accreditano all’esterno come soggetto distinto

Il cumulo alla rinfusa

Il Consiglio di Stato ha chiarito in più occasioni che i consorzi stabili sono operatori economici dotati di autonoma personalità giuridica, costituiti in forma collettiva e con causa mutualistica, che operano in base a uno stabile rapporto organico con le imprese associate, il quale si può giovare, senza necessità di ricorrere all’avvalimento, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del “cumulo alla rinfusa”.

Sul punto l’Adunanza Plenaria n. 8 del 2012, ha affermato il principio secondo cui “mentre i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere riferiti al consorzio (come previsto dall’art. 35 codice appalti), i requisiti generali di partecipazione alla procedura di affidamento previsti dall’art. 38 codice citato devono essere posseduti dalle singole imprese consorziate; se, infatti, in caso di consorzi, tali requisiti andassero accertati solo in capo al consorzio e non anche in capo ai consorziati che eseguono le prestazioni, il consorzio potrebbe agevolmente diventare uno schermo di copertura consentendo la partecipazione di consorziati privi dei necessari requisiti; per gli operatori che non hanno i requisiti dell’art. 38 (si pensi al caso di soggetti con condanne penali per gravi reati incidenti sulla moralità professionale) basterebbe, anziché concorrere direttamente andando incontro a sicura esclusione, aderire a un consorzio da utilizzare come copertura”.

L'art. 47, comma 1, del D.Lgs. n. 50 del 2016 statuisce che "i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l'ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all'articolo 45, comma 2, lettere b) e c), devono essere posseduti e comprovati dagli stessi con le modalità previste dal presente codice, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera, nonché all'organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate".

L'art. 47, comma 2, D.lgs. n. 50 del 2016, nella sua originaria formulazione, prevedeva che "per i primi cinque anni dalla costituzione, ai fini della partecipazione dei consorzi di cui all'art. 45, comma 2, lettera c), alle gare, i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi previsti dalla normativa vigente posseduti dalle singole imprese consorziate esecutrici, vengono sommati in capo al consorzio".

L'art. 31 del decreto correttivo del codice (D.Lgs. n. 56 del 2017) ha modificato il comma 2, stabilendo che "i consorzi di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c), e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l'esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l'esecuzione del contratto. Con le linee guida dell'ANAC di cui all'articolo 84, comma 2, sono stabiliti, ai fini della qualificazione, i criteri per l'imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni". Per poter spendere i requisiti dei consorziati indicati per l'esecuzione era, quindi, sufficiente la semplice designazione in fase di gara; per poter usufruire di quelli dei consorziati non designati occorreva, invece, ricorrere all'istituto dell'avvalimento.

In seguito, il D.L. n. 32 del 2019 (c.d. Sblocca cantieri) ha sostituito il comma 2 ed ha aggiunto il comma 2-bis all'interno dell'art. 47, in virtù dei quali:

  • "I consorzi stabili di cui agli articoli 45, comma 2 e 46, comma 1, lettera f), eseguono le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto, ferma la responsabilità solidale degli stessi nei confronti della stazione appaltante. Per i lavori, ai fini della qualificazione di cui all'articolo 84, con il regolamento di cui all'articolo 216, comma 27-octies, sono stabiliti i criteri per l'imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni. L'affidamento delle prestazioni da parte dei soggetti di cui all'articolo 45, comma 2, lettera b), ai propri consorziati non costituisce subappalto” (art. 47 comma 2);
  • - "La sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l'affidamento di servizi e forniture è valutata, a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati. In caso di scioglimento del consorzio per servizi e forniture, ai consorziati sono attribuiti pro quota i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi maturati a favore del consorzio e non assegnati in esecuzione ai consorziati. Le quote di assegnazione sono proporzionali all'apporto reso dai singoli consorziati nell'esecuzione delle prestazioni nel quinquennio antecedente" (art. 47 comma 2-bis).

In questo caso, il requisito posseduto dalla consorziata indicata come esecutrice ma non dal consorzio in proprio rappresenta un requisito soggettivo di capacità professionale indispensabile per l’esecuzione del servizio oggetto di appalto; come tale esso rientra fra i requisiti di cui all’art. 83 lettera a) del d.Lgs. n. 50/2016. Non appare necessario il ricorso all’istituto del cumulo alla rinfusa, non essendosi in presenza né della presentazione dell’offerta per l’esecuzione in proprio della commessa da parte del consorzio, né della designazione di un’impresa esecutrice priva dei prescritti requisiti.

Il consorzio può partecipare alla gara a favore di un’impresa consorziata indicata come esecutrice; in tal caso, ove si verta in un contratto di servizi e forniture, si deve ritenere che sia l’impresa indicata come esecutrice a dovere possedere i requisiti, non solo di capacità tecnica e professionale, ma anche di idoneità professionale, come evincibile dall’art. 47 comma 2 bis del Codice secondo cui “La sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l'affidamento di servizi e forniture è valutata, a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati”.

Il consorzio può pertanto designare, per l'esecuzione del contratto, una o più delle imprese consorziate. In questo caso è sufficiente che le imprese designate possiedano e comprovino i requisiti, tecnici e professionali, di partecipazione; ferma restando la possibilità, ove l’impresa indicata come esecutrice non possegga i prescritti requisiti, per il consorzio che ne sia in possesso, di avocare a sé, in sede di verifica del possesso dei requisiti, la prestazione.

Cause da esclusione

Ciò posto, la clausola del bando di gara in esame che impone il possesso del requisito idoneità professionale anche in capo al Consorzio, anche quando esso stesso partecipi alla gara per il tramite dell’impresa indicata come esecutrice, deve intendersi nulla per violazione del principio di tassatività delle clausole di esclusione, con la conseguenza che la stessa, al contrario di quanto ritenuto dal giudice di prime cure, non era soggetta ad onere di immediata impugnativa.

Il principio di tassatività delle cause di esclusione, di cui all'art. 83, comma 8, del d.Lgs. n. 50 del 2016, importa che le prescrizioni a pena di esclusione ulteriori rispetto a quelle previste dal codice e da altre disposizioni di legge vigenti "sono comunque nulle"; per altro non sussiste l’onere di impugnarle, bensì di impugnare gli atti conseguenti che ne facciano applicazione.

La nullità della clausola escludente contra legem, prevista dall’art. 83, comma 8, del Codice, va intesa come nullità in senso tecnico. Inoltre, anche se la clausola è nulla, tale nullità è parziale e non si estende al provvedimento nel suo complesso.

Il principio di tassatività delle clausole di esclusione deve applicarsi anche all caso in  esamein quanto la clausola in questione integra il relativo presupposto, con conseguente nullità ai sensi dell'art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici.

In linea generale infatti la nullità, quale conseguenza della violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, colpisce le clausole con le quali l'amministrazione impone ai concorrenti determinati adempimenti o prescrizioni, ai fini della ammissione alla procedura di gara, che non trovano alcuna base giuridica nelle norme che prevedono cause di esclusione.

Il ricorso è stato quindi accolto: la clausola in esame infatti non si ricollega, all'esercizio di un potere discrezionale riconosciuto alla stazione appaltante nell'ambito della indicazione dei requisiti speciali di partecipazione o dei requisiti di idoneità professionale, secondo i criteri della proporzionalità e della adeguatezza all'oggetto dell'appalto e delle prestazioni richieste dall'amministrazione (art. 83, comma 2, del Codice dei contratti pubblici) ma alla modulazione dei requisiti di partecipazione individuati dalla stazione appaltante in capo al consorzio ed in capo alle consorziate, modulazione questa che invece non può essere oggetto di scelta discrezionale ad opera della stazione appaltante, essendo fissata ex lege.

Di conseguenza, le clausole del disciplinare di gara sui requisiti di partecipazione in capo al Consorzio devono considerarsi nulle per violazione dell'art. 83 comma 8 del D.Lgs. n. 50 del 2016 così come il provvedimento di esclusione della parte appellante, impugnata nei termini consentiti.

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