Revoca aggiudicazione gara: la segnalazione ad ANAC non è impugnabile

Trattandosi di un atto prodromico ed endoprocedimentale, la segnalazione non è impugnabile in quanto non dotata di autonoma lesività

di Redazione tecnica - 23/01/2024

Nell’ambito di una procedura di revoca di aggiudicazione di una gara, la segnalazione ad ANAC non rappresenta un atto autonomamente impugnabile, in quanto solo prodromico ed endoprocedimentale, non dotato di autonoma lesività.

Revoca aggiudicazione e segnalazione ad ANAC: la sentenza del TAR

A spiegarlo è il TAR Lazio con la sentenza del 19 gennaio 2024, n. 928, con cui ha respinto il ricorso e confermato la legittimità di un provvedimento di revoca di aggiudicazione di una gara, comprendente l’escussione della garanzia (comunque non avvenuta) e la segnalazione dell’operatore ad ANAC.

La questione riguarda la mancata stipula di un accordo quadro per interventi Superbonus 110% su alcuni immobili di edilizia popolare e per il quale l'OE, dopo essersi aggiudicato un lotto, aveva acconsentito all’affidamento di altri due, chiedendo la revisione di alcuni termini contrattuali.

La SA ha in parte accolto le richieste, confermando invece alcune delle condizioni contrattuali iniziali, motivo per cui la ricorrente ha comunicato la decisione di non voler più stipulare l'accordo per “la mancata sussistenza delle condizioni di tipo contrattuale-finanziario e tecnico per poter procedere alla sottoscrizione e relativa esecuzione delle attività”. La Stazione Appaltante ha mandato ugualmente la documentazione per perfezionare il contratto, a cui la società ha replicato confermando la volontà di non stipulare.

È stato quindi avviato il procedimento di revoca dei provvedimenti di aggiudicazione della gara, dell’escussione della garanzia provvisoria e di segnalazione del provvedimento all’ANAC, da cui è nato il ricorso dell’operatore.

Revoca aggiudicazione gara: quando è legittima?

Sul punto, il TAR ha specificato che nelle gare pubbliche è legittima la revoca dell'aggiudicazione dell'appalto disposta dalla stazione appaltante a seguito del rifiuto, da parte dell'aggiudicatario, di stipulare il relativo contratto d'appalto, e ciò anche quando il termine per la stipula del contratto sia scaduto. In particolate, “l'infruttuoso decorso del termine di cui all'art. 32, comma 8, del d.gs. n. 50/2016 previsto per la sottoscrizione del contratto di appalto non preclude affatto la possibilità di stipularlo, stante la natura meramente ordinatoria dello stesso”.

Quanto all’obbligo di sottoscrizione del contratto entro il termine di 60 giorni previsto dalla legge, l'art. 32 del codice dei contratti è posto a tutela dell'aggiudicatario, il quale deve poter calcolare ed attuare le scelte imprenditoriali entro tempi certi.

Da ciò deriva che, di fronte all'inerzia dell'amministrazione che si sottrae all'obbligo di stipulare il contratto, l'operatore economico ha di fronte a sé due opzioni:

  • svincolarsi dalla propria offerta;
  • proporre azione avverso il silenzio, di cui agli artt. 31 e 117 del d.lgs. n. 104/2010 al fine di ottenere la condanna dell'amministrazione pubblica a provvedere.

In entrambi i casi, il presupposto legittimante è l'inerzia dell'amministrazione, inerzia che in questo caso non vi è stata in quanto la ricorrente si è aggiudicata la gara, pretendendo poi di stipulare un contratto diverso rispetto a quello scaturito dalla procedura ad evidenza pubblica.

L'art. 32 comma 8 del Codice dei contratti, fa notare il TAR, è una disposizione che si applica quando il contratto che l'amministrazione rifiuta di stipulare è quello scaturito dalla procedura di gara, non quello che l'operatore economico pretende di stipulare dopo le modifiche cui aspira. Ne consegue che la ripetuta manifestazione di volontà di addivenire alla stipula con condizioni contrattuali frutto di rinegoziazione tra le parti è del tutto incompatibile con quella di sciogliersi dal vincolo contrattuale.

Il rifiuto a stipulare giustifica la revoca dell'aggiudicazione

Inoltre, la giurisprudenza è consolidata nel senso di ritenere che negli appalti pubblici non è precluso all'amministrazione di revocare l'aggiudicazione in presenza di un interesse pubblico individuato in concreto, del quale si è dato atto nella motivazione del provvedimento di autotutela, alla stregua dei principi generali dell'ordinamento giuridico, i quali, oltre che espressamente codificati dall'art. 21 quinquies della L. n. 241/1990, trovano fondamento negli stessi principi costituzionali predicati dall'art. 97 Cost., ai quali deve ispirarsi l'azione amministrativa.

L'esercizio di tale potere non è subordinato al ricorrere di ipotesi tipiche, tassativamente predeterminate dal legislatore, ma è rimesso alla valutazione ampiamente discrezionale dell'amministrazione.

In definitiva, il rifiuto di stipulare il contratto a seguito di aggiudicazione di gara pubblica costituisce un fatto che, all'evidenza, può giustificare, come è avvenuto in questo caso, la revoca dell'aggiudicazione. La revoca può legittimare, laddove l’amministrazione ne ravvisi una causa nella condotta dell’operatore economico, anche l'escussione della garanzia fideiussoria che può essere disposta qualora non si proceda alla stipula del contratto per fatto imputabile all'aggiudicatario.

La segnalazione ad ANAC non è impugnabile in sé

In relazione alla segnalazione ad Anac, trattandosi di un atto prodromico ed endoprocedimentale, esso non è impugnabile in sè poiché non è dotato di autonoma lesività, potendo essere fatti valere eventuali suoi vizi, unicamente in via derivata, impugnando il provvedimento finale dell'Autorità di vigilanza, unico atto avente natura provvedimentale e carattere autoritativo.

La segnalazione della revoca all'ANAC quindi costituisce una mera comunicazione tra enti, di per sé priva di carattere lesivo e che ai fini dell'inserimento di un'annotazione nel casellario informatico delle imprese, costuisce un obbligo per la Stazione Appaltante.

In conclusione, la scelta da parte della stazione appaltante di procedere alla revoca dell’aggiudicazione in caso di rifiuto alla sottoscrizione del contratto da parte dell’operatore economico è di per sé legittima, non essendo previste dalla legge le ipotesi tassative nelle quali tale facoltà può essere esercitata, ritenendosi l’Amministrazione libera di valutare e rivalutare la convenienza dell’operazione contrattuale alla luce degli interessi pubblici perseguiti.

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