Riforma Codice dei contratti: il principio del risultato

La nuova riforma mira a favorire una più ampia libertà di iniziativa e di auto-responsabilità delle Stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità

di Giada Mazzanti - 19/01/2023

Come noto, con il comunicato stampa del 16 Dicembre 2022 il Governo ha informato della approvazione, in esame preliminare, del decreto legislativo di riforma del Codice dei contratti pubblici, in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78.

Il primo Libro del nuovo Codice è rubricato “dei principi, della digitalizzazione, della programmazione e della progettazione”. La prima parte è dedicata ai principi e verte intorno a primi due articoli: il “principio del risultato” ed il “principio della fiducia”.

Nella Relazione agli articoli e agli allegati è possibile trovare il senso di questa diversa collocazione normativa. Mentre Il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 non contiene una parte iniziale dedicata ai principi generali, il progetto di nuovo codice ha inteso, invece, dedicare la Parte I del Libro I alla codificazione dei principi che riguardano l’intera materia dei contratti pubblici, riportando nei primi due i principi cardine.

Il principio del risultato

L’articolo 1 è rubricato “Principio del risultato”. Nel puntualizzare che l’obiettivo da perseguire è il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione, vengono espressamente previsti altri principi di matrice europea come quello della tempestività, del migliore rapporto qualità/prezzo, di legalità, trasparenza e concorrenza. La trasparenza è infatti funzionale alla corretta applicazione delle regole del codice e ne assicura la piena verificabilità.

Il principio del risultato costituisce l’attuazione del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Il principio del risultato è il criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto. Esso è destinato ad operare sia come criterio prioritario di bilanciamento con altri principi nell’individuazione della regola del caso concreto, sia, insieme con quello della fiducia nell’azione amministrativa (ex. art. 2), come criterio interpretativo delle singole disposizioni.

Per meglio inquadrare l’argomento andiamo alle origini, ossia all’articolo 97 comma 2 della nostra Costituzione:

I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione".

Dal principio di legalità al principio di discrezionalità

È dal principio di legalità che si ricava il principio di discrezionalità. Discrezionalità amministrativa, ossia “margine di scelta che la norma rimette all’amministrazione affinché essa possa individuare, tra quelle corrette, la soluzione migliore per curare nel caso concreto l’interesse pubblico” (Massimo Severo Giannini).

Il principio di legalità non significa mero rispetto della legge, ma necessita che la legge stabilisca fini, mezzi e competenze. Il potere discrezionale è potere vincolato; la discrezionalità tecnica, è così quella discrezionalità che scaturisce dalla mera applicazione di scienze esatte.

Con riguardo all’azione amministrativa, il principio di imparzialità è spiegato dall’insegnamento del primo titolare di cattedra di diritto amministrativo, Gian Domenico Romagnosi, secondo il quale “l’interesse pubblico deve essere realizzato nel miglior modo possibile e con il minor sacrificio possibile dei privati”. È il principio di imparzialità così inteso che impone il processo amministrativo (avvio del procedimento, obbligo di motivazione e tutti gli altri istituti).

Che cosa significa “buon andamento”? Per tanti anni ha assunto un significato di mero auspicio. E’ possibile individuare la regola della buona amministrazione in via deduttiva dalle altre scienze (dalle leggi dell’economia, dell’ingegneria, dell’etica, ecc) e dall’esperienza, assumendo rilevanza giuridica proprio in virtù dell’art. 97 Cost. co. 2. Sia chiaro, già con il d.lgs. 50/2016 il principio di economicità può essere subordinato ai criteri ispirati a esigenze sociali, alla tutela della salute dell'ambiente del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico.

Il primo comma dell’art. 1 della l. 241/1990, dedicato ai principi generali dell’attività amministrativa, dà svolgimento all’art. 97 co.2 della nostra Costituzione e introduce criteri economici: “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità, di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano i singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario”. I principi economici entrano in ambito giuridico proprio grazie al principio del buon andamento.

L’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, diversamente dall’art. 97 Cost. co.2, parla di “diritto ad una buona amministrazione” Dal mero auspicio alla schiettezza ed al pragmatismo del diritto Comunitario: “ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle Istituzioni e dagli Organi dell’Unione”.

L'obiettivo è il risultato

Nel nuovo Codice dei contratti pubblici viene rimarcato che l’obiettivo da perseguire è il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione, ricordando che il principio del risultato costituisce l’attuazione del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità.

Per dare un quadro di insieme all’analisi della materia corre obbligo dire che non esiste un catalogo esaustivo dei principi nel diritto amministrativo europeo. Essi sono estrapolati dai trattati, dalle tradizioni costituzionali comuni, dalla carta dei fondamenti dell'UE, dal Codice dei Contratti pubblici...si tratta di una pagina sempre aperta alle esigenze nuove ed emergenti.

Così si è passati dal principio di uguaglianza meramente formale ad un profilo sostanziale, comprendente azioni positive per la tutela della diversità, ossia trattare in modo diverso situazioni diverse. Questo perché in presenza di fattori oggettivi che ostacolano la parità, trattare in modo uguale posizioni diverse significa in definitiva discriminare.

Articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali UE, rubricato parità tra donne e uomini: "La parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione". Il principio della parità non osta al mantenimento all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato.

Il principio di proporzionalità

Altro principio rilevante è quello di proporzionalità, affermato a livello europeo e diventato ormai un classico nella giurisprudenza del nostro Consiglio di Stato, che ogni volta mette in pratica il test di proporzionalità - necessità, adeguatezza e idoneità della misura.

I principi in questione sono davvero tanti e importanti. Il principio di indipendenza dell'amministrazione, di sussidiarietà per la ripartizione delle competenze, nonché i principi che regolano i rapporti tra le fonti (di supremazia e dell'effetto diretto), per l'omogeneità e la contestuale applicazione del diritto comune.

Per tornare al principio di buona amministrazione, i corollari sono l'imparzialità, l'equità e la tempestività (“entro un termine ragionevole”). Il diritto ad una buona amministrazione comprende il principio del contraddittorio, il diritto di accesso ai documenti, l'obbligo di motivazione, il diritto del risarcimento del danno.

L’art. 12 o.1, lett. a) della l. 120/2020 ha aggiunto il principio della buona fede, all’art. 1 l. 241/1990 co. 2-bis: “i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede.”

Nella “Relazione agli articoli e agli allegati” viene espressa una interpretazione focale: attraverso la codificazione dei principi, il nuovo progetto mira a favorire una più ampia libertà di iniziativa e di auto-responsabilità delle Stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità (amministrativa e tecnica) in un settore in cui spesso la presenza di una disciplina rigida e dettagliata ha creato incertezze, ritardi, inefficienze.

L’idea, quindi, è stata quella di fornire una più puntuale base normativa anche a una serie di principi dotati di immediata valenza operativa, mirando a realizzare, fra gli altri, i seguenti obiettivi:

a) ribadire che la concorrenza è uno strumento il cui fine è realizzare al meglio l’obiettivo di un appalto aggiudicato ed eseguito in funzione del preminente interesse della committenza (e della collettività) (cfr. art. 1, comma 2);

b) accentuare e incoraggiare lo spazio valutativo e i poteri di iniziativa delle stazioni appaltanti, per contrastare, in un quadro di rinnovata fiducia verso l’azione

dell’amministrazione, il fenomeno della cd. “burocrazia difensiva”, che può generare ritardi o inefficienze nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti (cfr. art. 2, comma 2)".

La digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti

Coerentemente agli indirizzi dettati dal PNRR la parte II del nuovo Codice dei Contratti pubblici è dedicata alla digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti. “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano la digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti [….]. In attuazione del principio dell’unicità dell’invio, ciascun dato è fornito una sola volta a un solo sistema informativo, non può essere richiesto da altri sistemi o banche dati, ma è reso disponibile dal sistema informativo ricevente. Tale principio si applica ai dati relativi a programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché a tutte le procedure di affidamento e di realizzazione di contratti pubblici soggette al presente codice e a quelle da esso escluse, in tutto o in parte, ogni qualvolta siano imposti obblighi di comunicazione a una banca dati o a un sistema informativo” (Articolo 19, Principi e diritti digitali, co 1 e 2).

L’indirizzo intorno al quale è operativamente costruita la governance degli appalti mira alla strategia EUROPA 2020 per una crescita “intelligente, sostenibile ed inclusiva”, mediante la tutela della concorrenza, la tutela dell’ambiente, la garanzia di misure sociali e del lavoro, la promozione dell’innovazione, il favor partecipationis e la tutela delle piccole e medie imprese. Tutto ciò con l’apertura di tavoli permanenti di discussione con le Parti Sociali e in piena linea con quanto previsto dalla Missione 1 del PNRR - Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA.

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