Mancato aggiornamento piano anticorruzione: no della Cassazione ad ANAC

La mancata adozione e il mancato aggiornamento dei piani sono condotte diverse, di distinta gravità e non possono essere sanzionate allo stesso modo

di Redazione tecnica - 22/10/2023

Non è possibile sanzionare una Pubblica Amministrazione che non abbia aggiornato il piano triennnale di anticorruzione, applicando la stessa discilplina prevista per la sua mancata adozione.

Piano Anticorruzione: differenze tra adozione e aggiornamento

Sulla base di questi presupposti, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza del 10 ottobre 2023, n. 28344, ha respinto il ricorso proposto da ANAC, confermando l'impossibilità di applicare a un'Amministrazione comunale la sanzione pecuniaria per violazione dell’art. 19, comma 5 lett. b), del D.L. n. 90/2014, convertito con legge n. 114/2014, per avere omesso di provvedere all’aggiornamento del piano triennale di prevenzione della corruzione e del programma triennale di trasparenza e dei codici di comportamento del comune.

Già in primo che in secondo grado, i giudici avevano precisato che il mancato aggiornamento non rientrava nella condotta sanzionata dalla norma di legge, nella quale rientra invece la mancata adozione dei piani triennali di anticorruzione. Di conseguenza, in accordo con il principio di tipicità della fattispecie sanzionatoria, dettato dall’art. 1 della legge n. 689/1981, è impossibile equiparare fattispecie materiali diverse, precludendo qualsiasi lettura integrativa del precetto normativo.

Secondo ANAC invece, dato che il quadro normativo di riferimento prevede espressamente l'aggiornamento annuale (art. 10, d.lgs. n. 33/2013 e art. 1, comma 8, legge n. 190/2012, secondo cui “l’organo di indirizzo politico, su proposta del responsabile del procedimento individuato ai sensi dell’art. 7, entro il 31 dicembre di ogni anno, adotta il piano triennale di prevenzione della corruzione”), anche se la norma sanzionatoria posta dall’art. 19 citato non punisce espressamente l’inadempimento di tale obbligo, non significa che questa condotta non sia sanzionabile, dovendo le norme di legge, anche se di natura punitiva, essere interpretate in modo evolutivo ed estensivo in conformità alla loro ratio ed agli interessi che intendono salvaguardare.

Illeciti amministrativi: il principio di tipicità e tassatività

La Cassazione ha invece confermato le sentenze precedenti: l’art. 19, comma 5 lett. b), d.l. n. 90 del 2014, prevede una specifica sanzione amministrativa “nel caso in cui il soggetto obbligato ometta l’adozione dei piani triennali di prevenzione della corruzione, dei programmi triennali di trasparenza o dei codici di comportamento “. In questo caso invece la sanzione è stata irrogata per il mancato aggiornamento annuale dei predetti piani. 

Ciò significa che la mancata adozione e il mancato aggiornamento dei piani sono condotte diverse, di distinta gravità, e che la norma sanzionatoria colpisce la prima ma non anche la seconda, richiamando a sostegno della propria conclusione il principio di tipicità e tassatività degli illeciti amministrativi dettato dall’art. 1, comma 2, l. n. 689 del 1981, il quale stabilisce che “ Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati “. 

L’interpretazione letterale della norma è univoca e porta a ritenere che essa sanzioni la condotta omissiva, ossia la mancata adozione dei piani e che non contenga alcun riferimento ad altre condotte ipotizzabili in relazione all’inadempimento di altri obblighi che la legge in materia di anticorruzione pone a carico degli enti pubblici. Questo perché essa implica che l’ente non abbia adottato alcuna misura per fronteggiare le possibili criticità della propria organizzazione ed attività, la seconda nel mancato adeguamento, rispetto alla realtà esistente, delle misure già a tal fine predisposte.

Di conseguenza, conclude la Cassazione nel respingere il ricorso, è irrilevante che l’art. 10 d.lgs. n. 33 del 2013 preveda l’obbligo a carico dei soggetti tenuti all’adozione dei piani in questione, che hanno durata di tre anni, del loro aggiornamento annuale, atteso che trattasi di un obbligo chiaramente distinto dalla loro adozione e la cui sussistenza non comporta di per sé che la sua inosservanza ricada nella previsione sanzionatoria prevista dall’art. 19 citato.

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