Le riserve nel Codice Appalti 2023: remake di un film già visto?

Quali sono le differenze tra le regole sulle riserve contenute nel nuovo Codice dei contratti di cui al D.Lgs. n. 36/2023 e la precedente normativa?

di Elena Serra - 29/05/2023

Il Codice Appalti 2023 (D.Lgs. n. 36/23) ha introdotto una nuova disciplina delle riserve che, per i lavori, ricalca in gran parte quella già dettata dal D.P.R. n. 207/2010.

Le nuove disposizioni inoltre recepiscono alcuni orientamenti giurisprudenziali affermatisi sulla pregressa normativa.

Una disciplina compiuta delle riserve

Il d.lgs. 36/2023 ha introdotto una disciplina compiuta delle riserve nei lavori, riproducendo, tra l’altro, alcune disposizioni recate dagli abrogati artt. 190 e 191 del D.P.R. n. 207/2010.

Scelta diversa era stata invece fatta dopo il D.Lgs. n. 50/16, con l’approvazione del D.M. 49/2018, tuttora vigente, che invece, sul punto, richiedeva alla stazione appaltante di inserire una specifica disciplina all’interno del capitolato d’appalto.

La scelta di rimettere la disciplina delle riserve alla discrezionalità della S.A. era stata adottata sulla scorta di quanto sancito dal Consiglio di Stato nel Parere del 12 febbraio 2018 n. 360, nel quale si invitava il Ministero a valutare «l’opportunità di prevedere che siano le stazioni appaltanti ad inserire nei capitolati speciali le norme contenute nel presente schema di regolamento, piuttosto che dettare direttamente la disciplina».

Tale opzione era stata però foriera di problematiche e criticità infatti:

  • i capitolati non introducevano alcuna previsione sulle riserve, determinando un eccessivo allungamento dei termini per le contestazioni;
  • oppure le stazioni appaltanti disciplinavano le riserve con clausole così stringenti da far dubitare della loro legittimità.

Peraltro, non sembrava equo assegnare ad una delle parti del rapporto contrattuale il compito di dettare le regole per le eventuali contestazioni.

Si è quindi tornati alla soluzione previgente, stabilendo, all’art. 7 dell’Allegato II.14, una specifica disciplina delle riserve per i lavori, ancora più dettagliata rispetto a quella stabilita dal D.P.R. 207/2010.

Le novità rispetto al passato

All’art. 7 dell’Allegato II.14 del nuovo Codice, in via innovativa, è stato innanzitutto precisato che l’iscrizione delle riserve è finalizzata ad assicurare alla stazione appaltante, durante l’intera fase di esecuzione del contratto:

  • il continuo ed efficace controllo della spesa pubblica;
  • la tempestiva conoscenza e valutazione, sulla base delle risultanze contenute nel registro di contabilità, delle eventuali pretese economiche avanzate dall’appaltatore;
  • l’adozione di ogni misura e iniziativa volte a evitare che i fondi impegnati si rivelino insufficienti.

E’ chiara qui la codificazione di quanto già affermato dalla giurisprudenza (ex multis Cass. n. 19802/2016), che aveva ampiamente delineato la ratio dell’istituto, sulla cui applicazione non si è mai dubitato, anche in assenza di una specifica disciplina all’interno dei capitolati.

Per quanto riguarda le modalità di iscrizione delle riserve, l’art. 7 del d.lgs. 36/2023 ha confermato, rispetto alla disciplina precedente di cui al D.P.R. 207/2010, che:

  • le riserve devono essere iscritte a pena di decadenza sul primo atto dell’appalto idoneo a riceverle, successivo all’insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio dell’esecutore;
  • sempre a pena di decadenza, le riserve devono essere iscritte anche nel registro di contabilità all’atto della firma immediatamente successiva al verificarsi o al cessare del fatto pregiudizievole (ora però anche all’atto della sottoscrizione del certificato di collaudo);
  • le riserve non espressamente confermate sul conto finale si intendono rinunciate;
  • le riserve devono essere formulate in modo specifico e indicare con precisione le ragioni sulle quali si fondano;
  • le riserve devono contenere, a pena di inammissibilità, la precisa e definitiva quantificazione delle somme che l'esecutore ritiene gli siano dovute.

L’art. 210 del d.lgs. 36/23 ha confermato, inoltre, che “non sono oggetto di riserva gli aspetti progettuali che siano stati oggetto di verifica”, riproducendo quindi un limite qualitativo alle riserve introdotto nell’ordinamento dalla L.106/11.

Non è stata invece riprodotta la previsione che consentiva, nel termine di quindici giorni dalla firma con riserva del registro di contabilità, di esplicitare le riserve, indicando con precisione il “petitum”.

Quindi in futuro, già all’atto dell’iscrizione, le riserve dovranno essere specifiche e dettagliate a pena di inammissibilità. Si auspica, tuttavia, che le stazioni appaltanti vorranno prevedere nel capitolato un termine adeguato per consentire all’appaltatore di esplicitare la riserva in un momento successivo alla prima iscrizione, dopo aver  valutato con attenzione gli elementi di fatto e di diritto che giustificano la riserva e che ne determinano il valore.

Le riserve, peraltro, secondo la nuova disposizione, devono contenere a pena di inammissibilità:

  1. la precisa quantificazione delle somme che l'esecutore ritiene gli siano dovute. La quantificazione della riserva è effettuata in via definitiva, senza possibilità di successive integrazioni o incrementi rispetto all'importo iscritto, salvo che la riserva stessa sia motivata con riferimento a fatti continuativi;
  2. l’indicazione degli ordini di servizi, emanati dal direttore dei lavori o dal direttore dell’esecuzione, che abbiano inciso sulle modalità di esecuzione dell’appalto;
  3. le contestazioni relative all’esattezza tecnica delle modalità costruttive previste dal capitolato speciale d’appalto o dal progetto esecutivo;
  4. le contestazioni relative alla difformità rispetto al contratto delle disposizioni e delle istruzioni relative agli aspetti tecnici ed economici della gestione dell’appalto;
  5. le contestazioni relative alle disposizioni e istruzioni del direttore dei lavori o del direttore dell’esecuzione che potrebbero comportare la responsabilità dell’appaltatore o che potrebbero determinare vizi o difformità esecutive dell’appalto.

Forse la norma sul punto ha peccato per un eccesso di contenuti. Pare infatti difficile che l’esecutore possa conoscere già in sede di riserva la quantificazione delle somme da richiedere per l’inesattezza tecnica delle modalità costruttive, o per fatti che potrebbero determinare vizi o difformità esecutive dell’appalto. 

Si deve però dare atto che la norma ha chiarito espressamente come ci si dovrà comportare per il caso di riserve dovute a fatti continuativi.

I fatti continuativi provocano pregiudizi all’appaltatore che non si esauriscono in un preciso momento, ma si protraggono nel tempo, anche a cavallo di più stati di avanzamento e non sono di immediata rilevanza onerosa.

La giurisprudenza aveva ritenuto che non vi fosse un onere di riserva in caso di fatti c.d. continuativi, quando l'appaltatore non avesse potuto ancora trarre dal ripetersi degli episodi a lui pregiudizievoli la percezione della loro incidenza economica (cfr. Cass., Sez. I, 9/07/1976, n. 2613; 18/07/1975, n. 2841; 12/03/1973, n. 677).

Ora la norma, giustamente, ha chiarito che anche i fatti continuativi devono essere oggetto di iscrizione, ma non è necessaria la quantificazione in via definitiva della riserva “se motivata con riferimento a fatti continuativi”.

Il Codice poi, in via innovativa, ha precisato che non costituiscono riserve:

  1. le contestazioni e le pretese economiche che siano estranee all’oggetto dell’appalto o al contenuto del registro di contabilità;
  2. le richieste di rimborso delle imposte corrisposte in esecuzione del contratto di appalto;
  3. il pagamento degli interessi moratori per ritardo nei pagamenti;
  4. le contestazioni circa la validità del contratto;
  5. le domande di risarcimento motivate da comportamenti della stazione appaltante o da circostanza a quest’ultima riferibili;
  6. il ritardo nell’esecuzione del collaudo motivato da comportamento colposo della stazione appaltante.

Anche qui si sono recepiti gli orientamenti giurisprudenziali affermatisi sulla base delle norme pregresse. Era stato infatti chiaramente evidenziato che la riserva, assolvendo al ruolo di strumento di riequilibrio contrattuale, non è volta ad evidenziare le questioni tese a demolire il contratto o farne valere l’invalidità, nonché ad avanzare pretese ulteriori a quelle contrattuali, quali richieste di risarcimento di danni extracontrattuali per comportamenti illeciti della stazione appaltante.

Tali aspetti sono quindi sempre contestabili alla stazione appaltante senza necessità di iscrivere apposita riserva.

Ad ogni modo, la lettera e) sopracitata sembra fare riferimento non solo a domande di risarcimento danni extracontrattuali, ma anche a casi finora ritenuti necessariamente oggetto della c.d. riserva risarcitoria.

L’art. 121 tuttavia, ha confermato la possibilità di iscrivere riserve per il caso di sospensioni dei lavori, sia legittime che illegittime e quindi dovute esattamente a “comportamenti della stazione appaltante o da circostanza a quest’ultima riferibili”.

Pare infine corretto che sia stata inserita nella normativa primaria la sanzione della decadenza, come conseguenza della mancata iscrizione o esplicitazione delle riserve: la previsione della decadenza in un mero decreto ministeriale avrebbe infatti potuto far dubitare della portata della sanzione stessa.

Le riserve nei contratti di forniture e servizi

L’art. 115 del nuovo Codice Appalti 2023, per quanto riguarda i contratti di servizi e forniture, ha confermato in parte quanto previsto dal citato D.M. 49/2018, lasciando al capitolato speciale d’appalto la disciplina delle contestazioni in corso di esecuzione. 

La norma però ha precisato che è “fatta salva l’iscrizione delle riserve”, chiarendo quindi che i capitolati non potranno vietare l’iscrizione delle riserve.

Altre disposizioni a tale scopo dedicate sono previste nel Capo II dell’Allegato II.14, che sancisce anche per questi settori  l’obbligo per esecutore di iscrivere la riserva nei documenti contabili, a pena di decadenza, “fermo restando quanto previsto nei documenti contrattuali sulle contestazioni in corso di esecuzione”.

Da segnalare, inoltre, l’articolo 39, a chiusura dell’Allegato II.14, secondo il quale all’esecuzione dei contratti di servizi e forniture si applicano le norme dettate per l’esecuzione dei contratti di lavori, in quanto compatibili, compreso quindi anche l’art. 7 sulle riserve.

Sarà quindi compito delle Stazioni Appaltanti dettare dettagliatamente nel capitolato la disciplina delle riserve, dopo aver svolto un attento coordinamento tra le norme del Capo II e del Capo I del citato allegato.

Anche questo compito viene dunque demandato alle stazioni appaltanti, sulle quali non ci resta che riporre fiducia, come prescritto all’art. 2 del nuovo Codice Appalti 2023!

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